Stefano Accorsi: «Sto scrivendo il mio primo film»
05/11/2014 di Boris Sollazzo
Stefano Accorsi è il nostro interprete cinematografico, teatrale e televisivo più importante, un attore che ha saputo farsi conoscere, con il suo talento, anche all’estero. Protagonista di film cult come Santa Maradona, Le fate ignoranti, L’ultimo bacio, da più di vent’anni sulla cresta dell’onda, è stato invitato da Oscar Farinetti nel suo Laboratorio di Resistenza permanente che si tiene alla Fondazione Mirafiore di Serralunga d’Alba, nella tenuta di Fontanafredda. Lì ha tenuto un incontro sulla “magia del cinema” ripercorrendo la sua lunga carriera. Non dimenticando un’attualità da protagonista della cultura italiana: sul set per Italian Race di Matteo Rovere, sorta di Rush all’italiana, sul palco per Decamerone: vizi, virtù, passioni in tournée da dicembre (il 9 il debutto a Firenze) al prossimo aprile, nuovo capitolo della sua fertile collaborazione con Marco Baliani, fucina di spettacoli teatrali di altissimo livello. L’abbiamo incontrato a margine dell’incontro con il pubblico, e ci ha svelato le sue prossime ambizioni da cineasta – iniziate con il cortometraggio d’esordio Io non ti conosco, Nastro d’Argento al miglior esordio alla regia – per poi sbottonarsi anche sull’attuale situazione politica italiana.
Abbiamo visto il tuo Io non ti conosco, accolto con applausi scroscianti. Un episodio o l’inizio di una nuova carriera?
Lo confesso, spero stia cominciando una nuova fase della mia vita professionale e artistica. Il desiderio di scrittura c’è da tanto, ma sai come vanno queste cose: alcune le butti su un foglio e ti sembrano orrende e le tieni ben chiuse nel cassetto, di altre ne parli e capisci che agli altri non è che piacciano così tanto. Ma questa voglia di creare si è sposata al desiderio di andare dietro la macchina da presa, di raccontare per immagini.
Chiaro che poi contano anche le opportunità che trovi sulla tua strada. Due anni fa, Federico Marchetti di Yoox mi propose un video che mi avrebbe prodotto. Io gli dissi che un video, forse, non faceva per me, ma che avrei potuto provare a cimentarmi con un cortometraggio. Mi tornò in mente la storia che mi narrò un fioraio di Sanremo e da lì è venuto tutto naturale. Uno di quegli esordi che sia per le reazioni di chi l’ha visto che per le sensazioni che ho provato mi hanno fatto salire il desiderio di continuare.
Quindi possiamo aspettarci, presto, il lungometraggio d’esordio di Stefano Accorsi?
Sì, potete aspettarvelo. Lo sto scrivendo da un po’, con un signore del cinema e un altro ottimo professionista più giovane. Ma non me la sento di dire di più, sono ancora in quella fase in cui un progetto è ancora acerbo, in cui senti la necessità di tenerti dentro una storia che vuoi proteggere.
Però questo conferma un periodo di straordinaria fertilità artistica per lei. Teatro, tv, cinema: da attore e regista.
E’ vero, è un gran bel momento. Ora sono concentrato sul Decamerone: vizi, virtù, passioni, con cui partiremo il 9 dicembre a Firenze. Su Sky arriverà ad aprile, finalmente, 1992, nato da una mia idea e che vuole raccontare una generazione che ha cambiato questo paese, quella coinvolta, da una parte e dall’altra, in Tangentopoli. Tutto è nato dalla mia volontà di raccontarla. Sarò, nella serie, un pubblicitario, un uomo di mezzo in quello tsunami. Nella vita è sempre così, a un certo punto qualcosa si smuove e di seguito viene tutto il resto. Come se ci fosse un ultimo puntello che salta, viene scalciato via e fa aprire la diga e l’acqua esce e cambia tutto.
Questa sua rivoluzione personale nasce da una sua necessità intima o dall’avvilente situazione che ha attorno?
