Niente risarcimento alla bimba down: «Non esiste il diritto a nascere sani»

La Cassazione, a sezioni unite, ha deciso sul caso di una coppia di genitori di Lucca che avevano chiesto un risarcimento per la loro figlia, nata con la sindrome di Down. La coppia aveva citato in giudizio l’Asl di Lucca e i primari dei reparti di ginecologia e del laboratorio di analisi perché, nonostante gli esami diagnostici svolti durante la gravidanza, la sindrome non era stata scoperta. La donna infatti aveva dichiarato che se fosse stata consapevole che la bimba che portava in grembo era affetta da trisomia 21 avrebbe deciso di abortire. 

NIENTE RISARCIMENTO PER LA NASCITA DELLA BAMBINA DOWN

Del caso ne parla Repubblica, in un articolo a firma Caterina Pasolini:

La Corte di Cassazione a sezioni unite ha infatti stabilito che «non esiste un diritto a non nascere se non sani » e questo «mette in scacco il concetto stesso di danno» per chi viene al mondo malato. Ma allo stesso tempo i giudici, invitando a non considerare le persone come semplici oggetti e quindi di minor valore se danneggiati, chiamano indirettamente o in causa lo Stato per invitarlo a garantire assistenza e appoggio alle famiglie che hanno figli disabili.

Per la donna è stato disposto un approfondimento, per chiarire un eventuale danno psicologico. Ma i giudici hanno deciso: non ci sarà nessun risarcimento. Spiega ancora Repubblica:

Un diniego che arriva dopo lunghe discussioni, che chiamano in causa la legge ma anche l’etica intervenendo su problemi che vedono opinioni opposte e una giurisprudenza divisa, come sottolineato dagli stessi magistrati.
Secondo questa sentenza della Cassazione in primo luogo non esiste il diritto al risarcimento del danno per il bambino nato malato. Anche perché, sottolinea, «di esso si farebbero interpreti unilaterali i genitori nell’attribuire alla volontà del nascituro il rifiuto di una vita segnata dalla malattia; come tale, indegna di essere vissuta».

SENTENZA DELICATA

Una sentenza delicata, che arriva a pochi giorni da un’altra sentenza che aveva visto la condanna di un ginecologo di Mantova proprio per la nascita di una bambina Down: in quel caso erano stati gli esami diagnostici insufficienti che non avrebbero permesso ai genitori di decidere se portare avanti la gravidanza o meno. In questa sentenza però

la Corte, che cita altri casi simili avvenuti all’estero e mette in guardia contro il «rischio di una reificazione dell’uomo, la cui vita verrebbe ad essere apprezzabile in ragione dell’integrità psico-fisica». In altre parole si tratta di un invito a non giudicare l’uomo come un oggetto che vale meno se danneggiato, che viene considerato solo se perfetto. […] Tra i vari motivi secondari per i quali la Corte rifiuta l’idea del risarcimento, si cita la «patrimonializzazione dei sentimenti, in una visione panrisarcitoria dalle prospettive inquietanti». Le Sezioni unite hanno comunque annullato la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che negava il risarcimento ai genitori. La legge 194 sull’aborto riconosce infatti il diritto di interrompere la gravidanza laddove la nascita determini «un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna» ma per attribuire l’eventuale risarcimento del danno occorre provare che la donna avrebbe effettivamente «esercitato la scelta abortiva ». Anche, spiegano gli ermellini, approfondendo «lo stato psicologico ». Accertamento che i giudici di merito hanno sottovalutato secondo la Cassazione.

(Photocredit copertina: ANSA / DAVIDE BOLZONI)

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