Thohir vuole vendere l’Inter. Ma chi vuole comprarla?
25/02/2016 di Boris Sollazzo
La bomba è della Gazzetta dello Sport. “Inter Vendesi”. A tutta pagina. E sì, è vero, smorzata da un dubitativo “Thohir ci pensa”. Perché non ci sono compratori all’orizzonte, questa è la verità. L’indonesiano ha rivoluzionato il management, ha incassato una figuraccia per interposta persona (il caso Etihad e dei finti sceicchi), un accordo al ribasso con la Pirelli (45 milioni in 5 anni). Ha prestato, con un tasso piuttosto conveniente – ma anche difficilmente sostenibile – 108 milioni alla società, altri 75 li ha messi nell’aumento di capitale che gli ha fatto acquisire il 70% della Beneamata.
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Ora il gioco si fa duro. Iaria e Taidelli sulla Gazzetta parlano di “stop loss”, di interruzione delle perdite. Champions lontana, fair play finanziario Uefa che morde sul bilancio, un mercato fatto con dei “pagherò” piuttosto oneroso (e non si sarà sempre fortunati come accaduto con Shaqiri), quel 30% di Massimo Moratti che, se è vero che ha confermato di non voler sfruttare l’opzione di vendere al socio la sua quota di minoranza – anzi, gli inviti a Mourinho e Ronaldo sembrano indicare un rinnovato impegno nella società nerazzurra -, comunque rappresenta, fino alla rinuncia ufficiale, una spada di Damocle da altri 30 milioni di euro. Da aggiungersi ai 14 che pretenderebbe l’Uefa, di multa, nel caso in cui il deficit della stagione dovesse superare i 30 milioni (per ora, nelle previsioni, si viaggia sui 50). E tornando al prestito, rimanendo presidente, Erick Thohir, quei 100 milioni e rotti dovrà convertirli parzialmente e totalmente in conto capitale. Insomma, il nostro, in neanche tre anni rischia di aver fatto un buco di più di 200 milioni, senza prospettive di invertire la tendenza. E allora ecco che filtra la voce, smentita dall’interno (ma come potrebbe essere altrimenti), che il mandato a Goldman Sachs non sia (solo) quello di cercare un socio di minoranza, che come Moratti dovrebbe investire molto per contare quasi nulla – e di mecenati nel calcio come l’ex presidente ormai non ce ne sono più -, o investitori, magari in quella Cina che conta “180 milioni di tifosi” (una sessantina in meno dei milanisti, a sentire Berlusconi), ma di offrire anche la quota di controllo dell’indonesiano stesso.
Che tra basket e soccer ha diverse franchigie, ma che non ha forse le spalle abbastanza larghe per sostenere un rischio così grande e prolungato, senza quei ricavi incrementali che si sarebbe aspettato di incassare già ora. Ha scoperto, a sue spese, che il calcio italiano è un oggetto, sportivo ed economico, piuttosto complesso. Naturalmente per ora è solo un’ipotesi. Thohir ancora crede di poter cambiare le cose e non è mai stato così attivo nell’Inter, forse capendo che proprio i suoi dirigenti, a cui ha delegato molto, hanno deluso. A Firenze ha affrontato la sua prima trasferta, mercoledì era con Bolingbroke a Londra, all’Emirates, per intrecciare rapporti commerciali e strategici con l’Arsenal e probabilmente anche con il Barcellona. Oggi Giovanni Gardini, che arriva dal Verona, diventerà il nuovo direttore generale, nel pomeriggio il presidente incontrerà Barbara Berlusconi per parlare del Meazza (altro investimento consistente all’orizzonte). E quindi Thohir può vendere. E probabilmente vuole vendere. Ma il suo problema è che non ci sono compratori. A chi potrebbe interessare un marchio che non si è ripreso neanche con le sue tante mosse di marketing e su cui pesano così tante incognite? Forse solo un amico di un vecchio amico. Ovvero la ChemChina, ora proprietaria di Pirelli, storico sponsor dell’Inter moderna. Forse.
Photocredit copertina AP Photo/Antonio Calanni