Pornografia e Olocausto

FENOMENO DI CULTO – Gli Stalags diventarono un fenomeno di grandissima dimensione, tanto che le copie del primo quaderno andarono esaurite dopo la stampa di ben 80 mila copie, una cifra davvero considerevole vista la popolazione dell’epoca di Israele,circa 2 milioni di abitanti. La diffusione dei quaderni pornografici a sfondo nazista fu davvero notevole,  e dopo la loro repentina scomparsa sono rimasti ancora oggi nella memoria collettiva del Paese. In un film culto del cinema israeliano degli anni ’70, Eskimo Limon, il protagonista si rinchiude in bagno per masturbarsi sfogliando l’antico giornaletto porno. Le storie erano raccontate senza alcun pudore, e le illustrazioni sotto le immagini non lasciavano spazio ai dubbi. Un estratto recitava :”Lei prese il suo pene tra le mani e in broken english disse: questo è cosa mia, ora”.

ESCAPISMO NEL TRASH – Il primo Stalag fu scritto da un certo Eli Kaider sotto lo pseudonimo di Mike Baden, e nei due anni successivi, proprio mentre Israele si confrontava pubblicamente per la prima volta con la tragedia dell’Olocausto assistendo al processo Eichmann, ci fu una vera e proprio epidemia di questi giornaletti pornografici, con storie sempre più spinte, torturatrici naziste sempre più belle e cattive. Il loro successo finì però quando un tribunale bloccò la pubblicazione di uno Stalag intitolato “Sono la puttana  personale del colonnello Schultz”, dove per la prima volta una donna era la protagonista delle attenzioni erotiche di un nazista. L’intervento della magistratura spense il fenomeno, e gli Stalag rimasero nella memoria e i vecchi numeri passati di mano in mano. Ora valgono moltissimo per chi li colleziona, raggiungendo cifre considerevoli nelle aste su Internet.

TENTATA RISPOSTA – Il documentario di Ari Libker prova a spiegare il successo e i motivi per i quali la pornografia in Israele arrivò utilizzando un immaginario basato sulla più grande tragedia vissuta dal popolo ebreo. Una sorta di tentativo di risposta al grande trauma collettivo basato sui sogni erotici che gli stessi prigionieri dei campi di concentramento confessavano. Le naziste presenti nei campi, confessa una delle persone intervistate nel documentario, costituivano l’unico sogno erotico per persone che quotidianamente vivevano un incubo inimmaginabile. Il film di Libker non offre risposte, ma costituisce un interessante approfondimento su un fenomeno particolare. L’utilizzo del basso, del trash, come forma di accettazione, se non di vero e proprio escapismo, per una realtà che non si riesce ad accettare.

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