Volevo fare la maestra. Storia di una suora.
26/09/2008 di talentosprecato
La semplice storia di una semplice suora vera: Suor Rosa Anna, dell’Ordine delle Luigine di Parma.
I miei tentativi di approccio con le suore di clausura della mia città non hanno portato a nulla, forse anche perché nessuna aveva questo sorriso. Lo si intendeva dal tono con cui mi rispondevano dal citofono, oppure, semplicemente, avevo già trovato la mia suora vera da raccontarvi. Forte, buona, piena di mondo e di esperienza di vita, come ogni grande donna della sua età. Solo che lei porta il velo e ama più di un uomo.
SUORA PER SCELTA – Sono di strada verso casa e faccio un ultimo tentativo. “Vorrei solo parlare con qualcuna di voi“, dico al citofono. È tardo pomeriggio. Ho visto l’edificio per caso. Mi fermo ma sono stanca di essere respinta. Qui mi aprono la porta subito però. Mi fanno entrare. Attendo pochi minuti. Un grande salotto fresco, pareti spesse. La penombra a stento svela un mobilio antico. Poi scende lei. Ci sediamo davanti alla finestra con le grate, su di un divano, vicine vicine. È un’anziana signora dai capelli raccolti e una comoda veste. Ha un velo blu di cotone ad incorniciarle il viso ovale. Lineamenti sottili e occhi grandi. Da giovane sarà stata una bella donna, penso. Prendiamo subito a chiacchierare. Non riesco a fingere. “Non ho nessuna vocazione. Volevo raccontarle questa balla per sapere qualcosa di “quelle come lei…“. Ecco, ora sa chi ha davanti. “Non si può fingere una vocazione, stia tranquilla. Me ne sarei accorta“. Mentre il suo sorriso si allarga mi rassicura: può chiedermi tutto quello che vuole. Sorride ancora. Sorride tutto il tempo. È passato più di un mese da quando l’ho incontrata. Si chiama Rosa Anna e fa la suora. La sua non è una qualità congenita né tantomeno una dote soprannaturale calata dal cielo. La sua è una scelta, una missione. Così mi dice guardandomi sempre dritta negli occhi.
“VOLEVO FARE LA MAESTRA“ – “E così ho realizzato il mio sogno insegnando per anni in quest’ordine di cui ora sono diventata Madre Superiore, quelle che un tempo ‘andavano per la maggiore’, qui a Parma“, aggiunge, con quel filo leggero leggero di orgoglio di chi avrebbe un infinità di cose di sé da raccontarti senza che tu possa comprenderne minimamente l’importanza. Il suo ordine, quello delle Luigine, è stato fondato nel 1779 da Padre Eugenio Porta, domenicano e professore universitario che aiutò una domestica, una donna buona, mi racconta Rosa Anna, a fondare la prima scuola, il primo “Conservatorio”, per aiutare le bambine e le ragazze poco abbienti ad affrancarsi dalla povertà e ad istruirsi. È storia che quella donna da poco, come mi dice Suor Rosa, vide delle bambine malvestite ed abbandonate sul sagrato di una chiesa. Ebbe compassione di loro, e non sapendo come aiutarle, si rivolse a padre Eugenio.
“MI RACCONTA LA SUA STORIA?“ – “Ho deciso di prendere i voti quando avevo diciassette anni, proprio dopo aver studiato qui. Mi piaceva l’idea di potermi dare agli altri. Fare la maestra era il mio sogno, sin da quando ero bambina“. “Quindi non si è fatta suora per vocazione?” “Certo ma la vocazione è anche una chiamata, una tensione verso gli altri, un desiderio di darsi in modo esclusivo. Per me è stato questo“. “Quindi niente di soprannaturale?” “No, forse, chi può dirlo“. “Ma potrebbe studiare e darsi agli altri anche da laica non crede?” “Ai miei tempi era un poco diverso… Si studiava dalle suore“. “Qualche tentennamento nel corso degli anni?” “Devo dire di no“. “Si è mai innamorata?” “Sì, di un bel bambino con gli occhi azzurri, quando avevo cinque anni!” Mi risponde senza alcun imbarazzo muovendosi ridendo un poco. “E poi? Non si è presa una cotta da adolescente? Non ha mai pensato ad avere un marito, dei figli?” “La mia famiglia è il mondo. Un giardinaio, un uomo semplice, una volta mi disse: per fare il frate dovrei abbandonare la mia famiglia. Come potrei fare a donarmi a tutti gli altri sapendo di avere problemi in casa, con la moglie, con i figli?” “E dei religiosi che si sposano… cosa pensa?” “Io credo a quello che ha detto quell’uomo semplice. Ma ognuno ha la sua testa, il suo cuore, la sua vocazione“. “E delle famiglie diverse cosa mi dice? Degli omosessuali?” “Sono creature del Signore come noi ma la questione è complicata…“. Mentre discutiamo di queste faccende senza peraltro giungere ad una conclusione, a un punto di vista certo e condivisibile sempre e comunque, mi viene un poco voglia di fingere per davvero, quasi rapita dal suo modo di essere pacato e aperto.
“SE VOLESSI FARMI SUORA?“ – “Cosa dovrei fare?“, le chiedo. “Dovresti venire da me, come ora. Io ti consiglierei un padre spirituale che cercherebbe di capire se ne sei davvero convinta, poi andresti a studiare a Roma per poter fare la maestra. Poi prenderesti i voti. Anzi, abbiamo bisogno… (perché no?)” “E se nel corso del tempo poi cambiassi idea?” “Capita“. “Quindi povrei anche insegnare. Qual è stata la sua esperienza?” “Per anni sono stata maestra nelle scuole del mio ordine. Sono scuole parificate. Ne avevamo a Parma ma anche a Bologna. Prima era gratis, poi abbiamo dovuto iniziare a far pagare, ma i ricchi lo facevano per i più poveri. Ora tutto è diverso. Non ci sono più maestre. Abbiamo dovuto ricorrere a collaboratori esterni perché ci vogliono l’insegnate di canto, quello di disegno… Mancano le suore però“. Mi ricorda quasi rassegnata, ma sempre con quel meraviglioso sorriso. C’è una crisi delle vocazioni. “Perché?” “È cambiato il mondo, si sono persi i valori… ed è anche possibile darsi al mondo come laici. Mi vengono in mente i focolaretti, ad esempio, li conosce?“