Simone D.: la storia del ragazzo gay suicida a Roma
28/10/2013 di Alberto Sofia
«Sono stanco. Gli omofobi facciano i conti con la propria coscienza». Nell’ultimo biglietto, scritto e lasciato ai familiari prima di lanciarsi dall’undicesimo piano di un palazzo romano in via Casilina (l”ex pastificio Pantanella, nella zona est della città), le ragioni disperate che hanno spinto il 21enne Simone D. a togliersi la vita. Nella Capitale non è la prima volta che l’omofobia e le discriminazioni sono causa di suicidi: il terzo caso negli ultimi dodici mesi. Tanto che per mercoledì è stata organizzata una manifestazione nella Gay street, luogo simbolo della Roma arcobaleno e più volte teatro di violenze contro la comunità Lgbt.
SIMONE D.: IL SUICIDIO DEL GIOVANE GAY A ROMA – La vita del giovane 21enne è terminata sulle rampe di un garage. Non è escluso che il giovane fosse bersaglio di atteggiamenti e insulti omofobi, con le indagini che – come spiega SkyTg24 – potrebbero orientano sul versante dell’istigazione al suicidio. Come sottolinea il Corriere della Sera, il 21enne studiava medicina all’università La Sapienza, mentre faceva il tirocinio al Policlinico Umberto I. Era omosessuale e non sopportava le continua discriminazioni subite per il suo orientamento di genere. Il messaggio lasciato nel borsello che aveva ancora a tracolla dopo il volo di 25 metri sembra chiaro: «L’Italia è un Paese democratico, libero. Ma è anche una nazione dove ci sono persone omofobe. E chi ha questi atteggiamenti dovrà fare i conti con la propria coscienza», ha spiegato il ragazzo. Poche righe per testimoniare il suo disagio, di fronte a una società che non lo accettava. A trovare la lettera sono stati i poliziotti poco prima della mezzanotte di sabato. A raccontare quanto accaduto, sul quotidiano di Via Solferino, è Carlo, titolare del ristorante “La Pantanella”:
«Una cliente ha sentito un tonfo. Siamo corsi sul retro per vedere di cosa si trattasse e abbiamo visto quel povero ragazzo disteso nel suo sangue. All’inizio abbiamo sperato si trattasse della fiction Rai che da venerdì stanno girando proprio sul terrazzo dell’ex pastificio. Una simulazione. Poi abbiamo capito che non era così e abbiamo dato l’allarme al 113. Lo strazio e il grido della mamma e del papà di fronte al cadavere del figlio resterà a lungo nelle orecchie del quartiere. Siamo tutti sotto shock, non è possibile che un altro ragazzo, nel cuore della vita, scelga di morire perché abbandonato dalla politica e dalla società».
Non si capiva, non si riconosceva, Simone. Ha fatto credere a tutti di uscire, poi è salito sul terrazzo del palazzo e ha deciso di farla finita. La sua famiglia ha spiegato di non aver capito: dalla questura hanno precisato come i genitori non avevano avuto nessuna indicazione che svelasse il malessere del giovane. Non erano informati, inoltre, sulla omosessualità del figlio. Resta da comprendere perché il ragazzo abbia scelto proprio quel luogo. Forse quel palazzo significava qualcosa per Simone. Non abitava lì, ma in un’area vicina, nel popolare rione dell’Alessandrino. Per Repubblica Roma potrebbe essere la storia ad averlo spinto per scegliere quel teatro per gli ultimi istanti della sua vita: «Negli anni Cinquanta il proprietario del pastificio si suicidò proprio da quel terrazzo, ha ricordato il proprietario del ristorante “La Pantanella”, Carlo. Per molti, più anziani, è stato come rivivere un dramma a distanza di mezzo secolo. Nello sfondo, il dramma dell’omofobia. Gesti estremi che continuano a ripetersi, come denunciano le stesse associazioni che da anni si battono per il riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto e per una legge contro l’omofobia. Quella approvata dal governo poco tempo fa è stata oggetto di aspre critiche, bocciata e ritenuta in grado di stravolgere in modo negativo l’impianto della Legge Mancino.
TUTTI I PRECEDENTI – A Roma ormai i suicidi e i tentativi di suicidio che hanno coinvolto giovani omosessuali sono un dato sempre più preoccupante, come denuncia Fabrizio Marrazzo, portavoce dei Gay Center: «L’ennesimo fatto tragico a Roma. Alla nostra linea verde riceviamo 20mila contatti all’anno e dai dati in nostro possesso risulta che un omosessuale su dieci nella sua vita ha pensato al suicidio», spiega. Non manca un nuovo appello: «È ora di dire basta. Le istituzioni devono dare una risposta urgente nella lotta all’omofobia, allargando la sfera dei diritti gay». Per questo mercoledì torneranno a mobilitarsi in Gay Street, chiedendo che la «politica fermi la strage». Quello di Simone D. è il terzo caso di suicidio di ragazzi omosessuali a Roma nell’ultimo anno. Lo scorso novembre era stato uno studente di 15 anni che frequentava il liceo scientifico Cavour ad impiccarsi con una sciarpa nel suo appartamento. Da tempo veniva discriminato perché considerato omosessuale da alcuni compagni. La scorsa estate, invece, nel mese di agosto si è tolto la vita un ragazzo di 14 anni, anche lui gettandosi da un balcone. Questa volta, dalla propria casa in zona Torraccia. Anche allora un’altra denuncia contro omofobi e intolleranti: «Mi emarginano perché sono gay», aveva scritto in un biglietto. Proprio come nel caso di Simone, che non ha visto altra alternativa che il suicidio di fronte a una società che lo aveva emerginato. E che non gli lasciava vivere la propria sessualità in modo sereno.
CONTRO L’OMOFOBIA – «In Italia non si fanno i matrimoni gay, ma purtroppo tanti funerali gay: dai politici ai cittadini comuni, ognuno interroghi la sua coscienza, su quanto abbia contribuito a lottare contro l’omofobia o piuttosto a contribuire alla sua diffusione», ha incalzato anche l’ex parlamentare Vladimir Luxuria. Per il vice-ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità, Maria Cecilia Guerra,invece, «Siamo tutti responsabili». Politici e partiti in primis, secondo le associazioni, incapaci finora di approvare leggi che rendano la vita della comunità Lgbt meno complicata.