Roberto Berardi: l’italiano in carcere perché testimone della corruzione del figlio del dittatore
20/05/2015 di Mazzetta
Il caso di Roberto Berardi diventa sempre più imbarazzante e c’è davvero da temere per la vita del nostro connazionale ostaggio del regime equato-guineano di Teodoro Obiang.
ROBERTO BERARDI RIMANE IN CARCERE –
Roberto Berardi doveva uscire dal carcere di Bata il 19 maggio, dopo aver scontato una condanna a due anni e quattro mesi, ma l’amministrazione carceraria non gli riconosce il periodo di carcerazione preventiva e ha deciso di trattenerlo fino a luglio. Una decisione contestata anche dal tribunale locale, che però ha spiegato ai difensori dell’italiano di non rispondere degli abusi della polizia o di altre amministrazioni. Ai familiari e amici che si battono per la sua liberazione, riuniti nell’Associazione Liberiamo Roberto Berardi Dal Carcere Della Guinea Equatoriale, non è rimasto che pubblicare una lettera aperta dalla quale traspare tutta la loro delusione per l’inazione dei nostri governi, insensibili anche alle interrogazioni parlamentari e alle denunce del caso provenute da più parti:
Roberto Berardi non è stato liberato. La sua scarcerazione è stata rimandata al prossimo 7 luglio 2015. Possiamo dire solo questo e stringerci ancora di più nel nostro solitario sgomento di fronte alle grottesche e incredibili notizie che sono arrivate dalla Guinea Equatoriale. Oggi pomeriggio Roberto Berardi sarebbe dovuto essere scarcerato, come da richiesta avanzata dal suo legale il 5 maggio scorso al Tribunale penale di Bata, ma si trova ancora in isolamento, da solo, nella solita fetida cella del carcere nella quale vive da 2 anni e 4 mesi. Le autorità giudiziarie della Guinea Equatoriale non hanno conteggiato la carcerazione preventiva di un mese e mezzo fatta da Roberto Berardi dal 18 gennaio 2013, giorno del suo arresto, al 7 marzo 2013, primo giorno di condanna riconosciuto dallo stesso Tribunale. Secondo la legge della Guinea Equatoriale il fermo non può protrarsi per oltre 72 ore, un abuso implicitamente riconosciuto dal Tribunale di Bata, che ha tuttavia sottolineato come l’autorità giudiziaria non risponda dei crimini e degli abusi commessi dalle forze di Polizia.
Roberto Berardi terminerà la sua condanna solo il prossimo 7 di luglio, dopo che per tutto il giorno di oggi ha atteso invano che qualcuno aprisse la porta della sua cella e lo conducesse verso la meritata libertà. Una breve e disincantata considerazione: nella società delle conseguenze si raccoglie ciò che si semina; in questi anni le autorità italiane hanno seminato ben poco, visti i magri risultati sin qui raggiunti.
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IL CASO DI ROBERTO BERARDI –
Berardi è al centro di una brutta storia che è cominciata quando è stato invitato a operare nel paese con la sua impresa edile. Inizialmente onorato dalla disponibilità del figlio del dittatore Teodoro Obiang, padrone della più ricca petro-dittatura africana fin dal 1978, a farsi suo socio, Berardi ha scoperto presto che loro società era diventata un veicolo e uno schermo per i vizi e la corruzione di Teodorin, rampollo della dittatura e capace di spendere decine di milioni di dollari in ville e auto da sogno in Francia come negli Stati Uniti. Dove però ci sono leggi contro il riciclaggio che impongono di dimostrare la provenienza di ricchezze ingiustificate e visto che lo stipendio ufficiale di Teodorin non ha mai superato qualche migliaio di dollari i giudici dei due paesi gli hanno sequestrato di tutto.
UNA DITTATURA RICCA, CORROTTA E ARROGANTE –
In mezzo al bottino ci sono anche una villa a Malibù e memorabilia di Michael Jackson acquistate all’asta per più di un milione di dollari, usando Eloba, questo il nome della società con Berardi, come schermo. Ecco allora che dalla sera alla mattina la società diventa un problema per il regime guineano e Berardi cade in disgrazia ed è arrestato con l’accusa di appropriazione indebita, anche se è l’unico socio che ha messo soldi nella società, poi anche depredata dal figlio del dittatore, che ha incassato personalmente i proventi degli appalti. Lo scopo, nemmeno tanto nascosto, sarebbe quello d’impedirgli di testimoniare contro Teodorin negli Stati Uniti e così Berardi è finito nelle pessime carceri di Bata, nelle quali è riuscito a sopravvivere nonostante le malattie, un severo calo di peso e le incredibili condizioni igieniche. Ora la famiglia teme ancora di più per la sua vita o che il regime lo trattenga ancora più a lungo e ricorda l’impotenza della nostra diplomazia, e di quella vaticana che non vuole turbare il regime, di fronte a un caso che nel quale una delle più infami dittature del pianeta, padrona di un paese con appena mezzo milione d’abitanti ostaggio dei suoi mercenari, si fa beffe dell’Italia e delle petizioni di giustizia a favore di Berardi che sono giunte dall’Europa come dagli Stati Uniti.