Le piattaforme petrolifere non pagano l’Imu (e nemmeno la Tasi e la Tari)

Le compagnie petrolifere non pagano Imu, Tasi e Tari sulle piattaforme presenti nel mare territoriale italiano e non lo faranno fin quando non si provvederà a modifcare le norme attualmente in vigore. La conferma è arrivata dalla risposta del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti in Commissione Finanze della Camera, lo scorso 19 novembre, in risposta ad un’interrogazione a risposta immediata presentata da sette deputati 5 Stelle. Gli onorevoli pentastellati hanno chiesto di assumere iniziative normative per imporre il pagamento delle imposte locali anche alle piattaforme petrolifere (e di valutare la possibilità di far pagare anche Tasi e Tari). Il governo ha fatto sapere che «allo stato attuale in merito alla tassabilità ai fini dell’imposizione locale delle piattaforme petrolifere il quadro ermeneutico resta incerto» e che bisogna «attendere che l’orientamento interpretativo della giurisprudenza si consolidi» prima di dar seguito a «nuove iniziative, anche normative».

 

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IL VERBALE AD ENI ED EDISON –

La vicenda del mancato pagamento dell’Imu è emersa la scorsa estate, quando Repubblica ha pubblicato il contenuto di un verbale redatto dalla Guardia di Finanza in relazione al Campo Vega (a largo di Pozzallo, la più grande piattaforma petrolifera dell’offshore italiano). Secondo le Fiamme Gialle le compagnie Edison ed Eni non avrebbero pagato tra il 2010 e il 2013 Ici e Imu per complessivi 11,4 milioni di euro (e dovrebbero ora versare interessi di mora e sanzioni per circa 30 milioni): una presunta evasione fiscale che comunque non sembra aver preoccuptoe le società. Eni ha infatti ricordato di aver in passato già avuto ragione dalla giurisprudenza. Edison ha invece ricordato che «la materia si presta a contenziosi». E in effetti è proprio così: come ha ricordato ancora Repubblica, le compagnie interessate alle estrazioni non versano tasse locali sfruttando la confusione normativa.

LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE –

Ma da dove nasce tale confusione? Complessivamente sono 106 le piattaforme censite dal ministero delo Sviluppo Economico, la maggior parte si trova entro i confini delle acque territoriali. Come hanno ricordato i 5 Stelle, una sentenza della Corte di Cassazione (la n. 13794 del 21 febbraio 2005) conseguente ad un ricorso del comune di Pineto (per imporre ad Eni il pagamento dell’allora Ici sulle sue installazioni presenti nel mare territoriale) ha stabilito che «sull’intero territorio dello Stato, ivi compreso il mare territoriale, convivono e si esercitano i poteri dello Stato contestualmente ai poteri dell’Ente regione e degli Enti locali». Per questo «non è configurabile, quindi, che su una porzione ‘del territorio inteso in senso lato su cui esercita la sovranità dello Stato’ non convivano i poteri delleautorità regionali e locali».

LE LEGGI –

La decisione della Cassazione del 2005, in altre parole, rigetta la tesi secondo la quale i fabbricati che insistono sul mare non rientrino nella potestà amministrativa degli enti locali. Ma la sentenza contrasta con le norme in vigore. Secondo l’orientamento interpretativo espresso finora dall’Agenzia delle Entrate Area Territorio, come ha spiegato il sottosegretario Zanetti nella sua risposta ai 5 Stelle, le piattaforme petrolifere non sono oggetto di inventariazione negli atti del catasto. Il governo ha ricordato come pure l’Agenzia del Territorio (con una circolare del primo dicembre 2008 inviata alle Direzioni Regionali e agli Uffici provinciali) habbia chiarito che alla luce delle norme che regolano il sistema catastale per le piattaforme non sussiste l’obbligo di dichiarazione in Catasto. «Sarà cura di questa amministrazione – è stata dunque  la conclusione di Zanetti – seguire gli sviluppi della problematica segnalata ed effettuare i necessari approfondimenti tecnici per dare soluzione alla stessa». Ora non ci resta che attendere. Come ha scritto l’Espresso, se ognuna delle 106 piattaforme dovesse pagare l’Imu evasa negli ultimi anni per 20 milioni (10 in meno di quelli contestati al Campo Vega) il totale sarebbe di oltre 2 miliardi di euro. Ossigeno prezioso per le casse pubbliche.

(Foto Reuters da archivio Ansa)

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