«Hanno legato mia figlia come un cane e l’hanno portata via», il grido di dolore della madre dopo l’intervento dei servizi sociali | VIDEO
15/11/2017 di Gianmichele Laino
Da Padova alla Val d’Aosta, per il triste epilogo di una vicenda che va avanti da almeno 13 anni. Una ragazzina di 16 anni è stata allontanata dalla madre, sedata e legata a una barella, per inviarla in una comunità di recupero psichiatrico contro la sua volontà. Non solo: i termini per il TSO che era stato predisposto per la ragazzina erano scaduti e, nonostante ciò, i medici si sono rifiutati di lasciar andare la 16enne. Inutili le lettere della ragazzina e l’appello disperato della madre.
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RAGAZZINA PADOVA, L’APPELLO DISPERATO DELLA MADRE
«L’hanno legata come un cane a una barella e l’hanno portata via – dice la donna -. Voglio giustizia, non posso immaginare che ancora succedano queste cose. L’hanno riempita di psicofarmaci e l’hanno mandata via senza farmela nemmeno vedere». Ma cosa c’è dietro questa vicenda che sembra avere dei contorni decisamente assurdi?
RAGAZZINA PADOVA, LA VICENDA
Circa 8 anni fa, la madre della ragazzina si era rivolta ai servizi sociali per problemi economici, dopo la separazione dal marito. Da allora, la situazione della donna (che ha anche un altro figlio che, in questo momento, è stato affidato a un’altra famiglia) è stata sempre in bilico: dopo uno sfratto, è stata accolta in una casa famiglia insieme alla figlia, ma è riuscita a trovare un impiego e a cercare di migliorare le proprie condizioni di vita. Un giorno, però, mentre stava rientrando dai campi dopo una dura giornata di lavoro, la donna ha scoperto che la figlia era stata portata via dai servizi sociali.
Era, infatti, stato stabilito un trattamento sanitario obbligatorio sulla base di presunti problemi psichici (la ragazzina, a scuola, aveva anche una insegnante di sostegno) e sulla sua vivacità ritenuta «eccessiva». I termini di questo TSO, tuttavia, erano scaduti ma, quando la madre si è recata presso la struttura sanitaria dove era stata portata per chiedere le dimissioni della ragazzina, le è stato opposto un rifiuto.
RAGAZZINA PADOVA, LA LETTERA IN CUI CHIEDE DI VIVERE UNA VITA NORMALE
Ora, la sedicenne è stata trasferita in Val d’Aosta, a centinaia di chilometri di distanza dalla madre, in un centro che appare più simile a un carcere o manicomio che a un luogo dove si possa offrire assistenza terapeutica. «Qui si sta violando pesantemente il diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale – afferma Paolo Roat, della onlus CCDU Minori – per un cosiddetto disturbo mentale la cui diagnosi non è sostenuta da alcun esame oggettivo di laboratorio. Oltre all’aspetto tecnico qui si infrange il senso di umanità: se diventa accettabile trascinare via una bambina con la forza, ci stiamo avviando verso la barbarie».
La ragazzina, infatti, in passato aveva anche scritto una lettera al giudice, in cui scriveva di suo pugno: «voglio vivere tranquillamente con la mamma, voglio tornare a pattinare ed essere lasciata in pace, senza nessuno che mi sposti come una valigia». Ora, invece, è confinata tra le montagne della Valle d’Aosta, senza nessuna possibilità di parlare con la madre. Ieri pomeriggio, infatti, ha chiamato per l’ultima volta a casa, in lacrime, comunicando che le stavano per sequestrare il cellulare.