Tassa di soggiorno, il governo studia l’aumento

Tassa di soggiorno,

il governo Renzi sta studiando una stretta sull’imposta che paga chi dorme in albergo. Come spiega Lorenzo Salvia sul Corriere della Sera, i vantaggi economici non sarebbero irrilevanti: aumentare il carico fiscale su chi non vota nel nostro Paese, ovvero i turisti stranieri. Certo, non mancano le resistenze, a partire da sindaci e albergatori. Anche perché il timore è di mettere così un freno al turismo.

TASSA DI SOGGIORNO, LE IPOTESI STUDIATE DAL GOVERNO –

Già negli scorsi giorni c’è stato un primo vertice tra i tecnici dei ministeri di Beni culturali ed Economia. Spiega il Corsera come siano ancora diverse le proposte:

«Le ipotesi sul tavolo sono ancora diverse, ma l’obiettivo è chiaro: tirar fuori più soldi da una tassa che finora non ha funzionato. Oggi è applicata in pochi Comuni, 650, neanche uno su dieci. E porta nelle casse dei sindaci 270 milioni di euro l’anno. Briciole in un’epoca di tagli. Un aumento del tetto massimo — oggi fissato a 5 euro per notte a persona, con l’eccezione di Roma che arriva fino a 7 — è tra le ipotesi sul tavolo. Ma ha poche possibilità di riuscita perché già oggi la nostra tassa di soggiorno è molto pesante. A Parigi, solo per fare un esempio, non si va oltre un euro e 50 per notte. Piuttosto si studia un incentivo (fiscale) che spinga verso la tassa di soggiorno anche quelle città che finora hanno detto no. E si pensa di slegare la tassa dal numero di stelle dell’albergo, fissando un importo in percentuale sul costo della camera, come avviene oggi in Olanda».

TASSA DI SOGGIORNO, I NODI  –

Senza dimenticare come sia necessario risolvere il nodo dei casi di «evasione» della tassa di soggiorno. Il motivo? Come ricorda il Corsera, in hotel l’imposta si paga separatamente dal conto. E l’albergatore non può obbligare il cliente se non la vuole saldare. Per questo motivo la proposta è quella di recuperare quanto non pagato direttamente dall’hotel, così gli albergatori avrebbero interesse a trasformarsi in “esattori” per conto del Comune:

«Un’idea che piace al ministero dell’Economia ma meno, molto meno, a quello dei Beni culturali. In ogni caso la stretta non servirebbe a compensare i sindaci dai soldi che l’anno prossimo non avranno più da Imu e Tasi sulla prima casa, che il governo ha promesso di abolire. I due piatti sulla bilancia sono troppo diversi. Se la tassa di soggiorno vale 270 milioni di euro, Imu e e Tasi valgono 3,5 miliardi. Pareggiare i conti significherebbe moltiplicare la tassa di soggiorno più di dieci volte. E l’ipotesi non è presa in considerazione nemmeno dal più feroce custode dei conti pubblici. L’idea è trovare altre risorse per le politiche nazionali sul turismo e sulla cultura. Tenendo presente che il presidente del consiglio ha promesso una legge di Stabilità che taglierà le tasse. E difficilmente darà il suo ok politico a qualche segnale che vada in direzione contraria», si legge sul quotidiano diretto da Fontana.

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