Chi è il responsabile dell’abbattimento dell’MH17?
31/07/2014 di John B
Il numero 17 è tradizionalmente legato alla sventura e di certo non ha portato bene ai passeggeri del volo MH17 della Malaysia Airlines che il 17 luglio 2014 è stato abbattuto mentre, decollato da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur, stava sorvolando lo spazio aereo ucraino a poche decine di chilometri dal confine russo. Da subito si è aperto il rimpallo delle responsabilità dell’abbattimento, che ha provocato la morte di 298 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio: i russi e i separatisti filo-russi, secondo le autorità ucraine, gli ucraini secondo le autorità russe.
Premesso che quando questo articolo sarà pubblicato, l’identità del colpevole potrebbe essere già stata accertata, proviamo ad esaminare alcuni degli aspetti principali della questione. Innanzitutto due responsabilità ci sono e sono indiscutibili. Una è quella russa, per aver gettato benzina sul fuoco dei movimenti separatisti, supportando l’escalation bellica del confronto, anziché percorrere la strada della soluzione pacifica e politica della questione. L’altra è quella ucraina, per non aver chiuso i propri spazi aerei al traffico civile e in particolare quelli in prossimità delle aree interessate dal conflitto. Il motivo della mancata chiusura dello spazio aereo risiede probabilmente in meri interessi economici: l’Ucraina percepisce introiti nella forma di diritti di sorvolo del proprio territorio.
Non solo la Malaysia Airlines ma anche altre compagnie aeree, come la British Airways, l’Air France, la KLM e la Lufthansa, giusto per citare qualche “marchio” prestigioso, hanno continuato tranquillamente a sorvolare le zone in conflitto con l’unico accorgimento di mantenere una quota minima di sorvolo di 32000 piedi (poco meno di 10.000 metri), imposta dalle autorità ucraine. Questa quota dovrebbe garantire una sufficiente sicurezza nei confronti delle armi antiaerei tipicamente utilizzate da ribelli e guerriglieri: artiglierie di piccolo calibro, missili a corto raggio. Uno dei sistemi più diffusi in questi contesti è lo ZSU-57 che è anche quello che probabilmente vanta la gittata verticale più elevata. I suoi proiettili, infatti, possono raggiungere teoricamente quasi 9000 metri di altezza (anche se la portata pratica è di gran lunga inferiore e non supera i 4000-5000 metri).
I migliori missili terra aria portatili si mantengono ben al di sotto di quella quota. Tuttavia la decisione di consentire il sorvolo delle zone di guerra a quote superiori rispetto a quelle raggiunte dai sistemi antiaerei più “leggeri” appare comunque molto azzardata perchè non tiene conto del rischio che un aereo di linea, per una qualsiasi ragione (ad esempio un inconveniente tecnico) si trovi nella necessità di dover scendere a quote più basse o di dover effettuare un atterraggio di emergenza sulla più vicina pista aeroportuale disponibile. Da questo punto di vista, anche le autorità internazionali avrebbero dovuto proibire da tempo e senza mezzi termini il sorvolo dell’Ucraina orientale e della Crimea e in ogni caso le compagnie aeree avrebbero dovuto utilizzare altre rotte senza aspettare tali direttive, come poi hanno fatto dopo la tragedia.
Ma c’è di più. Nelle ultime settimane i segnali premonitori si erano moltiplicati ed era già molto evidente che la minaccia antiaerea era diventata molto più insidiosa, al punto che nessuna quota di volo poteva più essere considerata sicura. Il 14 luglio un aereo da trasporto ucraino era stato abbattuto mentre volava a 6400 metri di quota (ben al di sopra delle portate pratiche effettive delle artiglierie contraeree e dei missili antiaerei portatili) e i siti in lingua russa avevano indicato che il velivolo era stato colpito da missili lanciati da un sistema “Buk”, conosciuto anche come SA-11 Gadfly o 9K37M. Numerosi altri aerei ed elicotteri sono stati abbattuti prima e dopo quella data e in almeno un caso era stato indicato che l’abbattimento era stato effettuato da un caccia MIG-29 russo. Era quindi ben chiaro che ormai il conflitto aveva una sua dimensione aerea e nessuno poteva considerarsi al sicuro volando su quelle zone.
Il 29 giugno i russi avevano diffuso la notizia che i ribelli separatisti avevano preso il controllo di una base militare ucraina equipaggiata con sistemi antiaerei Buk e l’agenzia di stampa Novosti aveva detto chiaro e tondo che i Buk erano entrati a far parte del loro armamentario. I Buk (SA-11 Gadfly in codice NATO) sono una gran brutta bestia temuti da tutti i piloti militari. Guidati da un sistema radar molto sofisticato, i suoi missili possono colpire un bersaglio fino a oltre 20.000 metri di quota a decine di chilometri di distanza con una probabilità di fare centro del 90% con un singolo ordigno. Il sistema è montato su veicoli cingolati e pertanto può essere agevolmente spostato e nascosto.