Da me stesso. Prendiamo 1992, tutto arriva dalla mia curiosità di sapere e capire cosa si muove, e come, dietro le quinte del potere, come funzionano certi ingranaggi a cui noi non abbiamo mai accesso. Leggiamo i giornali, seguiamo i litigi che vogliono farci scoprire, ma cosa succede tra potenti da decenni gomito a gomito che a un certo punto vengono travolti? Abbiamo narrato questo e la mia fortuna è stata trovare partner disponibili, a partire da Gianani e Mieli con cui andammo da Scrosati di Sky, scoprendo che tutti si entusiasmavano a quest’idea. Così è nata un’avventura meravigliosa, resa speciale dal lavoro di grandi sceneggiatori come Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo e Alessandro Fabbri. Si è creato un gruppo che ha lavorato alla grande su un’onda di entusiasmo che raramente ho sperimentato prima. Con il teatro, forse, la cosa è ancora più privata: adoro farlo, forse anche perché è un’arte particolare, in cui non ti puoi vedere o rivedere mentre lo fai. E neanche dopo. E questo ti permette di non avere il completo controllo.
E poi mi piace tanto questo lavoro che ormai dura da anni con Marco Baliani, divenuto il progetto Grandi Italiani, in cui dopo Ariosto ora arriva Boccaccio e forse presto pure anche Machiavelli. E’ bello agire per fare in modo che le cose belle ti accadano.
Non rinuncia però, a fare l’attore. E’ una crescita, non una scelta che vuole escludere il passato.
Continuo ad amare questo mestiere, forse semplicemente ora mi ci sento un po’ stretto. Voglio continuare a farlo e per ora questi nuovi percorsi sono paralleli. Detto questo, non intendo legare l’uno agli altri: per dire, nel mio film, per ora non mi prevedo nel cast, si parla di una storia che coinvolge protagonisti di età diverse dalla mia. E altri progetti probabilmente mi vedranno solo come produttore. Vedremo. Detto questo, da Rovere e Gagliardi, solo per citare gli ultimi cineasti con cui ho lavorato, è bello essere guardato, diretto, condotto da un regista, non intendo rinunciarci.
Chiudiamo guardando al paese. Come vede, lei che a lungo ha vissuto all’estero, il momento particolare che sta vivendo l’Italia?
Con entusiasmo. Di sicuro questo è il primo grande ricambio generazionale della storia del dopoguerra. Vale sia per la prima che per la seconda Repubblica, credo. Non ricordo un mutamento così netto nella struttura e nell’età della classe dirigente come quello attuale. Non è cambiato solo un uomo al comando, ma un gruppo intero. E questo mi dà speranza: è inevitabile che questo provochi delle rotture, che certe dinamiche vadano gestite al meglio, che vi saranno diversi soggetti in rotta di collisione. Ma non posso negare che sia la prima volta che al governo sento persone che comprendo, in cui mi identifico, per valori ed esperienze. Sono contento nonostante il momento storico ed economico sia molto difficile.
Come si può affrontare quest’epoca di crisi, dunque?
Bisogna cercare di inventarsi nuove opportunità, tutti. Smettere di criticare, lo vedo fare da sempre, mi ha stancato. Sai qual è la frase che più ho sentito in questi anni? “Il cinema italiano è in crisi”. Se avessi ascoltato questa frase, mi sarei bloccato, non avrei fatto nulla. E invece sono andato avanti e ho vissuto tante splendide esperienze. E ce l’ho fatta. E’ comodo lamentarsi, è persino giusto. Ma inutile. Allora facciamo delle cose che pensiamo valide, buone per il paese. Crediamo in noi, nella nostra voglia, forza, capacità di cambiare le cose. E speriamo che la classe dirigente sappia valorizzare la cultura, una delle migliori risorse del nostro paese. Bastano poche riforme per migliorare tutto e ho fiducia che saranno fatte, il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo mi sembra persona di grandi qualità, che si sta occupando di molte cose in modo sensato e consapevole. Agiamo, non rimaniamo fermi a guardare solo ciò che è negativo, lavoriamo per noi e per il paese, cercando nuove strade.