Stadio della Roma, tutta la storia fra dubbi e polemiche
02/09/2014 di Tommaso Caldarelli
Stadio della Roma, nella Capitale ci si prepara alla discussione definitiva sulla delibera che certificherà l’interesse pubblico per l’impianto sportivo dell’As Roma: lunedì l’Assemblea Capitolina si incontrerà per discutere e votare la delibera, dopo gli scandali che hanno sconvolto il Campidoglio, prima il Panda-Gate e l’ipotizzato rimpasto di giunta, e poi sopratutto le inchieste di Mafia Capitale.
STADIO DELLA ROMA, LA STORIA – Ai primi di settembre la Giunta Capitolina si era incontrata per dare il via al progetto ottenuto dall’incontro fra il sindaco di Roma Ignazio Marino, il proprietario della Roma James Pallotta e l’assessore all’Urbanistica Giovanni Caudo lo scorso 23 agosto. Dopo iniziali dissidi, tutti gli assessori si sono man mano stabilizzati sulla posizione del sindaco, che era volato negli Stati Uniti per chiedere, e ottenere, dalla dirigenza della Roma ulteriori garanzie su “interventi di interesse pubblico”. Anche la maggioranza si era accordata su un “testo condiviso” da sottoporre alla giunta che l’aveva approvato il 4 settembre scorso. Secondo il sindaco Ignazio Marino, la partita dello Stadio ammonterebbe addirittura a un miliardo-un miliardo e mezzo di euro: importo che sarebbe “evidentemente il benvenuto per una città che ha bisogno di una ripresa”. Lo Stadio della Roma verrà costruito dalla Raptor Group di James Pallotta che ne avrà la proprietà (e cioè lo Stadio non sarà dell’As Roma, ma di Pallotta) insieme al socio italiano Parsitalia di Luca Parnasi, il costruttore che materialmente edificherà l’area. Il vertice dell’amministrazione capitolina è volato in America per chiedere, ottenendo, come dicevamo, alcune significative modifiche da parte della dirigenza: principalmente, più opere pubbliche e un aumento del denaro investito per costruire stazioni della metropolitana e altre infrastrutture di servizio.
LE OPERE DA REALIZZARE – “Avevamo ricevuto una proposta” aveva raccontato l’assessore Caudo da New York “l’abbiamo esaminata e abbiamo chiesto delle modifiche. La cordata AS Roma pensava di spendere 270 milioni investendo solo il 4% in trasporti su ferro, e abbiamo ottenuto che ne spendano 319, di cui 60 (il 20%) andranno ai trasporti su ferro”. Non solo, “pensavano di vedersi compensati tutti i 270 milioni di opere e invece nonostante l’incremento delle opere a 319 gli riconosciamo di interesse pubblico solo 195 milioni. In sostanza il proprietario della Roma ha acconsentito a costruire, fra le altre cose, una fermata della linea della Metropolitana B, un prolungamento dalla fermata Eur Magliana fino allo stadio, a potenziare la linea Roma-Lido e a realizzare un ponte pedonale che colleghi la struttura alla vicina fermata Magliana della ferrovia metropolitana.
IL MESSAGGERO CONTRO LO STADIO – Durante gli ultimi mesi, la polemica è divampata sui giornali. Principalmente sulla stampa romana, dove il Messaggero per settimane si è schierato contro la costruzione dello stadio della Roma, con toni che non hanno mancato di insospettire altri grandi nomi della stampa nazionale. Ad esempio il Fatto Quotidiano ha scritto riguardo “il curioso ambientalismo del Messaggero”.
La lotta è tra due costruttori romani: Luca Parnasi alla conquista della Capitale e Francesco Gaetano Caltagirone che la Capitale non ha mai smesso di conquistarla. Il nodo del contendere: la realizzazione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, affidata a Parnasi che ha fatto scoprire a Caltagirone non di essere figlio dei fiori, sarebbe troppo, ma degli ecologisti sì. Tanto da sfoderare con la sua portaerei, Il Messaggero, uno dei più grandi attacchi mediatici contro lo Stadio della Roma di Tor di Valle che verrà costruito da Parnasi che, ahilui, non possiede giornali.
Così Sandra Amurri sul Fatto, e in effetti il Messaggero ha dato voce in queste settimane ai tanti oppositori del progetto dello stadio.
LE CRITICITA’ ANCORA APERTE – La materia del contendere, come riassumeva il Messaggero nella cronaca di Roma, stava e rimane in quattro criticità: il Tevere, perché l’impianto sorgerebbe troppo vicino al fiume “con rischio idrogeologico” sopratutto in occasione di eventuali fenomeni meteo oltre misura a cui Roma è ormai tristemente abituata; gli ingorghi, perché per raggiungere l’impianto sarebbe necessario incolonnarsi, ogni domenica, sulla Via del Mare, con rischio paralisi per la città – e infatti molti oppositori al progetto chiedono che la Roma garantisca la messa in sicurezza la frequentatissima arteria della Capitale. Anche il progetto di una nuova stazione della metro, per l’importo promesso, è considerato “insufficiente”.
IL PUBBLICO INTERESSE – Inoltre il progetto prevede “l’edificazione di un milione di metri cubi da destinare a uffici, negozi e hotel”; ma la Regione Lazio avrebbe giudicato questa cifra “eccessiva” e in effetti fra le richieste che la città di Roma ha sottoposto alla proprietà, accolte da quest’ultima, c’è stata appunto la riduzione delle aree a compensazione. Ultima criticità sta nel fatto che l’impianto non sarebbe di proprietà della Roma, ma della società di Pallotta; la posizione della maggioranza resta quella che lo stadio dovrà rimanere della squadra “al di là di qualsiasi futura mutazione degli assetti proprietari”, e che Roma Capitale dovrà controllare “in maniera puntuale la natura pubblica delle opere da effettuare”: se verrà a mancare “una sola delle condizioni poste” si verificherà “la decadenza della dichiarazione di pubblico interesse di Roma Capitale” con conseguente maxi-sanzione a carico della proprietà Pallotta.
LA MAFIA E LO STADIO – Anche dopo l’approvazione da parte della Giunta non erano mancate le polemiche. Ma sul Campidoglio si sono presto abbattuti ben altri problemi: prima, il Panda-Gate, protagonista proprio il sindaco di Roma Ignazio Marino in una dialettica asprissima con la sua maggioranza che è arrivata a chiedergli il rimpasto totale di Giunta e a non escludere il ritorno alle urne; anche dal Partito Democratico nazionale erano arrivate durissime prese di posizione, con alcuni esponenti di primo piano che chiedevano al sindaco di “ubbidire al partito”; dopo, e ben più pesantemente, l’uragano di Mafia Capitale che ha scoperchiato il sistema politico-criminale gestito da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, ha portato alle dimissioni di alcuni fra i pesi massimi della maggioranza in Campidoglio e della giunta, e ha invertito i rapporti di forza fra Sindaco e Partito Democratico, con il commissariamento del Pd Roma e il riallineamento totale della prima forza politica della città al fianco del Primo Cittadino. Proprio dallo Stadio della Roma la maggioranza in Campidoglio prova ora a ripartire, ma fra le forze che sostengono Ignazio Marino, a pochi giorni dalla seduta che approva la delibera, non sembra esserci la necessaria armonia. Tuttavia Fabrizio Panecaldo, il coordinatore della maggioranza, ha assicurato che i tifosi troveranno “lo Stadio sotto l’albero”, anche a costo di lavorare “a Natale”.