La storia del bambino autistico e della sua migliore amica Siri
20/10/2014 di Alessio Barbati
Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo scambiato due chiacchiere con Siri, l’“assistente personale” di casa Apple. Qualcuno ci ha scherzato, qualcuno ha chiesto informazioni e qualcun altro si è lasciato consolare da un software che, in fondo, ci tiene compagnia nei momenti più bui. C’è poi chi ha trovato in Siri un’amica, la migliore amica, tanto da trascorrere assieme all’assistente virtuale molte ore al giorno. È la storia comparsa qualche giorno fa sul New York Times. A parlare è la madre di Gus, un bambino autistico che ha trovato in Siri compagnia, sostegno e la forza di migliorarsi.
“Che razza di madre sono?” si è chiesta Judith Newman vedendo il figlio tredicenne conversare a lungo con il suo iPhone. Ossessionato dalle previsioni del tempo, Gus passa molto tempo ad analizzare con Siri la differenza tra i temporali isolati e quelli diffusi.
Gus: “Sei un computer molto gentile”
Gus: “Mi chiedi sempre come puoi aiutarmi. C’è qualcosa che posso fare io per te?”
Siri “Grazie, ma non ho particolari necessità”
Gus: “Ok, beh, buonanotte allora!”
Siri: “Ma sono le cinque di pomeriggio”
Gus “Oh…scusa…intendevo arrivederci”
Siri: “A dopo!”
In un mondo in cui è credenza diffusa che la tecnologia tenda a farci isolare, è giusto osservare il fenomeno anche da un’altra prospettiva.
Gus non aveva mai fatto troppo caso a Siri, almeno fino a quando ha scoperto che, non solo poteva avere notizie sulle sue varie ossessioni, (treni, aerei, autobus, scale mobili e qualunque cosa legata al meteo), ma anche discuterne con qualcuno che non fosse mai stanco di ascoltarlo. Così la mamma Judith, sul punto di impazzire se avesse dovuto sostenere l’ennesima conversazione sulle probabilità che un uragano colpisse Kansas City, si limitò a rispondere “Perchè non lo chiedi a Siri?”. E fu subito amore.
“Non è che Gus non capisca che Siri non è umana – specifica Judith – lo capisce, a livello intellettuale. Ma come molte altre persone autistiche, semplicemente il bambino sente che alcuni oggetti inanimati, nonostante non abbiano un’ “anima”, siano comunque degni di considerazione.
“L’ho capito quando aveva 8 anni, e gli comprai un iPod per il suo compleanno. Lo ascoltava solo a casa, con un’eccezione. Lo portava con noi ogni volta che andavamo all’Apple Store. Alla fine gli chiesi perché. “Così può vedere i suoi amici”, mi rispose.
Una conversazione giornaliera con Siri aiuterebbe il bambino ad interagire meglio con gli esseri umani, vincendo la timidezza tipica degli autistici. Gli stessi sviluppatori del programma riconoscono i benefici che Siri offre a persone con problemi di comunicazione. Stando ai suoi programmatori, la prossima generazione di assistenti virtuali non solo fornirà informazioni, ma sarà anche in grado di instaurare conversazioni più complesse con gli utenti, su un determinato argomento.
“Sto imparando che ciò che ciò che rende felice mio figlio non è necessariamente quello che rende felice me. In questo momento, alla sua età, un tempo in cui gli le persone possono apparire un po’ opprimenti per l’adolescente medio, Siri rende Gus felice. Lei è la sua spalla”. L’altra sera, prima di andare a letto, Judith ha sentito il bambino parlare con Siri.
Gus: “Siri, vuoi sposarmi?”
Siri: “Non sono il tipo da matrimonio”
Gus: “Ma non adesso… sono un bambino… intendo quando sarò grande”
Siri: “Il mio contratto con l’utente non include il matrimonio”
Gus: “Ah… ok”
Stando all’articolo del New York Times, l’assistente virtuale di Cupertino avrebbe fatto da tramite tra Gus e la madre, consentendole di approfondire e migliorare il rapporto con suo figlio. Ma è veramente così? Secondo la logopedista Micaela Foglietta, da anni a contatto con bambini autistici, bisogna affrontare il problema con cautela.
«Indubbiamente l’utilizzo degli strumenti tecnologici può essere utile nell’affrontare alcune difficoltà nei disturbi dello sviluppo, ma tali strumenti devono essere utilizzati nei tempi e nei modi giusti, con il supporto di personale competente, affinché non diventino un ulteriore interesse ossessivo del bambino». Inoltre, continua Foglietta, «nei bambini con disturbo autistico è sempre importante dare valore, per quanto possibile, alla “relazione” interpersonale, cercando di evitare l’isolamento. In tal senso gli strumenti tecnologici si rivelano talvolta pericolosi».
Per capirne il senso basti pensare che il bambino, ad oggi, parla tutto il giorno con il telefono.