Simoncelli è buono perché è morto?

IL CASO PEDROSA – Quella parola, “Limoncelli”, tornò quest’anno, in MotoGp, in occasione del Gran Premio di Francia a Le Mans. Marco è alle prese con Daniel Pedrosa. Lo spagnolo del team interno Honda cerca di passarlo in staccata. SuperSic tiene, si toccano. Pedrosa va per le terre, con rottura della clavicola, assenza per i tre gran premi successivi e addio ai sogni di mondiale. L’attacco dalla Spagna fu fortissimo. Arrivarono addirittura le minacce di morte, al punto che il box del Sic venne presidiato da due poliziotti. “Non succede, ma se succede…”.

SUPERPIPPO – Oggi Marco se n’è andato, e di colpo i contrasti del passato sembrano spariti. Come se i piloti, i tifosi, il mondo spagnolo del motociclismo avesse capito che se guidava così non era perchè fosse scorretto o subdolo calcolatore, ma solo genuino, vero, generoso. L’ultima testimonianza, rimanere aggrappato alla moto per cercare di recuperarla anziché lasciarla scivolare via, tanto sono caduto, pazienza. “Non c’è nulla da dire. Mi sono visto con suo padre. Ho solo avuto la forza di abbracciarlo”, ha commentato commosso Daniel Pedrosa, quasi a chiudere il cerchio dopo i fatti di Le Mans. C’era il bisogno di un saluto che ricordasse in una sola parola quello che era il numero 58 e cosa ha lasciato al mondo dello sport e ai tifosi del motomondiale. L’ha trovata l’ex campione del mondo classe 500 Alex Criville, e mai parole furono più efficaci per capire chi fosse Marco Simoncelli: Adios, SuperPippo.

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