Pensioni, Zanetti: «Impensabile rimborsare tutti»

PENSIONI, FONTI CONSULTA: “LA SENTENZA? AUTOAPPLICATIVA”

– Non c’è bisogno di ricorso. La sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni e il blocco delle indicizzazioni, senza l’introduzione di eventuali interventi del governo, vale di per sé erga omnes ed è immediatamente applicativa: tecnicamente non serve un ricorso, anche se questa puo’ essere una via per sollecitare il rimborso. Lo spiegano sia fonti vicine alla Corte sia alcuni giuristi. Le sentenze della Corte Costituzionale, salvo diverse indicazioni contenute nel provvedimento emesso dai giudici – che, in questo caso, non ci sono – acquistano efficacia il giorno dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Per ottenere il rimborso – spiegano le fonti – si deve fare una domanda all’Istituto pensionistico, non serve un ricorso, perché dopo la sentenza la restituzione è un obbligo da parte dello Stato. Ciò non toglie che, come accaduto in casi, in casi analoghi, gli stessi avvocati possano consigliare la via del ricorso per sollecitare. Intanto Palazzo Chigi sostiene quanto detto dal ministro Padoan. Nessuna manovra. «Rispetteremo la sentenza sulla rivalutazione, ma minimizzando i costi per lo Stato»

PENSIONI: ZANETTI ESCLUDE TUTTI I RIMBORSI- Il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti fa nascere un caso nel governo: «Escludo che sia possibile restituire a tutti l’indicizzazione delle pensioni, per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte. Occorre farlo per le fasce più basse». Opinione «espressa a titolo personale», ma che rischia di dividere l’esecutivo. 

Su SkyTg24, però, Zanetti ha precisato che la sua posizione «quella di uno dei tre partiti che sostiene la maggioranza», non è comunque in antitesi con quanto detto da Padoan. «C’è una differente lettura», ha aggiunto, per poi chiarire come il rispetto della sentenza, promesso da Padoan, possa avvenire anche attraverso «una rimodulazione del blocco, andando a sbloccare quelle pensioni subito sopra tre volte la minima, la soglia individuata, ma anche non andando a toccare pensioni di molto superiori». «Se Padoan dirà, ma non mi risulta che lo abbia detto, che dobbiamo rimborsare tutto, allora saremmo su due posizioni diverse, ma non credo che il ministro abbia intenzione di dire una cosa del genere, perché sarebbe un’ingiustizia spaventosa».

Intanto Bruxelles «aspetta la decisione del Governo su come attuare la sentenza della Consulta e ne valuterà l’impatto sui conti», ma «questo non deve compromettere l’impegno italiano a rispettare le regole del Patto». Fonti Ue hanno precisato che la «la sostenibilità dei conti deve restare una priorità anche alla luce dell’alta spesa pensionistica».

BUCO PENSIONI, PADOAN: «NIENTE MANOVRA» –

Una manovra è esclusa. Il governo sta studiando le possibili soluzioni per risolvere il nodo del buco sulle pensioni, dopo la batosta della bocciatura della Consulta del blocco delle indicizzazioni deciso dal governo Monti. «Rispetteremo la sentenza sulla rivalutazione, ma minimizzando i costi per lo Stato», ha precisato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan . L’idea, come spiega il Messaggero, l’ha già illustrata Tiziano Treu, ex vertice dell’Inps: le risorse vanno trovate «all’interno del sistema previdenziale». Ovvero, secondo lo stesso Treu, «oltre un certo livello di assegno, se ci sono differenze con quanto si avrebbe avuto con il contributivo, si può fare una riduzione».

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Pier Carlo Padoan: «Pensioni, lavoriamo per dare una risposta alla Consulta»
Pier Carlo Padoan – (EMMANUEL DUNAND/AFP/Getty Images)

BUCO PENSIONI, LA TENTAZIONE DEL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ SUGLI ASSEGNI ALTI –

Enrico Zanetti, leader di Scelta Civica e sottosegretario all’Economia, ha invece rilanciato un disegno di legge del suo partito che propone il ricalcolo con il sistema contributivo delle pensioni superiori a dieci volte il trattamento minimo Inps. In numeri, circa 5mila euro lordi al mese. Spiega sul quotidiano romano Luca Cifoni:

«La differenza tra l’attuale ammontare di questi assegni e quello che deriverebbe dai più severi criteri di calcolo dovrebbe generare un contributo di solidarietà. Difficile dire se l’ipotesi potrà farsi strada fino a diventare la soluzione del governo alla voragine finanziaria aperta dalla sentenza della Corte costituzionale. Certo è che il tema del ricalcolo delle pensioni contributive aleggia nelle simulazioni sfornate quasi ogni settimana dall’Inps del neopresidente Boeri. Anche se l’operazione comporterebbe notevolissimi problemi sia di ordine tecnico-amministrativo (per la mancanza dei dati più antichi e di quelli relativi ai lavoratori pubblici) che giuridico (per la prevedibile ondata di ricorsi). La stessa idea di un contributo di solidarietà a carico delle pensioni alte però deve fare i conti con un’altra azione giudiziaria destinata ad arrivare di nuovo alla Corte costituzionale: azione che riguarda il prelievo a carico delle pensioni alte già istituito dal governo Letta con la Finanziaria per il 2014. Una decurtazione sensibile, del 6 per cento che poi diventa 12 e 18 e si applica sulle fasce di trattamento superiori a 90 mila euro l’anno lordi».

 

Intanto, intervistato ad Agorà, l’ex premier Mario Monti ha spiegato che, a suo dire, il blocco delle indicizzazioni sulle pensioni «era strettamente indispensabile».

LE IPOTESI –

In merito, all’adeguamento all’inflazione, invece il ministro dell’Economia Padoan ha spiegato al Senato come siano in corso le quantificazioni finanziarie del problema: «Lavoriamo per avere una soluzione rispettosa dei giudici e che al tempo stesso minimizzi i costi per la finanza pubblica che innegabilmente ci sono, e che intervengono in un momento in cui la finanza pubblica sta migliorando», ha precisato il titolare del dicastero di via XX Settembre. Continua il Messaggero: 

«Ci potrebbe però essere nei prossimi giorni un decreto per definire quanto meno i rimborsi arretrati, con qualche forma di rateazione. Le ipotesi allo studio ruotano sempre intorno all’idea di fissare uno spartiacque più alto di quello previsto nel decreto salva-Italia per la tutela degli assegni più bassi: si potrebbe passare dalle tre alle cinque volte il minimo Inps (ossia 2.342 euro lordi al mese). Ma si valuta anche la possibilità di riconoscere la rivalutazione per fasce di reddito, invece che sull’intero trattamento, come avveniva in passato. Gli interessati attendono, con qualche timore. «Non siamo irresponsabili e accetteremo forme di gradualità ma le sentenze vanno rispettate e non depotenziate» avverte Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, l’associazione che con il ricorso di un suo iscritto ha innescato il pronunciamento della Consulta»

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