Parentopoli all’Ama, chiesta condanna per l’uomo di Mafia Capitale
26/02/2015 di Tommaso Caldarelli
Franco Panzironi è in carcere dallo scorso dicembre per i fatti di Mafia Capitale, accusato di essere parte integrante del sistema del Mondo di Mezzo che faceva capo a Massimo Carminati; già amministratore delegato di Ama, per l’uomo vicinissimo a Gianni Alemanno è arrivata un’altra tegola: la procura di Roma ha chiesto la condanna a cinque anni per la vicenda di Parentopoli.
PARENTOPOLI, CONDANNA PER PANZIRONI?
Lo riporta Maria Elena Vincenzi sulla Cronaca di Roma della Repubblica: “Tutti gli imputati hanno detto che i suoi ordini in Ama non si potevano discutere”, si legge nella richiesta di condanna. “Era il padre padrone della municipalizzata dei rifiuti”, continua la Procura.
La storia è quella delle 841 assunzioni sospette in azienda, avvenute tra il 2008 e il 2009: contratti a chiamata diretta, selezioni svolte in modo non coretto per posti di autisti, operatori ecologici, interratori e seppellitori. L’accusa, per tutti gli imputati, è di abuso d’ufficio e falso
Sono sei in tutto le condanne chieste dalla procura, e oltre all’uomo scelto personalmente da Gianni Alemanno per gestire la raccolta dei rifiuti della Capitale i pubblici ministeri depositano richiesta di pena nei riguardi del direttore dell’ufficio legale dell’Ama, l’ex responsabile dell’ufficio del Personale, l’ex direttore dell’ufficio acquisti e un altro dirigente.
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PARENTOPOLI, LE 800 ASSUNZIONI
I pubblici ministeri romani, scrive ancora Repubblica, chiedono condanna riguardo la questione delle assunzioni a pioggia nella municipalizzata dell’ambiente.
Circa 800 assunzioni furono fatte senza gara dal consorzio Elis, società che, secondo gli inquirenti, oltre a non avere la struttura né la preparazione per il compito affidato, era anche priva di autorizzazione prevista dalla legge Biagi. Le restanti 41 avvennero per chiamata diretta il 20 ottobre 2008 con una serie di “delibere predatate”allo scopo preciso di evitare i vincoli imposti dalla legge Brunetta che sarebbe entrata in vigore il giorno dopo.
Ma fra i magistrati c’è anche preoccupazione. Perché al di là delle evidenze penali, c’è il rischio che nessuno paghi – dal punto di vista pecuniario questa volta – per la Parentopoli all’Ama. La Corte dei Conti continua ad indagare per danno erariale riguardo le 41 assunzioni a chiamata diretta, ma sul loro sentiero c’è la Corte di Cassazione, adita dagli imputati: la speranza è quella di far dire al Palazzaccio che l’Ama non potrebbe essere considerata una società pubblica.
Lo scorso anno è stato sottratto alla competenza della Corte dei Conti il caso della catastrofica avventura di Ama Senegal, uno scandalo da quasi 16 milioni di euro. In quel caso la municipalizzata, avendo natura privata, non venne considerata un’azienda pubblica e le somme recuperate sparirono nel nulla.
La procura spera in una pronuncia di segno opposto: essendo Ama oggi sottoposta al controllo analogo del bilancio andrebbe considerata a tutti gli effetti una società “in house”.