Roma Capitale, il paradiso della corruzione: lo dice il Comune di Roma
25/01/2016 di Tommaso Caldarelli
Il Campidoglio, e Roma Capitale, compresi tutti i municipi, sono il paradiso della corruzione: lo afferma l’ufficio interno del Comune di Roma, la relazione di trasparenza e anticorruzione elaborata dal segretario generale Serafina Buarné: oltre 150 violazioni e 22 dipendenti sotto inchiesta; così si legge nella “Relazione annuale Anticorruzione” elaborata dagli uffici capitolini. Secondo la relazione, agli uffici pubblici della Capitale mancherebbe qualsiasi cultura di buona amministrazione e ogni trasparenza sarebbe “soltanto una formalità”.
ROMA CAPITALE, CORRUZIONE IN TUTTI I SETTORI
Il Messaggero nella Cronaca di Roma relaziona su quanto accaduto in Campidoglio.
È in questo ambiente che la criminalità riesce a infiltrarsi, approfittando di una macchina amministrativa «macroscopica», dove proprio «la dimensione e la complessità della macrostruttura costringono ad operare in condizioni di particolare difficoltà organizzativa». È qui che, anche dopo Mafia Capitale, «emerge la saldatura tra mafia e politica, che si realizza attraverso una rete capillare di relazioni, che mirano ad alterare le determinazioni della pubblica amministrazione». E proprio nei mille rivoli della burocrazia anche i controlli procedono a rilento, tanto che la stessa relazione riconosce che «l’obiettivo di realizzare la mappatura di tutti i processi risulta particolarmente oneroso e raggiungibile solo nel corso degli anni». Solo nel corso del 2015, gli uffici del Personale hanno accertato 150 violazioni, di cui 61 per fatti penalmente rilevanti a carico dei dipendenti. In 26 casi si è trattato di responsabilità «legate a eventi corruttivi». Nell’organico del Comune di Roma, due impiegati oggi sono sotto procedimento per concussione, un dirigente e un dipendente «per concussione per l’esercizio della funzione», altri 14 lavoratori per corruzione «per un atto contrario ai doveri d’ufficio», 3 lavoratori sono sotto indagine per abuso d’ufficio, un altro ancora per rifiuto d’atti d’ufficio. Nell’ultimo anno 5 dipendenti sono stati licenziati, mentre un impiegato è stato sospeso dal servizio e dalla paga. In 57 se la sono cavata con sanzioni disciplinari.
Molto utile, scrive Lorenzo de Cicco, il servizio di “denuncia alla cieca” approntato dagli uffici del Campidoglio.
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Le aree più colpite, si legge nella relazione, sono quelle per l’Affidamento di lavori, servizi e forniture, ma anche, sembra un paradosso, l’Area Controlli, con 6 dipendenti sotto inchiesta. Ma nel mirino dell’Anticorruzione comunale sono finiti anche i meccanismi di verifica sull’operato dei dipendenti. Il Regolamento del Sistema dei controlli interni, in vigore dal 2013, «in concreto non ha trovato attuazione», è scritto nel rapporto. E proprio la debolezza dei monitoraggi ha portato ad «escludere dal controllo le determinazioni il cui valore è sotto ai 200mila euro». Questo, nonostante i controlli siano aumentati del 43% rispetto al 2014. Ma la stessa Direzione Trasparenza ammette di avere poteri troppo circoscritti, potendo «limitarsi a segnalare irregolarità ai dirigenti, sollecitando provvedimenti sanzionatori». Attraverso il piano Anticorruzione del Comune, bocciato però dall’Anac di Raffaele Cantone, oltre alla rotazione di 94 dirigenti, 21 funzionari, e 1.195 dipendenti, è stato attivato anche un meccanismo che permette ai lavoratori che riscontrano irregolarità sul posto di lavoro di fare segnalazioni anonime. Proprio grazie al “Whistleblowing”, sono arrivate agli uffici del Personale 28 “soffiate”, in 2 casi i dipendenti hanno dichiarato di avere subito discriminazioni nei confronti dei colleghi denunciati e ne è stata informata la Procura. Ma anche queste misure, ammette la relazione della Buarné (che verrà sostituita al Segretariato generale attraverso un bando fatto pubblicare per ordine del commissario Tronca) «hanno avuto un modesto impatto» e rappresentano «un piccolo tassello nell’architettura di Roma Capitale, che deve essere ripensata attraverso il diffondersi della cultura dell’etica» tra i dipendenti. Solo così i lavoratori scorretti potranno «essere emarginati e messi all’angolo».