Giovanni Guarascio e il suicidio per i debiti a Servizio Pubblico
31/05/2013 di Alberto Sofia
Durante l’ultima puntata di Servizio Pubblico è stato ricordato il caso di Giovanni Guarascio, il muratore di 64 anni di Vittoria che si è dato fuoco, dopo aver visto vendere all’asta la propria casa, per colpa di un debito di 10mila euro. Un gesto drammatico, di fronte all’ufficiale giudiziario, arrivato per eseguire l’ordine di sfratto. Il 22 maggio scorso l’uomo non ce l’ha fatta, a causa delle gravissime ustioni riportate in tutto il corpo. A lanciare un appello ai telespettatori è stato ieri Michele Santoro, per aiutare Martina, la figlia del muratore. La famiglia Guarascio sta cercando di salvare quella casa che il padre stesso aveva costruito con le sue mani, riacquistandola dal nuovo proprietario – il signor Sciagura – per 60mila euro circa. E’ stato aperto anche un conto corrente per raccogliere il denaro necessario, ma mancano però ancora 30mila euro: “Vi invitiamo tutti a contribuire, anche in ricordo di Franca Rame, che tante volte ha aiutato chi aveva bisogno”, ha spiegato il giornalista.
IL CASO GUARASCIO – E’ stato Sandro Ruotolo a ricordare, dalla casa di Giovanni Guarascio, questa storia drammatica, insieme ai figli Martina, Carlo e Claudia. Servizio Pubblico spiega come l’uomo abbia deciso di ricorrere a un gesto estremo per difendere quella casa che stava costruendo e che la banca gli aveva tolto per un mutuo che non riusciva a pagare mensilmente. Si ricorsa come la casa sia stata venduta all’asta, alla cifra irrisoria di 26 mila euro: “Giovanni faceva il muratore – spiega Ruotolo – e la stava costruendo, come capita in tutti i paesi del Sud”. Le scale sono ancora da rifinere, manca la ringhiera. In tutto, tre piani per i tre figli. Per ora si vive soltanto nel primo: insieme ai tre figli, il giornalista ricorda la vicenda. Giovanni non ce l’ha fatta, ma a Catania, nell’ospedale dei grandi ustionati, restano in prognosi riservata la madre e Antonio Terranova, un ufficiale di polizia. Viene mandato in onda il filmato della celebrazione del funerale dell’uomo in Chiesa, dove la figlia ha ricordato come cercheranno di salvare quella casa che l’uomo aveva costruito con il proprio sudore.
La figlia rivela come la madre non sappia ancora nulla della morte del marito: “Peggiorerebbe la sua situazione”, spiega. Anche Terranova, operato per un’emorragia al braccio, resta in prognosi riservata. Martina racconta la storia che ha spinto Giovanni a darsi fuoco. Tutto è cominciato con un mutuo concesso da una banca, nel 1990, di 45 milioni di vecchie lire. Soldi necessari per comprare il materiale per costruire l’abitazione. Per 5 anni non ci sono problemi, poi, iniziano le difficoltà: “Fino al 1995 ha sempre pagato senza problemi la rata del mutuo. Poi con la crisi tutto è cambiato”, ha spiegato la ragazza. Aveva già pagato circa 35 milioni di lire, poi comincia a versare fondi a stralcio. La cifra di 45 milioni viene pian piano quasi coperta, ma ci sono gli interessi del mutuo.
LA CASA VENDUTA ALL’ASTA – Alla vigilia della messa all’asta Giovanni Guarascio arriva anche a fare un’offerta di 25mila euro (50 milioni circa delle vecchie lire, ndr) alla Banca Agricola Popolare di Ragusa. Non è bastato: la casa è stata comunque data all’asta, per 26mila euro. L’istituto ha però spiegato come, oltre a un debito di 10 mila euro, ci fossero anche 9 mila euro di spese legali. Eppure l’offerta era stata fatta, ma non è stata ritenuta congrua. Eppure Martina ha ribadito come lei e i suoi fratelli non vogliano abbandonare la casa che il padre ha costruito per loro: “E’ il ricordo che abbiamo di lui, non non ce ne andremo via”, ha spiegato la ragazza, che ha aggiunto che farà di tutto per mantenere la promessa. “Mio padre ha fatto di tutto per noi, mi pagava anche gli studi che ho dovuto interrompere: ha fatto quel gesto disperato perché ha trovato soltanto muri. Nessuno ha capito le difficoltà”, ha aggiunto. Servizio Pubblico svela anche come la casa di Giovanni Guarascio fosse stata pignorata, dodici anni fa. E’ stata messa all’asta diverse volte, ma sempre andate a vuoto. Nessuno si è presentato, finché il valore della casa è sceso a circa ventisei mila euro (dai 106 mila euro originari). “La banca ha rifiutato la nostra offerta a stralcio. C’erano due buste chiuse, dopo la messa all’asta. Una signora si ritira, dall’altra busta chiusa è stata accettata la stessa cifra che avevamo proposto noi”, spiega l’altro figlio, Antonio. Una situazione strana sulla quale indaga anche la magistratura.