I Take That, 25 anni dopo
08/09/2015 di Redazione
I Take That sono tornati: hanno perso due componenti rispetto alla line up originale ma hanno “guadagnato” mogli, figli e tate che li seguono nei loro tour spostandosi di tappa in tappa. Come le loro fan, che un tempo si sgolavano ai loro concerti in preda all’entusiasmo adolescenziale e che oggi vanno agli show con i loro bambini. E forse è proprio questo il segreto del loro successo, visto che il loro ultimo album – uscito lo scorso novembre – è schizzato in cima alle classifiche, e si preparano a un bagno di folla al loro prossimo concerto milanese al Forum di Assago, previsto per il 13 ottobre.
«IN TRE SI LAVORA MENO. MA MEGLIO» –
Sono passati più di vent’anni, ricorda Stefano Landi sull’edizione del Corriere della Sera in edicola oggi, da quando il fenomeno dei Take That esplodeva in tutta Europa, Italia compresa. Da allora le cose sono cambiate, come è naturale che sia:
[…] i sopravvissuti giurano che la diaspora è finita. In tre si lavora meno. «Ma meglio: il viaggio continua, scriveremo un nuovo capitolo. Dopo anni di musica insieme però si diventa fratelli e ogni abbandono lascia un segno» racconta Gary Barlow, 44 anni, che insieme a Mark Owen (43) e Howard Donald (47), tiene in vita una delle boyband più importanti della storia della musica.
IN CAMERINO CON I FIGLI E LE TATE –
E i Take That, ormai senza più Robbie Williams e Jason Orange, si sono evoluti:
Il mondo dei Take That nel frattempo si è rovesciato. Perché anche se non sembra, il tempo (del pop) vola e sono passati 25 anni dai loro esordi. Quando erano cinque ragazzini di Manchester con le voci già rotonde nonostante l’età. Sotto il palco, non più ragazzine a tutta ugola, ma un pubblico più maturo. Perché le «thatters» che avevano 15 anni, oggi ne hanno 40. «A vederci vengono famiglie, cresciute con la nostra musica. Per molti le due ore di show sono un salto all’indietro nell’adolescenza». Parole che ispirano una certa nostalgia. «Non abbiamo nessun rimpianto: eravamo cinque ragazzi, cinque amici che giravano il mondo per cantare travolti dall’entusiasmo della gente. Sempre sulla strada, spinti dalla frenesia che ci circondava». Oggi anche il tour ha tutto un altro sapore. «Viaggiamo con le famiglie, in camerino abbiamo i bambini con le tate. È tutto più morbido, con meno pressioni». Con otto figli in tre, il passaggio da boyband a nursery band è compiuto.
GARY RINATO –
E, guarda caso, la chiave di volta dei rinati Take That è colui che, vent’anni fa, era il meno “considerato” dei cinque. Gary Barlow:
A patire di più l’implosione della band fu sicuramente Barlow, autore di gran parte dei pezzi. Il sogno di una carriera solista che si sbriciola nei cinque anni in cui si trasferì in America. Droghe, alcol, ma anche il matrimonio e la nascita dei tre figli. Poi il ritorno a Londra: il 7 luglio del 2005 il destino gli offre una seconda carta. Il treno su cui viaggia della metropolitana di Londra è quello immediatamente successivo a quello esploso per gli attentati di Al Qaida. Quindi la rinascita grazie al ritorno con i compagni di palco.
Fino alla «resurrezione nel 2006, dopo lo scioglimento del ’96 per l’addio di Robbie Williams, tornare in vetta quando ci davano per finiti». Anche «III», il primo disco a tre dopo l’uscita di Jason Orange (a dicembre scorso) è volato in testa alla classifica britannica.
(Photocredit copertina: Anthony Harvey/Getty Images)