Luigi Manconi: Il reato di tortura? La politica è succube della polizia
07/04/2015 di Tommaso Caldarelli
Reato di tortura: l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per i fatti del G8 di Genova; i ragazzi selvaggiamente picchiati dagli agenti di polizia nella caserma di Genova Bolzaneto non sono stati semplicemente aggrediti, ma sono stati più propriamente torturati, dice Strasburgo: e l’Italia deve essere ritenuta responsabile sia per i comportamenti tenuti sia per non aver ancora provveduto ad inserire nel suo ordinamento il reato di tortura, come pretende una risoluzione dell’Onu adottata nel 1994 e come pretende la stessa Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; ad entrambi i documenti, l’Italia aderisce formalmente.
REATO DI TORTURA, L’INTERVISTA A LUIGI MANCONI
Luigi Manconi, parlamentare del Partito Democratico, presidente e fondatore di A Buon Diritto, uno dei principali esperti di diritti civili in Italia e promotore di due proposte di legge, una sull’introduzione del reato di tortura, l’altra sull’obbligo di numeri identificativi sulle divise delle forze dell’ordine, commenta amaramente la mancanza di una norma che punisca casi di abusi macroscopici da parte delle forze dell’ordine nel nostro ordinamento e il percorso parlamentare della proposta di legge che dovrebbe finalmente sanare il vuoto legislativo: la discussione in aula a Montecitorio inizierà il prossimo 9 aprile, dopodomani.
Onorevole Manconi, da quanto tempo si parla dell’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento?
Se ne parla dal 1988 da quando il parlamento ha ratificato la convenzione
sulla tortura delle Nazioni Unite, approvata dall’Assemblea Generale nel 1984 e adottata in Italia quattro anni dopo, nel 1988. Dal giorno dopo il reato doveva essere inserito nel nostro Codice Penale, e questo non è avvenuto.
Cosa ha impedito che il legislatore adempisse a questo obbligo?
A mio parere, a pesare è stata una sorta di sottile e sotterranea resistenza da parte di una quota notevole della una classe politica, che soffre quello che chiamerei un vero e proprio complesso di inferiorità, che si trasforma in sudditanza psicologica, nei confronti delle forze dell’ordine. Invece di avere un rapporto paritario e fondato sul rispetto, ma anche sull’affermazione del principio di legalità e sulla tutela incondizionata del cittadino contro gli abusi delle forze di polizia, sembra che prevalga un atteggiamento opportunista: meglio non turbare, non provocare reazioni da parte degli appartenenti e negli ambienti più vicini forze dell’ordine. Questo è un errore micidiale e del tutto insensato. E’ evidente che le forze dell’ordine si difendono al meglio se è possibile distinguere eventuali responsabilità individuali da quelle del corpo o dell’Arma di appartenenza.
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Quindi il reato di tortura va proprio nella direzione della tutela delle forze dell’ordine?
Dobbiamo ricordarci che la responsabilità penale è personale; per questo dobbiamo fare in modo che chi si rendesse responsabile di abusi o di comportamenti che possono configurare la fattispecie di tortura venga individuato e sanzionato singolarmente. Solo potendo concretamente disporre di questa procedura di individuazione dei responsabili si possono tutelare l’arma dei Carabinieri, la guardia di Finanza e le altre forze dell’ordine: per questo è assurdo che si rifiuti di sanzionare le responsabilità personali. Ad andarci di mezzo è l’onorabilità delle forze dell’Ordine.
Come giudica il percorso parlamentare del ddl sul reato di tortura?
Vedo la via molto precaria: io ritenevo opportuno che il testo approvato dal Senato che era diverso da quello proposto da me, il quale ricalcava la convenzione delle Nazioni Unite, fosse una soluzione di compromesso comunque accettabile. Avrei preferito che la Camera lo approvasse così affinché non dovesse ritornare al Senato cosa che invece, inevitabilmente, accadrà; con due conseguenze: primo, un ulteriore differimento del traguardo per l’ulteriore lettura parlamentare, che farà rinviare l’approvazione della norma; secondo, la Camera ha introdotto emendamenti peggiorativi. Quindi stiamo parlando di un testo peggiore di quello approvato al Senato che per me era già peggiore del testo iniziale.
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Può bastare l’introduzione del reato di tortura ad evitare nuovi casi Diaz?
Come è evidente, nulla basta a nulla, non è certo un provvedimento miracolistico; sono
comunque norme importantissime perché mettono dei limiti, circoscrivono la questione. Il
problema è alla radice e non si può risolvere se non con un percorso molto lungo. La priorità è cambiare totalmente il percorso formativo delle forze dell’ordine, che è carente sotto ogni punto di vista.