Forza Italia, quei malumori stoppati contro Renato Brunetta
02/12/2015 di Alberto Sofia
Il malumore dei parlamentari di Forza Italia nei suoi confronti non è una novità. Fin dall’inizio della legislatura tra i banchi azzurri della Camera si sono sollevate proteste contro il capogruppo Renato Brunetta e la sua gestione. Accuse adesso rilanciate in casa forzista, con tanto di raccolta firme fatta circolare tra i banchi di Montecitorio. Un “ammutinamento” frenato soltanto da un nuovo attestato di fiducia del presidente azzurro Berlusconi. E dalla convocazione di una riunione del partito mercoledì alle 15 alla Camera, prima della nuova votazione per i giudici della Consulta.
QUEI MALUMORI DENTRO FORZA ITALIA CONTRO BRUNETTA –
Le colpe di Brunetta denunciate dai deputati di Fi? Dalle critiche al suo «antirenzismo oltranzista», ai tempi della pax nazarena, fino alla responsabilità sulla diaspora dal partito, ormai orfano dei fedelissimi di Alfano, Verdini e Fitto. Passando per la «mancata condivisione delle scelte», come denunciano da tempo in Transatlantico. Tradotto, Brunetta è da sempre la valvola di sfogo delle polemiche dentro un partito balcanizzato. Non è un caso che la sua stessa poltrona sia stata già in bilico. Basta ricordare quando, lo scorso marzo, dentro Fi si chiese un passo indietro dell’ex ministro della Pubblica amministrazione, dopo il no di Fi al Ddl Boschi e la lettera dei 17 contrari, un antipasto della scissione dell’Ala verdiniana. Servì l’intervento di Silvio Berlusconi per stoppare le polemiche. Ora la rivolta contro Brunetta è ripartita: una sorta di remake, tra gli attacchi di chi oggi rivendica una maggiore democrazia interna.
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FORZA ITALIA, BRUNETTA SOTTO ATTACCO. E LA RACCOLTA FIRME FRENATA DAI VERTICI –
Per tutta la giornata, terminata con l’ennesimo flop sulla Corte Costituzionale e la seconda bocciatura per il deputato Francesco Paolo Sisto, tra i banchi azzurri si sono rincorse le voci sul documento critico contro la gestione del capogruppo. Un “avvertimento” diretto verso Arcore e non solo verso i vertici della Camera. Lo stesso caso Consulta aveva scatenato i malpancisti, compresa la fronda che continua a spingere per sostituire la candidatura di Sisto con quella del costituzionalista e docente di diritto pubblico Giovanni Guzzetta. Dissidenti che avrebbero fatto mancare voti nell’urna segreta. In realtà, spiegano altre fonti a Giornalettismo, la questione è soprattutto di metodo. «È stata una scelta calata dall’alto e comunicata via sms, senza discussioni. Ci siamo stancati di fare da passacarte. Non abbiamo una strategia, alle Amministrative rischiamo di essere travolti, non riusciamo più a proporre nomi credibili. Senza contare come ormai siamo al traino della Lega», hanno denunciato in casa azzurra.
A raccogliere le firme anti-Brunetta c’era in prima fila l’ex ministro dei rapporti con il Parlamento Elio Vito, come hanno confermato diverse autorevoli fonti azzurre. Una versione smentita dal diretto interessato, quando ormai, però, la notizia si era già diffusa tra i corridoi di Montecitorio: «Non esiste alcuna raccolta firme», ha replicato stizzito lo stesso Vito a Giornalettismo. In realtà, hanno spiegato dentro Fi, le firme c’erano eccome: «Una ventina circa. Si è creato un polverone, ma noi rivendicavamo soltanto la necessità di riunire il gruppo, in modo da poter condividere le scelte del partito. Non soltanto per la Consulta», hanno ricostruito da Montecitorio alcune fonti azzurre. L’annuncio della convocazione del vertice azzurro, con all’ordine del giorno “il rilancio organizzativo” del partito, è servito per sancire la tregua nel gruppo. Poi è stato lo stesso Berlusconi a blindare Brunetta, come già accaduto nove mesi fa. Con un avvertimento diretto a quei parlamentari che già puntavano a un redde rationem in assemblea.