E’ stato un Buk in mano ai ribelli ad abbattere il volo MH17? E’ verosimile. Il velivolo della Malaysia Airlines era un modernissimo Boeing 777 e come tutti i velivoli civili di quel tipo, era equipaggiato con un “transponder”, ossia un risponditore automatico che comunica l’identità del velivolo e la sua posizione. I caccia e i sistemi antiaerei sono dotati di un interrogatore, in gergo IFF, che serve proprio a riconoscere (grazie al transponder) se il bersaglio è un aereo amico, nemico o neutrale. Ipotizzare che un velivolo da caccia o un sistema antiaereo operati dalle forze armate russe o ucraine abbiano abbattuto l’aereo di linea, significherebbe presupporre che l’abbattimento sia stato intenzionale e non si vede (al di là delle ipotesi complottiste) per quale ragione avrebbero dovuto o voluto farlo.
Abbattere un aereo civile neutrale e pieno di passeggeri non è un buon sistema per attirare le simpatie della comunità internazionale e questo vale anche per i separatisti tant’è che non c’è stata alcuna rivendicazione dell’abbattimento, segno che l’azione va imputata a un errore. Del resto, le foto dei rottami non lasciano dubbi sulla causa della tragedia. La presenza di numerosi di fori angolati verso la stessa direzione è una caratteristica tipica dell’esplosione della testata di un missile antiaereo, che investe il bersaglio con centinaia di schegge generate da un involucro di metallo appositamente progettato. Una volta che le evidenze dicono che si è trattato di un missile e che la logica porta a escludere l’abbattimento volontario, resta l’errore. Chi può aver sparato contro il volo MH17 per errore?
Dato che non risultano malfunzionamenti del transponder dell’aereo che per di più percorreva un corridoio aereo civile ben noto e trafficato, è molto difficile che a sbagliare siano stati i militari russi o ucraini. Le probabilità si concentrano sui separatisti ed è possibile avanzare un’ipotesi verosimile (ma che per il momento resta puramente speculativa). Il Buk è un sistema molto sofisticato e complesso. I suoi elementi principali sono costituiti da un semovente che ospita il radar per la scoperta e l’identificazione dei bersagli, un semovente posto comando e un certo numero di semoventi lanciatori che trasportano i missili e il radar di guida. E’ difficile che i separatisti siano riusciti a mettere in funzione una batteria completa con tanti veicoli, che sarebbe stata facilmente individuata e distrutta dalle forze ucraine.
E’ anche difficile che la batteria fosse dislocata in territorio russo, perché la distanza del punto di abbattimento dal confine è di circa 50 km, un po’ troppo anche per il BUK. Si può ipotizzare, quindi, che i separatisti siano riusciti a mettere in funzione solo il semovente lanciatore e abbiano inquadrato il bersaglio attraverso il radar di guida del veicolo. Ciò significa che il bersaglio non è stato identificato (funzione svolta dal semovente con il radar di scoperta) ma è stato semplicemente “visto” sullo schermo senza dati precisi in relazione alla distanza e alla quota. Dato che il Boeing è un bersaglio molto grosso la sua eco radar doveva essere abbastanza marcata. In assenza di altri dati, l’operatore allo schermo può ritenere che si tratti di un bersaglio grosso e lontano o di un bersaglio piccolo (come un caccia) ma vicino. Probabimente ha deciso per questa seconda possibilità e ha fatto fuoco.
A quel punto il radar di guida ha continuato a “illuminare” il bersaglio con il proprio fascio radar a beneficio del missile che ha “cavalcato” i riflessi radar del bersaglio fino a colpirlo. Dopo di che, il veicolo lanciatore è tornato nel suo nascondiglio. Una sequenza di pochi secondi (il BUK ha un tempo di reazione di soli 10 secondi dalla scoperta del bersaglio e il tempo di volo del missile è nell’ordine dei 20-30 secondi). Ciò spiegherebbe anche l’assenza di comunicazioni radio che sarebbero state inevitabili nel caso in cui ci fosse stata un’intercettazione normale e che sarebbero state probabilmente intercettate dai centri di ascolto russi, ucraini e della NATO.
Sia come sia, il problema di capire chi abbia lanciato il missile ha un’importanza relativa che non deve far passare in secondo piano la responsabilità (già evidente) della compagnia aerea e delle autorità (ucraine e internazionali) che avevano il compito di garantire la sicurezza dei passeggeri. Questo è l’aspetto più importante della vicenda, sul quale i media non sembrano essersi soffermati adeguatamente, preferendo inseguire il rimpallo di responsabilità tra militari ucraini, militari russi e separatisti. (Photocredit copertina BULENT KILIC/AFP/Getty Images)