Quel che resta di Fukushima
16/03/2015 di Mazzetta
Il problema per il Giappone resta ora quello della dismissione della centrale, che prenderà un lasso di tempo tra i 20 e i 30 anni, un periodo durante il quale i tecnici dovranno trovare soluzioni alternative a quelle adottate finora. Oggi infatti occorrono 300 tonnellate d’acqua al giorno per raffreddare il nocciolo e il combustibile fuso in tre reattori, che si aggiungono all’acqua da decontaminare. A questa quantità se ne aggiungono altre 3/400 di acque sotterranee che passano quotidianamente dal sito e si contaminano a loro volta prima di finire in mare. Il Pacifico è grande e si ritiene che possa diluire fino a renderle innocue le radiazioni, ma particelle radioattive provenienti da Fukushima sono state ritrovate su tutte le coste del Pacifico fin negli Stati Uniti e che siano innocue è tutto da dimostrare, visto che non esistono studi sulle conseguenze dell’esposizione a bassi valori di radioattività.
Di sicuro la tragedia in Giappone ha provocato importanti effetti sulla salute che riguardano il benessere mentale e sociale, come le forme depressive e sindromi post-traumatiche da stress. Il terremoto, lo tsunami, l’incidente nucleare e la paura delle radiazioni hanno colpito duro, ma ancora di più ha potuto la sfiducia cresciuta nei giapponesi nei confronti del governo e della TEPCO, accusati di aver minimizzato dolosamente le conseguenze dell’incidente a discapito della salute dei cittadini.