Tassa di soggiorno, il governo studia l’aumento
11/09/2015 di Redazione
Tassa di soggiorno,
il governo Renzi sta studiando una stretta sull’imposta che paga chi dorme in albergo. Come spiega Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera, i vantaggi economici non sarebbero irrilevanti: aumentare il carico fiscale su chi non vota nel nostro Paese, ovvero i turisti stranieri. Certo, non mancano le resistenze, a partire da sindaci e albergatori. Anche perché il timore è di mettere così un freno al turismo.
TASSA DI SOGGIORNO, LE IPOTESI STUDIATE DAL GOVERNO –
Già negli scorsi giorni c’è stato un primo vertice tra i tecnici dei ministeri di Beni culturali ed Economia. Spiega il Corsera come siano ancora diverse le proposte:
«Le ipotesi sul tavolo sono ancora diverse, ma l’obiettivo è chiaro: tirar fuori più soldi da una tassa che finora non ha funzionato. Oggi è applicata in pochi Comuni, 650, neanche uno su dieci. E porta nelle casse dei sindaci 270 milioni di euro l’anno. Briciole in un’epoca di tagli. Un aumento del tetto massimo — oggi fissato a 5 euro per notte a persona, con l’eccezione di Roma che arriva fino a 7 — è tra le ipotesi sul tavolo. Ma ha poche possibilità di riuscita perché già oggi la nostra tassa di soggiorno è molto pesante. A Parigi, solo per fare un esempio, non si va oltre un euro e 50 per notte. Piuttosto si studia un incentivo (fiscale) che spinga verso la tassa di soggiorno anche quelle città che finora hanno detto no. E si pensa di slegare la tassa dal numero di stelle dell’albergo, fissando un importo in percentuale sul costo della camera, come avviene oggi in Olanda».
TASSA DI SOGGIORNO, I NODI –
Senza dimenticare come sia necessario risolvere il nodo dei casi di «evasione» della tassa di soggiorno. Il motivo? Come ricorda il Corsera, in hotel l’imposta si paga separatamente dal conto. E l’albergatore non può obbligare il cliente se non la vuole saldare. Per questo motivo la proposta è quella di recuperare quanto non pagato direttamente dall’hotel, così gli albergatori avrebbero interesse a trasformarsi in “esattori” per conto del Comune:
«Un’idea che piace al ministero dell’Economia ma meno, molto meno, a quello dei Beni culturali. In ogni caso la stretta non servirebbe a compensare i sindaci dai soldi che l’anno prossimo non avranno più da Imu e Tasi sulla prima casa, che il governo ha promesso di abolire. I due piatti sulla bilancia sono troppo diversi. Se la tassa di soggiorno vale 270 milioni di euro, Imu e e Tasi valgono 3,5 miliardi. Pareggiare i conti significherebbe moltiplicare la tassa di soggiorno più di dieci volte. E l’ipotesi non è presa in considerazione nemmeno dal più feroce custode dei conti pubblici. L’idea è trovare altre risorse per le politiche nazionali sul turismo e sulla cultura. Tenendo presente che il presidente del consiglio ha promesso una legge di Stabilità che taglierà le tasse. E difficilmente darà il suo ok politico a qualche segnale che vada in direzione contraria», si legge sul quotidiano diretto da Fontana.