Ma è utile una legge sulle fake news?

La palla l’ha lanciata Matteo Renzi, segretario del Partito democratico, in queste ore. Se ne è parlato molto alla Leopolda 8 e Maria Elena Boschi ne sta facendo una questione prioritaria sui social. Serve una legge contro le fake news. O almeno serve secondo i democratici che hanno già un colpo in canna, un ddl che sarà presentato in Senato nei prossimi giorni, ispirato alla legge contro le bufale on line promosso in Germania, sotto Angela Merkel. Cosa prevede?

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Come ha annunciato durante i tavoli leopoldini la senatrice Rosanna Filippin la proposta democratica si ispira al modello tedesco. «Sia nella nostra legge che in quella tedesca – spiega – il contenuto illecito è reato: diffamazione, istigazione all’odio, pedopornografia. Il gestore (Facebook, Google ndr) deve dotarsi di un sistema di accoglimento del reclamo. Il gestore deve rispondere, se non lo fa la competenza passa al Garante. Le sanzioni, come in Germania, vanno da 500 mila a un milione di euro». Quindi di fatto si sanziona il fornitore o la piattaforma che ospita la cosiddetta bufala. Nel tavolo si è scatenato un certo dibattito. C’era chi chiedeva delucidazioni se il sito è caricato su piattaforma estera, chi invece, come un lavoratore AgCom, sottolineava come sia più importante educare la società contro le fake news.

FACEBOOK BOCCIA LA LEGGE: “RIMOZIONE SPETTA ALLO STATO NON A SOCIETA’ PRIVATE”

In Germania, è bene sottolinearlo, l’approvazione di questa legge non è stata rosa e fiori. Facebook era e rimane estremamente critica contro il ddl. Ritiene che il perseguimento dell’incitazione e istigazione all’odio razziale debbano essere compiti dello Stato e non di una società privata.  In Germania social come Twitter o i siti come YouTube che non rimuovono velocemente link e pagine con contenuti penalmente rilevanti o notizie palesemente false, rischiano fino a 50 milioni di euro di multa; i responsabili dei siti fino a 5 milioni. La rimozione deve scattare entro 24 ore dalla segnalazione nei casi più eclatanti, nella prassi entro una settimana. Il gestore deve comunque rispondere al reclamo, verificarlo e decidere se rimuoverlo o meno.

La legge è stata molto criticata dai liberali. Il leader Lindner aveva promesso prima di contrastarla con mezzi anche legali e poi di modificarla in larghe parti nel caso in cui fosse arrivata al governo. L’iniziativa è stata oggetto di lunghe discussioni durante le trattative fallite per il governo con Cdu e Verdi. Anche per i Verdi infatti la legge non andava bene e si sono astenuti al Bundestag. Non solo: l’iniziativa è stata definita incompatibile con diversi accordi sui diritti umani, in particolare per la libertà di espressione. Perché? Perché si rischia di privatizzare il processo di censura. Il governo tedesco ha attenuato la legislazione escludendo i fornitori di posta elettronica e di messaggistica: per loro c’è la possibilità di creare monitoraggi congiunti per prendere decisioni su quali contenuti rimuovere. Immaginatevi insomma che il ddl sulle fake news non riguardi le chat WhatsApp. Bene. La disinformazione continuerà comunque a dilagare. Attualmente diverse bufale on line sono diventate più virali di chat in chat piuttosto che nella pubblicazione sui social.

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Andrus Ansip, vicepresidente della Commissione UE, ha criticato la normativa perché una simile disciplina andrebbe regolata a livello europeo. Il parere della Commissione UE chiesto dal governo tedesco è stato secretato, sembra perché critico sulla compatibilità con la tutela della libertà di espressione. Reporters sans frontières è stata durissima contro la legge e anche mentre molte testate tedesche hanno criticato il disegno parlamentare.

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La legge sulle fake news dovrebbe mirare a debellare bufale xenofobe. Gli elettori dei populisti di AfD, come i repubblicani statunitensi, seguono di meno i media tradizionali. I social media sono stati la loro fonte più importante  sulle elezioni politiche. Solo per il 6% dei tedeschi in generale cerca su Facebook mentre questa percentuale sale per gli elettori di estrema destra al 16%.

Difficile sapere se la legge tedesca funzioni o meno perché è appena entrata in vigore, il primo ottobre, e le novità più importanti saranno vigenti dal primo gennaio 2018. Giusto per capire un po’ però le difficoltà di queste lotte i factchecker, per esempio, hanno bocciato il tool di Facebook sulle fake news adottato negli Stati Uniti. In primis perché Facebook sembra riluttante nel diffondere i propri risultati dopo la messa on line. Alexios Mantzarlis, direttore dell’International Fact-Checking Network Poynter ha spiegato: «Siamo al buio. Non sappiamo cosa sta realmente accadendo». «Il livello di informazione che viene distribuito è del tutto insufficiente. Questo è potenzialmente il più grande esperimento di contrasto alla disinformazione nella storia. Avremmo potuto avere un’enorme quantità di informazioni e dati». Sulla base delle informazioni avute i debunker mostrano scetticismo. «Non sembra che funzioni affatto. Le informazioni false sono ancora virali e si stanno diffondendo rapidamente», ha spiegato al Guardian un giornalista (reso anonimo per paura di ripercussioni). Questa prospettiva è in linea con quella di un precedente rapporto del Guardian che ha rilevato come i controlli dei gestori fossero in gran parte inefficaci. Tutta colpa di algoritmi e non di persone in carne e ossa? In Germania una svolta è ancora tutta da scrivere. In Italia sembra piuttosto in salita.

(in copertina foto ANSA/AFP POOL/CARLO HERMANN. Sopra c’è un estratto video della discussione sulle fake news avvenuta alla Leopolda)

 

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