I carabinieri che torturavano gli immigrati
27/11/2012 di Alberto Sofia
Li chiamavano “trattamenti particolari per rinfrescare le idee”, ma non erano altro che forme di tortura commesse dai carabinieri. Un abuso di potere, con stranieri “molesti” gettati sulle acque gelate del fiume Frassine (nel padovano). La vicenda si è chiusa ieri con i patteggiamenti di pena di tre militari, come riporta Cristina Genesin sul Mattino di Padova.
DIRITTI VIOLATI – Non era “waterboarding” – l’annegamento controllato, del quale fu accusata l’amministrazione Bush, che avrebbe utilizzata la tortura nella “guerra al terrorismo” e nelle prigioni di Guantanamo – ma non era certo una pratica legale. L’inchiesta, iniziata nel maggio 2011 dopo il ritrovamento nel canale del cadavere del 24enne Abderrahman Salhi, un marocchino senza fissa dimora, aveva fatto emergere i “tuffi” ai quali alcuni militari costringevano i presunti molestatori. In pratica, erano trattamenti a base di acqua gelata: atti illegali che sono stati riservati a tre extracomunitari.
LEGGI ANCHE: Il ladro ucciso dal suo stesso esplosivo
LA SCOPERTA – Forse tutto sarebbe passato nel silenzio, se il giovane marocchino non avesse pagato queste violazioni con la vita, probabilmente incapace di risalire l’argine, dopo essere stato vittima del sopruso. Poi è partita l’inchiesta, che si è quasi conclusa ieri, con i patteggiamenti della pena (con la concessione della sospensione condizionale). Soltanto uno degli indagati, con una posizione più defilata, ha preferito andare a processo.
I PROTAGONISTI – Hanno patteggiato il maresciallo capo Claudio Segata, 45enne originario di Bolzano, già vice-comandante della stazione (2 anni); il carabiniere Giovanni Viola, 32enne di Avola nel Siracusano (un anno e 10 mesi); l’appuntato scelto Daniele Berton, 45enne di Legnago in provincia diVerona (300 euro di multa). Sarà processato davanti al giudice monocratico Claudio Marassi l’appuntato scelto Angelo Canazza, 43enne di Monselice, accusato (con Berton) di aver omesso di denunciare all’autorità giudiziaria i reati compiuti dai colleghi, nonostante il suo ruolo di agente di polizia giudiziaria lo obblighi a fare rapporto. Si legge sul Mattino:
Ben più serie le contestazioni in capo a Segata e a Viola, chiamati a rispondere di sequestro di persona e di violenza privata continuati con l’aggravante di aver commesso i fatti nella veste di pubblici ufficiali con abuso dei poteri e in violazione dei doveri inerenti a una funzione pubblica.
LA VITTIMA– L’ultima volta in cui era stato vista in giro la vittima del “trattamento”, era stato – secondo gli inquirenti – il 15 maggio 2011. Dopo una festa di paese, l’uomo era stato accusato di molestare alcuni passanti, perché ubriaco. In quell’occasione erano intervenuti i carabinieri e l’avevano caricato in auto. “Che ne era stato di lui?”, si chiede il Mattino. In base alle ricostruzioni dei pm, Salhi sarebbe rimasto vittima di un “tuffo forzato nel fiume”: un bagno fatale per il giovane immigrato che, ubriaco e privo di forze, è annegato e ha pagato con la vita le violazioni dei militari.
LEGGI ANCHE:
- I diciannove cadaveri gettati sulle strade del Messico
- Il disabile in carrozzina che ferma il ladro
- Le Pussy Riot e le minacce in carcere