Richetti e l’ombra di Verdini: «Renzi dica un no chiaro»
19/10/2015 di Redazione
«Renzi deve dire un no chiaro a Denis Verdini, altrimenti il caos nel partito aumenterà». L’avvertimento, sulle pagine di Repubblica, non arriva dalla minoranza del Partito democratico. Ma da un renziano “della prima ora” come Matteo Richetti, uno dei dirigenti che abbracciò il primo Renzi, quello della rottamazione. Nessuna critica al premier, ma un invito a fugare i dubbi per allontanare le accuse della sinistra interna. E a non cedere al pressing di verdiniani e centristi per costruire insieme il Partito della Nazione, senza la sinistra dem.
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RICHETTI: «RENZI DICA UN NO CHIARO A VERDINI» –
«Questa continua confusione tra azione di governo, voto sulle riforme e prospettiva politica del Partito della Nazione va immediatamente stoppata. Sono sicuro che Renzi la pensa come noi, ma lo dica con nettezza. Perché il progetto politico del Pd non prevede ambiguità», ha spiegato al quotidiano diretto da Ezio Mauro il deputato renziano. Non è il solo a pensarla così. Anche dentro il governo c’è perplessità, con il Guardasigilli Andrea Orlando e l’altro renziano della prima ora, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, in prima linea. Convinti che l’allargamento della maggioranza alle truppe ex berlusconiane di centrodestra non possa trasformarsi in un’alleanza vera e propria. Tradotto, un altolà all’ipotesi del partito della Nazione, obiettivo delle truppe di D’Anna, Verdini, Barani e degli altri transfughi ex Fi. E verso il quale anche Alfano e i filorenziani di Ncd potrebbero essere spinti, considerata anche l’implosione in corso dentro gli “ex diversamente berlusconiani” e lo strappo di Quagliariello.
«È accettabile l’ipotesi di un ingresso di Verdini nella maggioranza di governo?
«No. Per un motivo semplice: bisogna distinguere le necessità di una legislatura che nasce senza vincitori e il profilo del Partito democratico che Renzi vuole mettere in campo. Con gli alleati di governo, compresa una forza che si chiama Nuovo centrodestra, stiamo rispondendo all’esigenza delle riforme.Come progetto democratico però dobbiamo essere totalmente antitetici al berlusconismo. L’ossessione della legalità, la rottura di ogni furbizia sono incompatibili con la presenza di Verdini e di altri nello stesso soggetto politico. Non c’è posto per chi ha alimentato quella cultura».
E la conquista dei voti dell’altro campo?
«Dalla prima Leopolda, e io c’ero, abbiamo detto che era un errore gravissimo non guardare agli elettori di Forza Italia, ma non abbiamo mai detto di costruire un’alleanza strategica con le classi dirigenti di quel partito e di quella stagione. Renzi ha già risposto alla missione che ci eravamo dati portando il Pd al 41 per cento. Io dico chel’operazione si deve fermarelì».
Però i voti di Verdini vi sono serviti per la riforma costituzionale.
«Non saremmo a questo punto del cammino senza la disponibilità di Alfano in prima battuta e di Verdini in seconda. Non lo nego. È una situazione figlia della difficoltà parlamentare, ma con loro non è possibile avviare alcun progetto futuro. Questa legislatura nasce con la safety car che giustamente Napolitano ha imposto per non buttarla via. Ma quando la safety car torna ai box ci sono le auto di centrodestra e le auto di centrosinistra. E corrono le une contro le altre».
Tradotto, Richetti non nega che il salvagente sulle riforme di Verdini sia stato essenziale per blindare le riforme, al di là dei numeri. Ma con l’ex sodale del Cav, spiega, non si può creare alcun progetto comune futuro:
«Quando il Pd prende il 41 per cento manda in soffita sia il berlusconismo sia il centrosinistra dei nani e dei cespugli allargando il suo campo. Tutto questo non ha niente a che vedere con ciò che succede in Parlamento in un quadro particolare». E ancora: «Nessuno immagina un Pd che rinuncia a Bersani per far posto a Verdini. Dico di più: mi sembra impossibile proporre agli elettori un’alleanza che tenga insieme tutt’e due. Ci vorrebbe una parola chiara per evitare il minestrone o l’ammucchione».