La “non” classifica dei migliori album dal 1960 al 1970
17/11/2014 di Alessio Barbati
«Ti va di scrivere un pezzo sui migliori dieci album degli anni ’60?» Sono state le parole più belle che qualcuno mi abbia mai detto. «Certo che mi va», rispondo commosso, vedendo la luce in fondo al tunnel di questo uggioso lunedì mattina. Così, dopo una prima scrematura, inizio a stilare una lista degli album imprescindibili dal 1960 al 1969. Sono quasi cinquanta. Ed è subito panico.
Stiamo parlando del decennio più prolifico della storia della musica, gli anni della cosiddetta “Brit Invasion” e dei festival più significativi di sempre, per citarne tre a caso: il Monterey Pop festival, la Summer of Love a San Francisco e poi… Woodstock.
Continuo a guardare il foglio con i nomi degli album, ne cancello qualcuno per ridurre la lista, ma poi mi pento, mi vergogno, e lo riaggiungo. Ricomincio ordinando i dischi per etichette discografiche, ma solo quelli di Motown e Stax riempiono mezza pagina, scrivendo piccolo. Chiedo un consulto, ma la lista, invece di diminuire aumenta.
Partiamo dalle certezze, che al momento sono due. La prima è che è impossibile dire quale sia il più importante e che quindi non li metterò in ordine di rilevanza. La seconda è che al primo posto della “non” classifica c’è Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, l’ottavo album della discografia ufficiale dei Beatles.
Potrei scrivere milioni di pagine sull’importanza di questo album, a livello storico, discografico, innovativo e chi più ne ha più ne metta, ma per capirne la meraviglia basta ascoltare le tracce contenute al suo interno. Da “Sgt Pepper’s” ad “A Day in the Life”, passando per “With a little help from my friend” e “Lucy in the sky with diamonds”. Dato che siamo in tema Beatles, approfitto per aggiungere alla lista la discografia completa, che si sviluppa tra il 1963 con “Please Please Me” al 1970 con “Let it Be“. Discorso a parte merita “Revolver“, album in cui iniziano a germogliare i semi della psichedelia, che i Beatles affronteranno, in parte, negli album successivi.
A seguire, “Pet Sounds” dei Beach Boys, una pietra miliare della musica a cui gli stessi Beatles non hanno mai negato di essersi ispirati. Impossibile non citare “Smile“, un album sempre snobbato dalle classifiche ufficiali, ma che merita un pensiero particolare.
A questo punto Bob Dylan entra prepotentemente nella lista con Highway 61 Revisited, cuore pulsante della cosiddetta “trilogia elettrica” iniziata con “Bringing It All Back Home” e conclusa con “Blonde On Blonde”. Dovrei sceglierne uno solo, ma non me la sento, rischierei di dimenticare “Like a Rolling Stone” o “Blowin’ in the Wind“.
The Velvet Underground & Nico, l’album d’esordio dei Velvet Underground è un disco che non venne capito subito, furono in pochi infatti quelli che lo acquistarono al momento del lancio. Il mondo non era ancora pronto per quelle undici tracce che avevano gettato le basi del punk, dell’alt rock, della new wave e più in generale del post- rock. Dal 1964 al 1969 i Rolling Stones incidono 13 album, dovendone scegliere uno solo, dopo qualche lacrima, la scelta è caduta su Let it Bleed del 1969. Nello stesso anno uscivano “Space Oddity” di David Bowie e “Led Zeppelin“, album di debutto della band britannica.
Jimi Hendrix muore nel 1970.
Non è un buon modo per presentarlo, ma significa che tutto quello che abbia mai inciso, rientra nel decennio di competenza. Una stretta allo stomaco. In lista vannno “Are You Experienced” e “Axis: Bold as Love”, entrambi del ’67. Nello stesso anno Aretha Franklin cantava “Respect” e i Doors registravano il loro primo album. A concludere la lista, in ordine cronologico:
– Live at the Apollo (James Brown)
– My Generation (The Who)
– A Love Supreme (John Coltrane)
– Sounds of Silence (Simon & Garfunkel)
– Chelsea Girl (Nico)
– The Piper at The Gates of Dawn (Pink Floyd)
– Astral Weeks (Van Morrison)
– I Heard it Through The Grapevine (Marvin Gaye)
La morale, è che potendo tornare indietro alla domanda iniziale «Ti va di scrivere un pezzo sui migliori dieci album degli anni ’60?» avrei dovuto rispondere: «assolutamente no».