Quelli che vogliono Matteo Renzi premier
05/02/2014 di Alessandro D'Amato
Repubblica, in un retroscena a firma di Claudio Tito, ci racconta oggi di quelli che vogliono Matteo Renzi presidente del consiglio. Tutto parte dalle attuali difficoltà del governo e dalle sensazioni degli alleati, che pensano che il sindaco di Firenze non abbia alcun interesse a tutelare un esecutivo fatto da altri, di cui non ha scelto i ministri:
Il loro ragionamento è questo: se Letta non fosse in grado di compiere l’auspicato cambio di passo, sarebbe indispensabile correre ai ripari. Il rischio è che la legislatura vada avanti senza un vero segno di cambiamento. E che si arrivi al 2015 con un centrosinistra consumato e con una leadership logorata. Sia dentro il Partito Democratico sia tra gli alleati, si mettono in evidenza i richiami dell’Unione europea ad accelerare sulle riforme, a porre l’attenzione sul riassetto della Pubblica amministrazione e sulla riduzione dei tempi della giustizia. Questioni che marcherebbero un’inversione di tendenza.
E non c’è solo Alfano: anche i montiani sono in fibrillazione. E persino Cuperlo e Sel:
Eccola dunque la “staffetta”. I “montiani” di Scelta civica sono da tempo convinti che sia quella la carta da giocare. E nonostante le scaramucce di questi giorni anche il capo di Sel, Nichi Vendola, ha ammesso che «questa può essere una possibilità». Persino il “nemico” del Sindaco e capo della minoranza pd, Gianni Cuperlo, è ormai orientato in questa direzione. Per un motivo molto semplice: gli ex dalemiani pensano di riprendersi così il partito. La road map immaginata in queste ore è quindi questa: verificare domani nella riunione della direzione democratica se il premier è in grado di organizzare un «rilancio». Aspettare il voto sulla riforma elettorale e subito dopo stabilire, davanti al bivio, quale strada imboccare.
Una di queste porta Renzi a Palazzo Chigi:
È chiaro che tutti considerano fondamentale il via libera all’Italicum. Qualsiasi mossa ha infatti un solo paracadute: la possibilità di tornare in ogni momento al voto con la riforma già varata. Anzi, proprio l’Italicum sarebbe la giustificazione per un nuovo governo che si configurerebbe come “costituente”: uno strumento per accompagnare le riforme. Certo, tra due settimane mancherebbe ancora il sì del Senato alla legge elettorale ma a quel punto nessuno – nemmeno Silvio Berlusconi – sarebbe interessato a far saltare un sistema che garantisce il bipolarismo e quindi la centralità di Forza Italia.