Perché il razzismo nel calcio italiano è così diffuso
10/05/2017 di Redazione
Il razzismo nel calcio italiano è stato riproposto con grande forza dal caso che coinvolge Sulley Muntari. Il giocatore del Pescara è stato espulso per essersi allontanato dal campo dopo aver ripetutamente protestato per fermare i cori razzisti contro di lui. La squalifica è stata tolta a Muntari, ma il caso che ne è nato ha ulteriormente sottolineato quanto questo problema sia sottovalutato e affrontato in modo inadeguato in Italia. Secondo Mauro Valeri, il sociologo che ha diretto l’osservatorio sulla xenofobia in Italia, quello che è successo a Muntari è un episodio molto importante. Purtroppo, rimarca l’esperto in un colloquio con l’agenzia AFP, quanto successo è fin troppo frequente, non solo in serie A o B. Nel calcio giovanile ci sono stati almeno 80 casi registrati in cui giocatori neri sono stati verbalmente abusati negli ultimi due anni. Di solito sono i genitori dei giocatori avversari che li insultano per il loro colore della pelle, e abitualmente non è fatto nulla contro di loro. Mauro Valeri critica nel colloquio con AFP le procedure con cui sono applicate le sanzioni alle squadre accusate di comportamenti razzisti. In Serie A, per esempio, i criteri per multare sono così specifici, come la provvisione che gli insulti razzisti debbano essere ascoltati dall’interno stadio, che sono utilizzati raramente. E la pena è sospesa fino a una seconda commissione del fatto. Valeri definisce ridicolo il sistema sanzionatorio, che ha come esito finale la mancata punizione dei comportamenti razzisti. Per il sociologo le leggi penali che sanzionano la xenofobia sono inoltre difficilmente applicabili, visto che i responsabili dei comportanti razzisti andrebbero identificati dalle società, che evitano di farlo anche perché non sono responsabili di eventuali reati. Mauro Valeri denuncia infine la mancanza di un serio movimento antirazzista, in Italia come nel mondo del calcio, che favorisce la diffusione di cori e insulti basati sul colore della pelle. Secondo il sociologo la politica non è antirazzista in modo determinato per non perdere voti, mentre nella società prevale un’eccessiva tolleranza verso simili comportamenti.
Foto copertina: ANSA/STEFANO AMBU