Enea, un non laureato comanda una schiera di laureati. Grazie al ministro Galletti
10/07/2017 di Antonio Amorosi
Si sa, non serve una laurea per trovare una bella e granosa occupazione, ma buoni «amici». Come ha fatto Mauro Libé, classe 1961, diploma di scuola media superiore, finito nel consiglio di amministrazione dell’Enea, uno dei più importanti enti tecnologici italiani che indirizzano le scelte di energia e ambiente. Settori nevralgici nel decidere le sorti del Belpaese. È a gente come Libé che affidiamo il nostro futuro.
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LA VICENDA DI MAURO LIBÉ
Sono solo tre i componenti del cda, recita lo statuto, e «scelti tra persone con elevata e documentata qualificazione tecnica, scientifica o gestionale nei settori di competenza dell’Enea». Non un incarico prettamente politico, quindi. Ma quale «elevata e documentata qualificazione» ha Libé? Nessuna. Ha solo un diploma di scuola media superiore. E come è finito in un ente che, qualche anno fa, aveva nel cda il premio Nobel Carlo Rubbia e in cui i suoi diretti subalterni devono per forza avere la laurea? Grazie al ministro all’Ambiente Gianluca Galletti, che lo ha indicato personalmente all’Enea nel marzo del 2016, anche perché Libè è sempre stato un fedele scudiero di Pierferdinando Casini.
Libé, in queste ore, è al centro dell’attenzione per via del suo stipendio. Ma il fatto è rimasto riservato, nelle segrete stanze dei ministeri. L’Enea è stato toccato dalle riforme del rottamatore Matteo Renzi. L’Ente decide a quanto ammontano gli stipendi del cda, propone le somme ai ministeri competenti, quello dell’Economia e quello delle Finanze, che confermano o modificano la cifra. «Meno di 240.000 euro annui», ci assicurano dall’ufficio legale dell’Enea. Così poco? La somma, ad oggi, non è stata ancora stabilita né, quindi, erogata. Ma chiamando i ministeri, un certo imbarazzo coglie al telefono i responsabili e quando faccio il nome di Libé attaccano infastiditi. Non è chiaro se e come il suo stipendio potrà essere equiparato a quello dei professoroni dell’Enea. Così, intanto, prendono tempo in attesa di una decisione dall’alto.
MAURO LIBÉ E IL SUO INCARICO NELL’ISPRA
In attesa dello stipendio, che ovviamente dovrà coprire anche tutti i mesi arretrati, Libé di che campa? Di un’altra nomina, nel cda di Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, da cui percepisce 98.110 euro annui lordi. Nomina sempre voluta dal ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti. E prima cosa faceva Mauro Libé? Collaborava presso l’ufficio di gabinetto del Ministro Galletti a 100mila euro di stipendio e prima ancora era consigliere politico di Casini.
Ma la sua mancanza della laurea all’Enea non è uno scandalo. Perché, grazie alla grande riforma del rottamatore Renzi, anche i non laureati possono entrare nel cda. Prima della riforma era vietato. Così, oggi, i non laureati come Mauro Libé potranno comandare all’Enea un esercito di laureati.
I maligni dicono che chi senza titolo accademico finisce in questi cda, oltre a nominare qualche amico, non fa un bel niente tutto il tempo. Va ai convegni o alle riunione di cda per passare a fine mese all’incasso dello stipendio. Ma noi non siamo tra questi maligni. La posizione nell’Enea, però, consente un potere enorme, visto che l’ente partecipa ad altri 23 istituti pubblici e privati (in cui ha potere di dare incarichi), ha 2550 dipendenti interni più altri 300 da assumere e spese annue per 323 milioni di euro. All’Enea Libé resterà per 4 anni, con mandato rinnovabile per altri 4. L’uomo ha una passione per la comunicazione e le public relations, scrive nel curriculum, ma senza specifici titoli, e vanta una fulgida carriera nelle file della DC e poi dell’UDC, di cui è stato deputato e senatore.
In Italia, tra disoccupati, inattivi perché scoraggiati e sottoccupati part–time, si arriva circa al 23,8% della popolazione. Solo il 53% di chi ha ottenuto la laurea (dati Eurostat) riesce a trovare un’occupazione dopo tre anni dal conseguimento del titolo. E che occupazione, anche a 2 euro l’ora! Ma l’incubo non riguarda tutti.
«Tu studi vero? Qua (in Italia, ndr) non serve a un cazzo», come dice in un film Checco Zalone.