BERLUSCONI BLINDA BRUNETTA –
No, per il Cav non è il momento di aprire un altro fronte interno. Secondo rumours parlamentari raccolti da Giornalettismo sarebbe stato lo stesso Brunetta a richiedere al presidente azzurro un intervento per stoppare i frondisti. Così come la conferma del suo incarico, dopo i dubbi sulla paternità dell’iniziativa. Il motivo? Stanco delle beghe interne, secondo le indiscrezioni circolate, lo stesso Berlusconi starebbe riflettendo sulla possibilità di far scegliere agli eletti forzisti i futuri incarichi, con tanto di votazione interna. Eppure, dai vertici del partito hanno smentito le voci sulla volontà di sostituire Brunetta. «È un combattente coraggioso e intelligente che mi è sempre stato vicino con generosità e coerenza», ha fatto sapere Berlusconi, difendendo il capogruppo sotto assedio. Con un nuovo invito a evitare le divisioni interne: «Credo che la cosa più importante ora sia l’unità dei nostri parlamentari, attraverso il rilancio della nostra azione politica, come risultante di un sereno confronto tra gli attuali vertici del gruppo e tutti i deputati». Tradotto, dal Cav non verrà avallato alcun tentativo di modificare gli assetti parlamentari e i vertici di Fi.
Eureka! @renatobrunetta @forza_italia pic.twitter.com/yGvTzDoZMf
— Elio Vito (@elio_vito) 1 Dicembre 2015
FORZA ITALIA E IL NODO SPESE –
Certo, il malumore nel partito resta. Lo stesso Vito ha commentato via Twitter con l’espressione “Eureka!” la notizia della riunione convocata da Brunetta. Sotto accusa anche per le spese di gestione del gruppo. A partire dai costi de Il Mattinale, il foglio parlamentare che fa capo allo stesso gruppo alla Camera. «Certe spese non sono più giustificate, soprattutto ora che abbiamo perso non pochi fondi per le fuoriuscite nel partito», hanno spiegato da Montecitorio. Questo perché, da quando è diventata realtà anche la componente dei Conservatori e Riformisti di Fitto alla Camera, con altri dieci parlamentari uniti all’esodo da Fi, il gruppo azzurro è stato costretto a fare i conti con una perdita nel bilancio di oltre 300mila euro (fondi che sono destinati ai gruppi in base al numero di iscrizioni, secondo i meccanismi di ripartizione stabiliti dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio, ndr). Tradotto, dentro Fi le risorse latitano. E non sono mancate anche le conseguenze sul personale dipendente del partito. Una spending review che ha creato altri malumori interni, con una parte dei deputati che ora attacca le spese considerate eccessive per Il Mattinale.
LE GRANE DI FI, IL NODO AMMINISTRATIVE –
Ma non sono le uniche grane. A tormentare il partito del Cav restano anche le candidature per le Amministrative, in vista delle elezioni 2016. Ancora un rebus. I sondaggi interni hanno frenato la possibile corsa di Sallusti, il direttore del Giornale che Berlusconi considerava un “candidato straordinario” e che avrebbe il via libera anche del segretario della Lega Salvini. Secondo le rilevazioni commissionate alla storica sondaggista di Arcore, Ghisleri, Sallusti sarebbe indietro di 20 punti in una ipotetica sfida contro il commissario Expo Giuseppe Sala. Eppure, spiegano fonti parlamentari azzurre, Sallusti resterà ancora in corsa tra i nomi possibili per le Comunali nel capoluogo lombardo: «Non è detto che sia Sala il nome che sarà scelto dal Pd. Comunque c’è tempo per decidere». Anche sulle altre città i dubbi non mancano. Si attende che la leader di Fdi-An Giorgia Meloni sciolga le sue riserve su Roma, mentre per Torino è stata smentita l’ipotesi che porta alla candidatura di Daniela Santanché: «Non ha alcuna intenzione di correre», hanno replicato da Montecitorio. Anche perché sotto la Mole il centrodestra parte in ritardo e sarà complicato recuperare terreno. Stesse incognite anche a Bologna, così come a Cagliari. L’impressione, in realtà, è che nessuno o quasi dei big azzurri intenda “sacrificarsi” per un partito che, attaccano i malpancisti, da tempo ormai è di fatto «scoppiato». E ormai finito tra le braccia di Salvini.