Sondaggio: i giovani, sempre più in fuga dall’Italia, hanno rimosso la parola ‘speranza’ dal futuro
17/07/2017 di Redazione
I giovani sono sempre più convinti che per realizzarsi nella vita e migliorare la condizione dei propri genitori debbano lasciare il Paese e trasferirsi all’estero. E hanno rimosso la parola «speranza» dal proprio futuro. È lo scenario di incertezza dei ragazzi italiani descritto da un sondaggio realizzato dall’Osservatorio di Demos-Coop, dedicato al dizionario dei nostri tempi, pubblicato oggi sul quotidiano Repubblica e presentato in un articolo di Ilvo Diamanti.
SONDAGGIO, I GIOVANI NON SPERANO NEL PAESE
L’analisi parte dal dato dai 100mila italiani di media che ogni anno espatriano, 106mila nel 2016. La maggioranza sono giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, con titolo di studio e livelli professionali elevati. Se ne vanno soprattutto per l’assenza nel nostro Paese di sbocchi occupazionali adeguati:
Ormai, si tratta di una convinzione diffusa e consolidata: circa 6 persone su 10, infatti, pensano, realisticamente, che i figli – a differenza del passato – non riusciranno a riprodurre o, a maggior ragione, a migliorare la posizione sociale dei genitori. Mentre 2 italiani su 3 ritengono che, per fare carriera, i giovani se ne debbano andare altrove. E si comportano di conseguenza. Se ne vanno e non ritornano. Per questo, la rappresentazione del mondo delineata dai giovani appare sempre più ripiegata sul passato. Sempre meno aperta.
Ma dati interessanti sono anche quelli delle risposte alla domanda «Rispetto ad oggi che importanza avranno le seguenti parole?». Rispetto all’intera popolazione per i giovani italiani avranno un peso minore parole come «speranza», «ripresa», «meritocrazia», «famiglia», «Italia». Continua Diamanti su Repubblica:
La parola “Speranza”, nella popolazione, è proiettata nel “futuro”, da quasi due persone su tre. Ma fra i giovanissimi (15-24 anni) la proporzione si riduce sensibilmente: 57%. E fra i giovani-adulti (25-34 anni) crolla al 41%. La nostra gioventù: ha poca speranza. Tanto più nella transizione verso l’età adulta. Più che in avanti, pare scivolare indietro. Verso il passato prossimo. Per questo i giovani non credono molto nella “ripresa”. I giovani-adulti ancor di meno. Più che a “riprendere” pensano a “resistere”. Perché sono disillusi. Secondo loro, il “merito” conta poco, nel lavoro. E, in generale, nella vita. Oggi. E tanto più domani. Per questo di fronte all’Italia appaiono disillusi. Anche se non delusi.
(Foto da archivio Ansa)