«Vi spiego perchè bisogna distruggere l’euro per salvare l’Europa»
20/01/2014 di Andrea Mollica
L’euro rappresenta una minaccia per la stessa sopravvivenza dell’Unione Europea. Il mercato unico può coesistere con valute nazionali diverse, come mostrano dei grandi paesi del Vecchio Continente fuori dall’unione monetaria. La politica di salvataggio dell’euro mina però le società che hanno adottato questa valuta, allontanandole sempre più dal progetto dell’Europa unita.
BASTA EURO – Il quotidiano tedesco Die Welt ospita un intervento del presidente dell’Istituto internazionale di Studi Strategici, François Heisbourg, sulla necessità di dare addio all’euro. Heisbourg non è un euroscettico come i tanti partiti che tuonano contro la moneta unica, visto che si definisce un federalista che auspica uno Stato europeo con una valuta comune. Questo progetto però è al momento irrealizzabile, e le politiche adottate per salvare l’euro rischiano di renderlo impossibile per l’eternità. « L’euro è un progetto coraggio che è fallito. La moneta comune avrebbe dovuto procurare unità, stabilità e crescita in una sempre più stretta Unione. Al contrario ora l’UE è divisa come non mai, dal punto di vista economico, sociale e politico», rimarca Heisbourg. L’accademico francese sottolinea come il progetto europeo abbia smesso di essere uno sforzo collettivo indirizzato a molti temi, per ridursi alla sola dimensione di salvare la moneta unica. I cittadini europei sono sempre più arrabbiati, a causa dell’elevata disoccupazione, dei continui tagli dei programmi di austerità, oppure perché temono che dovranno pagare per i debiti dei paesi in difficoltà.
COLPA DEI SALVATAGGI – Heisbourg teme una ribellione dell’elettorato del Vecchio Continente, che deflagrerà in tutta la sua ostilità a Bruxelles alle prossime elezioni europee. L’esempio del fallimento dell’euro è la Spagna, un paese che prima dello scoppio della crisi rispettava tutti i criteri di convergenza di Maastricht, e che solo grazie al lavoro nero è riuscita ad attutire l’impatto drammatico provocato dall’esplosione della recessione, che tocca un quarto della popolazione. « Credo che la vera responsabilità di questa situazione dipenda dalle misure di salvataggio adottata fino ora per assicurare la permanenza della moneta unica. Esse producono stagnazione economica, una crescente ostilità nei confronti dell’integrazione europea, e il rischio dell’addio della Gran Bretagna all’UE, che avrebbe gravi conseguenze politiche e strategiche». Prima che ci fosse l’euro, spiega Heisbourg, le svalutazioni permettevano gli aggiustamenti economici che non pregiudicavano la permanenze degli stati nel mercato unico.
FEDERALISMO IMPOSSIBILE – Secondo l’accademico francese paesi come Gran Bretagna, Svezia o Polonia dimostrano come le economie europee possano convivere anche senza la moneta unica. Una disgregazione ordinata dell’eurozona servirebbe per ripristinare la situazione ora vissuta dalle diverse nazioni al di fuori dell’unione monetaria. Heisbourg parafrasa Churchill, e rimarca come l’addio all’euro sia la peggiore delle soluzioni disponibili, ma l’unica possibile. Le alternative sono infatti impossibili da realizzare o catastrofiche. Lo stesso accademico francese si dice favorevole ad un federalismo che abbia almeno un’entità politica che disponga del 10% del Pil dell’UE, un forte sistema di trasferimenti sociali ed istituzioni capaci di agire. Tutte condizioni che mancano clamorosamente in questo momento, e che non potranno essere realizzate nel breve futuro.
TRE MODI PER USCIRE – Per François Heisbourg il tempo prezioso conquistato dalla Bce per contrastare gli investitori finanziari che scommettevano contro la dissoluzione dell’euro dovrebbe essere immediatamente utilizzato. L’obiettivo è però l’addio alla moneta unica, da realizzare in tre passaggi, prima che la crisi continui a colpire le società europee, e si torni sull’orlo del precipizio, questa volta senza alternative. La sostituzione dell’euro con le monete nazionali dovrebbe essere introdotta da Francia e Germania, gli unici due paesi che possono ammettere il fallimento dell’euro. L’introduzione del real brasiliano e l’addio al vecchio cruzeiro sono per l’accademico francese un buon esempio di ciò che potrebbe succedere per l’eurozona. Allo stesso modo la divisione pacifica della corona ceca rappresenta un caso di successo per l’addio a una moneta comune nel Vecchio Continente. La seconda fase dovrebbe essere caratterizzata dall’imposizione di controlli di capitali, mentre la Bce dovrebbe reintrodurre il sistema che regolava il tasso di cambio delle valute europee, lo Sme pensionato con l’arrivo dell’euro. In ultimo la moneta unica verrebbe mantenuta come unità di misura, un po’ come lo fu l’Ecu. Heisbourg ammette come nessuna di queste ipotesi sia particolarmente gloriosa, perché nessun fallimento lo è. Il ritorno alla situazione del 2010 e del 2011 sarebbe però più insostenibile del duro periodo che attraverseranno i paesi europei con l’addio all’euro.