Terremoto in Irpinia, 35 anni fa l’apocalisse che spezzò 2.914 vite
20/11/2015 di Redazione
Ci sono giorni che non puoi dimenticare. Per i momenti felici che essi sono capaci di rievocare. O per il dolore che fanno riemergere. Per centinaia di migliaia di campani il 23 novembre 1980 è uno di questi ultimi. 35 anni fa, il terremoto in Irpinia, sisma di 90 lunghissimi secondi, faceva tremare la terra sotto i piedi un’intera regione, spezzava la vita di 2.914 persone, ne feriva più di 8mila, lasciava senza un tetto 280mila sfollati. Più che strage, disastro e tragedia, le espressioni più abusate dalla cronaca, fu vera e propria apocalisse. Innanzitutto (e soprattutto) per il drammatico bilancio delle vittime, ma anche per tutto quello che nel giro di poco la maledetta scossa (e tutte quelle che seguirono nei giorni, settimane e mesi successivi) avrebbe rappresentato.
TERREMOTO IN IRPINIA, 362MILA CASE DISTRUTTE –
Il terremoto in Irpinia mentre uccideva 2.914 persone, seppelliva anche la speranza di bambini e giovani spensierati, seminava dolore, incideva ferite profonde che non si sarebbero mai più cicatrizzate perché mai si sarebbe colmato il vuoto degli affetti perduti, colpiva un patrimonio storico e culturale, metteva in ginocchio un’economia. Alcuni numeri, 35 anni dopo, aiutano a ricordarci l’entità dell’accaduto. Furono 687 i comuni colpiti, 131 dei quali in Basilicata e 14 Puglia. Di questi 37 furono disastrati e 314 gravemente danneggiati. Furono 6 milioni le persone coinvolte, 362mila le abitazioni distrutte.
TERREMOTO IN IRPINIA, NIENTE ALLARME E NIENTE SOCCORSI –
Scenario apocalittico, dicevamo, reso tale anche dai drammi nel dramma. Come la mancanza di comunicazione e soccorsi adeguati nei giorni immediatamente successivi alla scossa. L’interruzione delle comunicazioni impedì di lanciare l’allarme e non fu subito chiaro quanto numerose fossero le vittime e quanto gravi i danni. Solo il giorno dopo il terremoto, grazie ad un sopralluogo in elicottero, emerse la reale entità del terremoto. I mezzi di soccorso, intano, ebbero difficoltà, per il pessimo stato delle infrastrutture, a raggiungere molte zone dell’entroterra. Mancava un’organizzazione in grado di coordinare gli uomini e le risorse impegnate. Una prima pagina del quotidiano Il Mattino entrava nella memoria collettiva. «Fate presto», l’appello del giornale.
(Foto di copertina da archivio Ansa)