La serie A? Molto meglio Dinamo Sassari e Valentino Rossi

27/06/2015 di Boris Sollazzo

Il campionato più bello del mondo. Un tempo così lo chiamavamo. E ci credevamo tutti: dall’inizio degli anni ’80 fino alla fine del millennio scorso solo Eric Cantona e Raul, tra i giocatori stranieri più forti del mondo, ci hanno snobbato. Gli altri, più o meno, sono passati dalla nostra penisola, anche solo per un’apparizione fugace.

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SERIE A, LE GRANDI FUGHE: DA TEVEZ A VERRATTI –

Ora invece la serie A è un punto di passaggio, al massimo di partenza. Allegri prova a trattenere Pogba dicendogli che un altro anno di maturazione gli farebbe bene (neanche fosse l’Empoli con Saponara), Verratti in serie A non ci ha mai giocato, essendo passato direttamente dalla B al Psg, Tevez torna a casa, Higuain prova a scappare e rimane solo perché strozzato da una clausola rescissoria clamorosa.
E cos’abbiamo ottenuto così? Il calcio più noioso, speculativo, fragile (tatticamente e fisicamente) delle grandi d’Europa. I giovani giocano poco e male – e si montano subito la testa: Sturaro dopo la prestazione da applausi contro il Real ha pensato bene di negarci l’Olimpiade con un fallo di reazione di rara stupidità -, i tifosi sono sempre meno, le tv sempre meno professionali nel raccontarlo. I giornali, soprattutto in fase di calciomercato, non ne parliamo. Se condiamo tutto questo con continui scandali, capiamo perché mette così malinconia vedere una palla rotolare, ormai.

GLI ALTRI SPORT, ALTRO CHE MINORI –

Una palla che sia di cuoio, perché quella di gomma dura a spicchi, arancione, che deve finire in un canestro ad esempio, sa affascinare di più. Che sia targata Nba e veda contro Oakland e Cleveland, o sia invece nostrana e sia contesa con cuore, passione e grinta da Sassari e Reggio Emilia. Già, perché mentre ci siamo annoiati per mesi a guardare il campionato di calcio, chiuso con giornate e giornate d’anticipo e avvilito da una lotta a perdere per il secondo posto (impossibile se vi fossero stati i play-off), da una squadra già fallita e, in serie B, da presunte combine, il basket nel frattempo sapeva divertirci alla grande. Portando in finale non le solite note, ma due neofite. Agguerrite e spettacolari, che hanno entusiasmato anche i meno interessati alla pallacanestro con tempi supplementari, canestri all’ultimo secondo, recuperi e rimonte. Una cavalcata esaltante che ieri ha visto molti italiani seguire la mitica Dinamo Sassari arrivare al triplete. Altro che Mourinho.

La tv, pay e non, si droga di calcio, senza rendersi conto di quanto sport cosiddetti minori o un tempo considerati noiosi possano attirare l’attenzione del pubblico. Prendete la boxe: Deejay tv ha seguito in piena notte il match Mayweather-Pacquiao, un successone. Replicato con la semifinale per l’accesso a Rio 2016 di Clemente Russo, vista e commentata sui social da un numero consistente di persone.
E possiamo parlare pure della pallavolo, con la nazionale che fin dai tempi di Velasco è nei cuori di molti, ma anche con la splendida finale per club Trento-Modena di quest’anno. E ancora la pallanuoto, tra Campagna e Pro Recco, perché in Italia c’è chi la Coppa dei Campioni la vince. E non parliamo solo di vittorie, qui, ma di spettacolo. Di grinta e imprevedibilità. Di epica. Sassari-Reggio Emilia ha ottenuto uno share record, tanto da arrivare con gara 7, a furor di popolo, su Rai 3, non per motivi campanilistici o folkloristici, ma perché è grande sport, giocato con vibrante agonismo e ottima tecnica. Mentre nel calcio ci esaltiamo se la nostra nazionale gioca bene una mezz’oretta.

ADDIO CALCIO –

Si devono rassegnare i calciofili, ma ormai il pallone è come un B-movie. Magari fa ancora incassi, muove ancora grandi folle, ma è in declino. Non appassiona, non produce eccellenze e , come il ciclismo di qualche anno fa, è gravato dalle ombre del dubbio: vedi un match bello, chiedendoti se quei gol sono prodezze oppure azioni prezzolate che servono ad aumentare il conto in banca di boss della mala, giocatori corrotti o a far salvare dalla C chi non ha saputo farlo con le strategie sportive.

Il sorpasso ormai è avvenuto: il calcio è una palla, non nascondiamocelo. E allora meglio rincorrerne altre (di palle, pure ovali: il rugby è da un pezzo il secondo sport, se non il primo, di molti italiani).

VALENTINO ROSSI E SEBASTIAN VETTEL –

E anche altri oggetti sferici, come le ruote. Vettel sa emozionarti più di qualsiasi numero 10, di questi tempi, con le sue “sfighe” e le sue risalite in classifica nei gp. E non parliamo di Valentino Rossi, eroe eterno, capace di fare a sportellate con un ragazzino che quasi potrebbe essergli figlio e di vincere in un anno in cui tutti aspettavano solo di cantarne l’onore delle armi. Sì, i motori: un tempo davanti alla tv dormivate, il sonno conciliato da quei rombi armonici, ora invece vi assopite davanti ai derby di Milano e quel numero 46 vi fa saltare sopra il divano, come dice il grande Guido Meda.

KICK OFF: COME RIPARTIRE? –

Qualche giorno fa, a Kick Off, sorta di riflessione collettiva sullo stato del calcio e sulle possibilità di migliorarlo (frutto dell’ingegno di Benedetta Rizzo, della volontà di crederci di Uva, della Figc che ha deciso di seguire questa visione) si è parlato molto del futuro di questo sport miliardario. Si è detto tanto allo stadio Manuzzi, ma la verità è che basterebbe che guardasse al suo passato, come ha fatto Antonello Piroso, nell’ambito della stessa iniziativa, al Teatro Verdi di Cesena raccontando Il Grande Torino in uno dei suoi ormai celebri monologhi con una cavalcata di ricordi e immagini, mai retoriche e molto originali nel taglio. Al suo passato e al presente dei parenti un tempo poveri ma ora molto più belli. Scoprirebbe che il loro successo si fonda su una presenza viva nel tessuto sociale degli eroi sportivi, su progetti solidi ed entusasmanti, su tifosi civili (tranne quello che a Sosa ha messo le mani in faccia), su valori condivisi veramente, sul rispetto delle regole (possono fallire anche big invincibili, da Siena a Bologna), sull’imprevedibilità dei risultati.

Il calcio vi sembra avere anche una sola di queste qualità? No. Il calcio ha solo la tv, anzi le tv. Che si scannano per contendersi uno sport agonizzante, mentre ignora la potenza di tante altre discipline, spesso relegate all’ottimo lavoro (di nicchia) di Raisport, che il peggio lo dà, non a caso con Zona 11 e Il processo del lunedì. Che parlano di uno sport che si gioca 11 contro 11

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