Quanto costa all’Italia Malpensa?
28/04/2014 di Maghdi Abo Abia
L’aeroporto di Milano-Malpensa rischia di diventare un monumento allo spreco. Monumento dotato stranamente di un inno, scritto da Cochi e Renato. Ma a differenza di quanto cantato dai due artisti lombardi, l’aerostazione non sembra piacere all’aeroplano che anzi negli ultimi anni ha causato solo problemi per via della posizione infelice e della scarsa utilità di uno scalo nato per diventare un hub e sopravvissuto solo grazie al taglio imposto all’aeroporto di Milano-Linate dal decreto Bersani del 2001.
IL NODO LINATE – Se non ci fosse stato il provvedimento che limita il numero di partenze ed arrivi al Forlanini, oggi forse Malpensa sarebbe stato steso dal mercato, lo stesso mercato che ha costretto l’Italia a tenere aperto Linate e non limitarlo alla sola navetta Milano-Roma, che a sua volta sta perdendo colpi a causa della concorrenza con l’alta velocità. La compagnia di Abu Dhabi Etihad sembra abbia chiesto al governo italiano di liberalizzare i movimenti nello scalo posto a sette chilometri da piazza Duomo scatenando la reazione furiosa della Regione Lombardia che per bocca del presidente Maroni ha sospeso l’ingresso nell’azionariato di Sea, la municipalizzata dei trasporti aerei.
I PALETTI CHE FRENANO LO SCALO – Perché? Semplice, con un Linate troppo forte che magari potrebbe portare a collegamenti diretti con Abu Dhabi bypassando Malpensa si rischierebbe la morte di uno scalo che già oggi non gode di ottima salute anche a causa dell’abbandono di competitor che sembravano ambiziosi ma che si sono trovati costretti a gettare la spugna. Parliamo dell’indiana Jet Airways, di Singapore Airlines che sperava di volare verso New York da Malpensa, di Emirates che è stata bloccata dal Tar per il suo collegamento da Malpensa a New York dietro un ricorso di Alitalia, ricorso rigettato dal Consiglio di Stato. Ed oggi gli italiani sono costretti a fare i conti con il costo di un’opera che avrebbe dovuto rivoluzionare il trasporto aereo europeo ma che invece sta lentamente collassando su sé stesso a causa sopratutto della politica.
9 MILIARDI DI EURO – Come spiegato dalla Provincia di Varese, Malpensa è costata fino ad ora 9 miliardi di euro. O 18.000 miliardi circa delle vecchie lire. L’aerostazione, il cui terminal è stato iniziato nel novembre 1990, è costata un miliardo di euro. Un valore comprensivo della terza corsia sulla A8 tra Lainate e Busto Arsizio e dei 95 miliardi di lire stanziati sotto Italia ’90 per migliorare lo stato della Statale 336 della Malpensa che porta direttamente allo scalo. La ferrovia Malpensa Express è costata 340 milioni di euro, pari a 672 miliardi di lire. Il tunnel di Castellanza, destinato all’interramento della linea delle Ferrovie Nord con contestuale raddoppio del binario costò 140 milioni di euro. La Malpensa-Boffalora è costata 164 milioni di euro mentre la Regione Lombardia con le delocalizzazioni nei comuni del sedime ha speso 170 milioni.
I COSTI DEI VARI PROGETTI – La Sea spese poi 300 milioni di euro per la realizzazione del terzo satellite ed era pronta ad investire 437 milioni in altri investimenti come la terza pista. Ci sono anche i 5,2 miliardi di euro, di cui l’80 per cento finanziato dallo Stato, per la realizzazione della Pedemontana, un’autostrada che partirà da Malpensa per collegare lo scalo all’est del Paese. Ci sono i 232 milioni di euro per la linea ferroviaria Arcisate-Stabio necessaria per collegare lo scalo alla Svizzera. Ci sono 115 milioni di euro per il collegamento ferroviario tra Terminal 1 e Terminal 2, ovvero il vecchio scalo oggi destinato al traffico low cost, gli 87 milioni necessari per creare una terza linea ferroviaria che si allacci alla Novara-Milano.
UNA CATTEDRALE NEL DESERTO? – Il ministro Lupi ha anche promesso 402 milioni di euro per la realizzazione di una nuova linea ferroviaria tra Rho e Gallarate. A questi vanno aggiunti 420 milioni di euro per la variante del Sempione e 419 milioni di euro per il prolungamento della superstrada da Boffalora alla Tangenziale Ovest. Ed è così che si arriva a nove miliardi di euro. Ma torniamo un attimo indietro per arrivare alle delocalizzazioni. Perché Regione Lombardia ha pagato i residenti in prossimità dello scalo per mandarli via lasciando così le abitazioni abbandonate e ormai rese inospitali per via del rumore e dell’inquinamento causato dagli aerei. Parliamo di 555 unità, di cui 21 non residenziali, acquistate in due tranches nel 2001 e nel 2007.
LE CASE COMPRATE ED ABBATTUTE A SPESE DELLA REGIONE – Alcune di queste sono state riutilizzate mentre per la maggior parte di queste si è aperto un problema, quello della demolizione. E quindi, dopo aver speso 180 milioni di euro di soldi pubblici, Regione Lombardia ha dovuto pensare ad una soluzione. Ininsubria ci spiega che lo scorso 9 aprile la Regione ha siglato una convenzione con i comuni di Somma Lombardo, Lonate Pozzolo e Ferno per l’abbattimento degli edifici situati nelle aree de-localizzate prossime allo scalo di Malpensa. L’assessore al territorio Viviana Beccalossi ha spiegato che con questa convenzione si risolve il degrado e l’abusivismo che caratterizzano queste case chiuse da anni e ormai occupate dai senzatetto. Le demolizioni saranno a carico di Aler Varese e costeranno 3,9 milioni di euro.
IL RUOLO DI ALER VARESE – Altri soldi pubblici necessari per porre una pezza dopo il caso della delocalizzazione. Inoltre Aler dovrà confrontarsi con i comuni interessati per definire gli interventi. La speranza è che si arrivi alle prime demolizioni entro il 2014. E se pensiamo che il primo bando era del 2001, potremmo dire che ci sono voluti 13 anni per vedere la prima casa buttata giù. Peraltro l’elenco degli immobili, definito nella precedente riunione di comitato, potrà essere modificato su proposta dei Comuni in base «a sopravvenute esigenze del territorio». Ed i sindaci interessati hanno chiesto all’assessore di assumere la regia del futuro dell’area. Ma questa non è l’unica emergenza ambientale che riguarda Malpensa. Anzi, la Commissione Europea ha posto il suo sguardo su un altro problema sottaciuto che rischia di costare caro al nostro Paese.