Perché Facebook è meglio di Twitter, il social dei “professoroni”

Sono i due social Network per antonomasia. Uno è quello dei pochi, l’altro è quello dei tanti. Uno è quello in cui si fa a gara a fare i professorini in 140 caratteri, l’altro è quello dove di assurdità ne girano un tanto al chilo. Uno è quello dove ci si sta per darsi un tono, l’altro è quello che si frequenta per divertirsi un po’.

Si stiamo parlando di Twitter e Facebook, i due social più famosi in Italia, e che, a grandi linee, rappresentano bene il carattere italico. Diviso tra “paese reale” e “paese che ignora il paese reale“.

I CINQUE MOTIVI PER CUI FACEBOOK È MOLTO MEGLIO DI TWITTER

1) IL REFUSO – Non sia mai che mentre scrivi un tweet, magari abbarbicato al sedile in metropolitana, il correttore dell’iPhone trasformi una parola in un’altra, dando l’impressione che tu abbia commesso un errore di ortografia: nugoli di saputelli si lanceranno sul tasto «reply» per farti notare che «non sai neanche scrivere in italiano». Ovviamente i suddetti non sono in grado di scrivere nemmeno ciao senza cercare su Google, ma far notare un errore di ortografia sul social dei “fighetti” vale svariati punti. Consiglio: bloccarli tutti. E su Facebook? Neanche se ne accorgono.

2) I PROFESSORONI – È evidente che Matteo Renzi frequenta troppo Twitter e troppo poco Facebook. Perché se c’è un professorone, sicuramente sarà sul “sito di microblogging” come si chiamava agli albori Twitter. Scienziati dell’atomo, entomologi del comportamento dell’elettore medio, sociologi dello scantinato, su Twitter tutti danno la netta sensazione si sapere tutto, e di essere in grado di portare avanti qualsiasi discussione su qualsiasi argomento: dalle mosse tattiche di  Mazzarri alle imprese di Astrosamantha. Per non parlare di diritto costituzionale, penale o civile. Se esiste un “professorone” lo travate su twitter

3) I TWITTERI CHE NON HANNO CAPITO TWITTER – Il claim di Twitter all’inizio della sua avventura era “join the conversation”. Ovvero unisciti alla discussione. Insomma, partecipa, vieni a dire la tua “insieme agli altri”. Ecco il concetto di “insieme agli altri” non è abbastanza chiaro per i twitteri nostrani. Infatti, editorialisti, conduttori di talk show, molti politici, presentatori, pensano di “poter calare dall’alto” il loro tweet. Si, di dire una cosa alla “massa” di follower che li contraddistingue per poi andarsene a bere un aperitivo da Settembrini. Invece, Twitter non funziona proprio così, serve proprio per parlare, scambiarsi opinioni (si, anche litigare), insomma per sporcarsi le mani. Ma loro le mani le hanno spesse impegnate per tenere in mano un bel bicchiere di Franciacorta.

4) LA DURA GIORNATA DEL TWITTERO MEDIO – Esseri dei bravi twitteri è molto faticoso. Si inizia di buona mattina con la rassegna stampa, che deve essere ricca di link interessanti, ma soprattutto deve comprendere tutti gli articoli degli editorialisti che si vorrebbero diventassero nostri follower. E quindi giù a fare i complimenti a tre quarti della stampa italiana: “ma che bel pezzo di tizio“, “ma che bella l’intervista di Caio“, “che commento arguto di Sempronio“. Il povero twittero poi ha il dovere di rimanere aggiornato per tutto il giorno (è noto a tutti il fatto che chi tanto twitta, o twitta per lavoro o non ha un lavoro), così da essere pronto a sostenere qualsiasi conversazione. E verso sera, mentre tutti noi ci rilassiamo sul divano leggendo un libro o guardando la partita, il povero twittero inizia la parte più dura del suo lavoro. Deve seguire contemporaneamente tutti i talk show e tutte le partite di calcio trasmesse in tv, commentandoli con l’hashtag giusto lungo tutta la sera. Senza dimenticare i reality del momento o i talent show più in voga. Il nostro eroe deve destreggiarsi tra un commento sull’esibizione di Ilaria (#XF8), una finta di Ronaldo con il Real in Champions (#UCL), e una stupidaggine detta da uno degli ospiti di Giulia Innocenzi (#announo #serviziopubblico#iostoconTIZIO). Stress indicibile, meglio lavorare.

5) SU TWITTER SI SORRIDE, AL MASSIMO. MA NON SI RIDE – Vietato ridere. Al massimo, come in quei posti molto cool, molto riservati, per qualcuno ma sicuramente non per tutti, è permesso sorridere. Bene la freddura, male la battuta. Bene l’humour britannico, detestabile il tagliente romanesco.

Su twitter è la cosa che più si avvicina, ormai, a quello che il mitico Stefano Disegni descriveva come l’attico frequentato da quella sinistra un po’ snob. Quelli che lui chiamava “gli atticisti”. Tutti impegnati a prendersi sul serio, ad apparire impegnati, quindi sempre attenti ad essere seriosi. Mentre su Facebook a volte si esagera, sfociando anche nel becerume, su twitter l’essere politicamente corretti è indispensabile. Guai a pensare qualcosa di diverso, guai ad avere un’idea fuori dal recinto rigido di ciò che in generale si ritiene “giusto”. Il regno del pensiero schematico. La morte del confronto.

 

 

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