La strategia dell’Australia contro i profughi e le contraddizioni dell’UE
22/04/2015 di Andrea Mollica
Australia, profughi
e le contraddizioni dell’Europa. Il primo ministro australiano, il conservatore Tony Abbott, ha invitato l’UE ad adottare la sua strategia anti immigrazione, molto restrittiva, per frenare sbarchi e ridurre i morti. Al momento le dieci proposte della Commissione che saranno discusse al Consiglio Europeo straordinario sono ricche di contraddizioni.
AUSTRALIA PROFUGHI –
La strage dei migranti costata la vita a circa 800 persone ha suscitato una significativa attenzione a livello mondiale. Il premier dell’Australia, il conservatore Tony Abbott, ha proposto agli Stati dell’Unione Europea di adottare le linee guida seguite dal suo governo per fermare gli sbarchi. Abbott ha rimarcato come l’unico modo per fermare le morti sia la fine del traffico di persone e il blocco delle imbarcazioni che trasportano i profughi. Il governo di Canberra si è detto disponibile a confrontarsi con l’UE per collaborare sulle nuove misure che vuole adottare per evitare le continue stragi nel Mediterraneo. A settembre del 2013, appena insediatosi dopo aver battuto i laburisti, il governo Abbott ha introdotto una missione chiamata “Operation Sovereign Borders” (Operazione confini sovrani), che ha rappresentato una stretta restrittiva sulle politiche dell’immigrazione. Da allora le navi della Marina militare australiana pattugliano le acque di confine con Indonesia, Papua-Guinea, per fermare tutte le imbarcazioni e rimandarle indietro. Se le navi dimostrano di non poter più solcare le acque, le persone a borde vengono caricate sulle imbarcazioni militari australiane, e rispedite all’estero. Il governo Abbott rimarca il successo della sua strategia, visto che da 18 mesi non ci sono più sbarchi, e il numero dei morti sarebbe scomparso secondo le statistiche ufficiali. Diversi media hanno però riferito di numerosi cadaveri avvistati nei mari australiani.
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CONDIZIONI SEVERE – L’Onu così come altre organizzazioni umanitarie hanno criticato severamente la strategia dell’Australia, che si basa su accordi con Paesi che non rispettano i diritti umani come la Cambogia. L’anno scorso il governo Abbott ha firmato un accordo con la Cambogia per far costruire dei centri di detenzione e identificazioni dei profughi fermati sulla via per l’Australia. Queste strutture, accusate di non rispettare i diritti umani, impediscono che i migranti possano raggiungere le coste australiane. Oltre che in Cambogia, i profughi che non possono essere immediatamente rispediti sono inviati anche in strutture di detenzione presso le isole Nauru e Papua-Nuova Guinea. Le problematiche evidenti della strategia australiana contro l’immigrazione evidenziano le contraddizioni delle linee guida che l’UE potrebbe adottare. Al prossimo Consiglio Europeo straordinario verrà discusso un piano in 10 punti che riguardano misure relative al salvataggio dei migranti, la lotta agli scafisti e ai trafficanti d’uomini e nuovi elementi di gestione dei profughi. La cooperazione tra UE e Stati Membri verrebbe migliorata, con l’invio del personale EASO, l’agenzia europea responsabile della politica sui profughi, in Grecia e Italia al fine di supportare le strutture nazionali. In tutti gli Stati Membri verrebbero prese le impronte digitali dei migranti, così come ci sarebbe la valutazione di distribuire su quote nazionali i profughi arrivati all’interno dell’UE. Un progetto pilota per ora molto contenuto per superare le rigidità del regolamento di Dublino.
CONTRADDIZIONI UE – La priorità del piano della Commissione è il raddoppio dei fondi a disposizione di Triton, la missione gestita dall’agenzia Frontex che pattuglia i confini marittimi dell’UE. La dote finanziaria prevista sarebbe però ancora inferiore rispetto a quanto spendeva la sola Italia, e non tutti i 28 Paesi Membri, per Mare Nostrum. A differenza dell’operazione condotta dal nostro Paese per circa un anno dopo la strage di Lampedusa la missione Triton ha il solo obiettivo di controllare la frontiera mediterranea. Le navi impiegate non basterebbero però per le necessarie operazioni di soccorso, così come per la prevenzione di eventuali affondamenti, come faceva Mare Nostrum. Ancora più contradditorio è il secondo punto del piano della Commissione, che prevede un sistematico sforzo per prendere e distruggere le navi degli scafisti. La misura si basa sul successo della missione Atalanta contro i pirati del Mar Rosso, ma un simile esempio non sembra adatto. Per contrastare una tragedia umanitaria di dimensioni epocali, spinta da guerre che devastano l’intera area del Mediterraneo, l’UE sembra voler adottare una militarizzazione dei confini che potrebbe sfociare in vere e proprie operazioni di guerra. La mancanza di interlocutori riconosciuti in diversi Stati, come in Libia, renderebbe eventuali missioni anti scafisti altamente pericolose per il personale militare e civile impiegato. Se l’UE vorrà davvero dichiarare guerra agli scafisti, dovrà mettere in conto i numerosi morti che una simile strategia potrebbe provocare, inclusiva di affondamento dei barconi provocati dal cosiddetto blocco navale di cui nessuno ha mai chiarito gli esatti limiti.
Photocredit : ANSA