Il racconto degli amici di Niccolò Ciatti, il ragazzo pestato a morte in discoteca a Lloret de Mar

11/10/2017 di Redazione

«Era un ragazzo allegro, con la voglia di vivere. C’eravamo anche fatti un tatuaggio tutti insieme. Non vedevamo l’ora di partire per la vacanza». Comincia così il commosso e doloroso racconto degli amici di Niccolò Ciatti, il ragazzo di 22 anni, fiorentino di Scandicci, morto dopo essere stato picchiato (la notte dell’11 agosto scorso) in una discoteca di Lloret de Mar. Il giovane è stato ucciso da un colpo subito in una rissa con tre giovani ceceni, da un calcio alla testa. Per la prima volta gli amici che si trovavano con lui in Spagna hanno deciso di parlare davanti alle telecamere per ricostruire l’accaduto, una testimonianza raccolta dalle Iene e mandata in onda nella puntata di ieri.

NICCOLÒ CIATTI, IL RACCONTO DEGLI AMICI ALLE IENE

«Era l’ultimo giorno che potevamo andare a ballare», hanno raccontato due dei sette ragazzi della comitiva. «Eravamo in pista a ballare, poi arrivano questi tre, erano grossi, ho visto che avevano già cominciato a discutere con Niccolò, non so perché sono venuti da noi. Pensavo finisse lì. Non so cosa è scattato e uno di loro, quello con la maglietta rossa lo ha aggredito. Ha picchiato sia Niccolò che Andrea». È la scena catturata dalle telecamere di sicurezza interne che ha fatto il giro della rete. «Nicolò – ricordano i ragazzi – non aveva un graffio, perdeva solo sangue da un orecchio, ci siamo subito resi conto che stava male. Era sdraiato con gli occhi che guardavano nel vuoto. Abbiamo provato a dargli qualche schiaffo, per vedere se reagiva. Lo abbiamo alzato di peso, solo a quel punto sono arrivati i buttafuori. Abbiamo fatto una cinquantina di metri con lui addosso, con la testa all’indietro, faceva dei sospiri, provava a tossire. La polizia ha cominciato a fargli un massaggio cardiaco». Ogni tentativo di rianimare Niccolò è stato però inutile. «L’ambulanza è arrivata dopo una ventina di minuti. Non ci dicevano niente. Ci hanno detto che lo portavano all’ospedale». Niccolò è stato poi dichiarato morto il 12 agosto alle 8. «Sì, ci siamo chiesti se potevamo fare di più. Molte volte e molte volte lo faremo».

 

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NICCOLÒ CIATTI, LA VERSIONE DEI TRE RAGAZZI CECENI

I ragazzi ceceni, residenti a Strasburgo, erano lottatori che praticavano arti marziali. A sferrare il calcio mortale è stato Rassoul Bissoultanov, 24 anni, ora in carcere, che da anni si allenava da professionista e aveva anche partecipato a diversi tornei. I tre hanno sempre fornito una versione diversa da quella della famiglia e degli amici della vittima. «In discoteca – è la testimonianza raccolta dalle Iene del più giovane dei tre, 19enne – non siamo entrati per divertirci ma per parlare con un amico di lavoro. Appena siamo entrati siamo passati vicino al gruppo di Niccolò Ciatti e uno di loro ha spinto il piccolo ‘Vandam’ (il soprannome di Rassoul, nda). Quando i miei amici sono passati hanno detto ‘Scusa dovremmo passare’ e Niccolò li ha spinti senza un motivo, non si capisce bene il perché. Rassoul e Niccolò hanno iniziato a picchiarsi. Il mio amico ha cercato di calmarlo, ma è stato accerchiato dagli amici di Ciatti. Era da solo davanti a loro, si sentiva minacciato e quindi ha iniziato a picchiarli. Non so bene se Rassoul si sia innervosito, probabilmente per l’alcol o per le droghe. Quando Niccolò è caduto lo hanno lasciato a terra e nessuno si è avvicinato. I suoi amici dovevano intervenire quando è iniziata la rissa. Come ha cercato di fare Movsar con Rassoul». «Io non mi sento in colpa per quello che è successo – conclude il ragazzo -. È una tragedia che una persona sia morta. Quando siamo stati in caserma abbiamo pensato che sarebbe stato meglio se fosse morto uno di noi al posto suo». «Se adesso Niccolò fosse qui di fronte a me gli direi che mi dispiace molto, mi metterei in ginocchio davanti a lui. Gli chiederei di tornare, ma non so come fare».

Anche il padre di Rassoul prova a giustificare il gesto degli aggressori, sostenendo la tesi della provocazione, e poi esprimendo dolore per la scomparsa: «Mio figlio ha fatto una cosa orribile, ma non hanno ancora confermato il risultato della sentenza su quello che ha fatto e come. È un bravo ragazzo! Non ha mai fatto male a nessuno, potete chiederlo a tutti qui. Se lo lasci in pace è come un agnellino! Ma quando lo hanno attaccato in cinque o sei, doveva difendersi». Poi, parlando dei genitori di Niccolò, il padre di Rassoul dcie: «Mi metterei io al loro posto ora. Se ne avessi l’opportunità andrei da loro, mi metterei in ginocchio, chiederei scusa, in qualche modo cercherei di farmi capire anche se non conosco la loro lingua. Preferirei morire io oggi al posto di Niccolò». «Per me la parola perdono non esiste. Non voglio vendetta, ma voglio giustizia», è il parere del padre del 22enne che ha perso la vita. «Loro possono stare in carcere 20 anni, ma hanno gli stessi anni di Niccolò: a 40 o 50 anni escono e hanno una vita lo stesso», dice la fidanzata di Niccolò. La speranza è che ragazzi testimoni dell’aggressione forniscano immagini agli inquirenti per fare ancora luce sull’accaduto.

(Immagine da video di: Le Iene / Italiauno / Mediaset)

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