Ostia: dove alla fine del mondo il giornalista non è gradito | VIDEO

«Ci manca solo che chiudano la palestra, così i ragazzetti stanno di nuovo per strada». La palestra è la Femus, a Nuova Ostia, gestita da Roberto Spada. Chi teme la chiusura della palestra, definita ieri da Di Stefano (leader di CasaPound) presidio sul territorio, sono alcune signore della zona, scese in strada dopo il sit in dei cronisti in difesa dei due colleghi di Nemo. Martedì Roberto, fratello di Romoletto, ras del clan locale, ha ben pensato di aggredire i due inviati Rai. Spaccando il naso a uno e procurando un trauma cranico all’altro. Oggi inviati di Piazzapulita, Le Iene, tg nazionali e testate varie si sono dati appuntamento sul luogo dell’aggressione per dire basta alla violenza. Basta con le aggressioni contro chi fa semplicemente il proprio lavoro: fare domande.

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Oggi le serrande della Femus sono rimaste chiuse come le finestre dei palazzi delle case popolari che svettano davanti. Qualcuno sbircia dalle tendine, qualcun altro scatta una foto ai giornalisti assiepati lì sotto. Nessuno ci parla. I microfoni ci sono, le telecamere pure ma nessun abitante scende a parlare con noi. Questa è Nuova Ostia. Dove il giornalista non è gradito. Qualche coraggioso si ferma solo per dire che Roberto Spada ha fatto bene. Niente di più. Nessuno chiede un aiuto alla stampa. Nessuno denuncia un problema, una situazione di degrado. Perché siamo odiati? Basta capirlo in pochi secondi. Perché a Nuova Ostia ci finiamo solo per le elezioni. O quando diventano un caso nazionale. E quando ci finisci per raccontare davvero che succede ecco che la parte scorretta di quei volti alle finestre prende il sopravvento. «Il rischio è che si faccia la cosiddetta morale della pancia piena – spiega Marco Lillo de Il Fatto Quotidiano – è chiaro che quando ci sono bisogni essenziali come la casa, il pranzo o la cena si dà più ascolto a chi ti dà un pacco di pasta e ti chiede un voto, chi ti procura un alloggio e in cambio ti chiede un favore per i suoi traffici. Io penso che sia giusto raccontare le intimidazioni che vive ogni giorno la parte buona di Ostia. Questa parte non bisogna farla sentire sola. E penso che parte della colpa ce l’abbiamo anche noi della stampa».

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OSTIA GIORNALISTA TERRORISTA? NON SI TRATTA SOLO DI DEGRADO

Succede in tutte le periferie d’Italia. I riflettori  si accendono se quel quartiere diventa un problema. Un solito problema. Si fa qualche diretta tv dal posto. Si filmano gli spacciatori che agiscono indisturbati, i vecchietti onesti che si barricano in casa. Parte la diatriba da salotto televisivo. Qualche volta si racconta il lavoro di chi, coraggiosamente, presidia con qualche associazione di volontariato. On air, off air. Finito l’interesse non c’è più emergenza Ostia, emergenza Tor Sapienza, emergenza Tor Bella Monaca. Spada ha agito, secondo la procura, per dimostrare il suo potere ancora vigile su quel territorio. Ma c’è anche chi odia la stampa non perché ha un clan alle spalle ma perché sta nel caldo del suo salotto. Con la tv accesa magari. E guarda comizi politici o il leader di turno denigrare una intera categoria.

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OSTIA E LA POLITICA CHE NON C’È (NEANCHE PER NOI)

Così quando c’è un setto nasale rotto si esalta il mestiere ma quando c’è da raccogliere consensi si sbandierano false banconote da dare ai cronisti alla festa del proprio partito o movimento. «Le forme di intimidazione non sono solo le aggressioni. Esistono le querele temerarie da parte di poteri imprenditoriali e politici, le richieste di risarcimento danni in sede civile» spiega Nello Trocchia di Nemo. Racconti qualcosa che dà fastidio? C’è la letterina del legale di turno nella tua pec. E se sei un precario, sottopagato, ti passa la voglia di farlo quel lavoro. Pur di salvarti la macchina o la casa rinunci alla professione. E così quei quartieri e quelle periferie smettono di esser raccontati da chi, spesso, fa la parte nobile di quel mestiere in condizioni non proprio edificanti. È un cane che si morde la coda. Racconti il degrado? Vieni qui solo per quello! Fai la domanda scomoda al politico di turno? Sei un colluso, venduto! Ovunque andiamo prendiamo schiaffi. Ma questo non ci spaventa. Il problema è l’assenza di Stato, laddove è compito dello Stato intervenire. E l’assenza di cultura. Già la cultura. «Il rapporto tra l’opinione pubblica e il giornalismo va un attimo chiarito -spiega Giuseppe Ferrante di La7 – può darsi che non possano piacere alcuni tipi di giornalismo ma il cittadino è capace di poter scegliere, di cambiare canale. Quello di cui non può esser capace è la violenza». «Non è possibile per nessun cittadino – conclude l’inviato – subire aggressioni di questo tipo. Nemmeno per chi fa parte di questa professione. L’informazione fa parte della democrazia».

E se non capiamo tutti nemmeno questo, giornalisti e non, siamo già nel mezzo di una grande e brutta periferia.

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