Omicidio Yara Gambirasio: i dubbi sulla prova del Dna
20/06/2014 di Redazione
Il Dna? «Non dà certezze». Questa la linea difensiva di Silvia Gazzetti, la legale di Massimo Bossetti, l’uomo accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, ancora in carcere.
LEGALE BOZZETTI, «DNA NON OFFRE CERTEZZE» – Intervistata dalla Stampa, l’avvocato ha spiegato come, a suo dire, la prova non sia sempre affidabile: «Nel caso di via Poma non è stato cosi», ha aggiunto. Non è stata l’unica a esprimere perplessità sul test: al Secolo XIX anche il medico legale Giovanni Arcudi (che si occupo proprio dell’omicidio di Simonetta Cesaroni) ha ricordato come il Dna non sia sufficiente: «Quello sugli indumenti di Yara è del figlio di Guerinoni e di Ester Arzuffi» , ha precisato. «Sappiamo solo che c’è una piccola traccia organica di quell’uomo sulla scena del delitto. Questo non ci dice nulla di più. Lui nega tutto e ora toccherà agli investigatori ricostruire tutto un contesto».
CHI NON SI FIDA DEL DNA – Anche altri avvocati hanno mostrato posizioni simili. Tra questi, Giulia Bongiorno: «Un indizio, non una prova schiacciante», ha spiegato al Giornale la legale, già difensore di Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher. Per poi precisare come il Dna, «estratto dagli indumenti», porti a creare un elettroferogramma. «Una traccia che presenta dei picchi, come un elettrocardiogramma. E come tale dev’essere interpretato, in un modo o nell’altro». Per la serie, secondo Bongiorno «non è una fotografia della situazione». Anche Carlo Taormina sul Tempo si è mostrato più che diffidente: «Si continua a sbattere in galera la gente, ieri Fikri e oggi Bossetti, senza far caso ad altro che non sia la prova scientifica che tale non potrà mai essere perché in tutti i processi penali la prova è probabilità di comportamenti e non soltanto dei dati tecnici», ha precisato.
LA DIFESA – Il presunto killer resta in carcere: secondo il gip Ezia Marcora, il muratore di Mapello potrebbe essere in grado di uccidere ancora. La difesa, oltre alla prova del Dna (con le tracce piccole presenti nei vestiti della giovane), si aggrappa ad altri due elementi. Come ha ricordato la Stampa, sembra complicato stabilire se le tracce trovate su Yara siano sangue. C’è poi il nodo della cella telefonica: quella di Bossetti copre il luogo del delitto e il comune dove vive, quindi poteva trovarsi ancora a casa sua la sera del delitto. Così come lo stesso Bossetti si è difeso.