Ti faccio vedere da vicino come è messa (male) Pompei
26/03/2014 di Donato De Sena
Visitare gli scavi di Pompei oggi può significare cose molto diverse, anzi, opposte. Può significare immergersi in un mondo così lontano quanto affascinante e, nel tempo stesso, provare amarezza per la scoperta di un prezioso patrimonio archeologico che patisce la cattiva conservazione, l’assenza di manutenzione o il mancato restauro. Può significare quindi fermarsi a guardare incantati i resti della vita romana mentre il tempo inesorabilmente quegli stessi resti corrode. E può significare, ancora, scoprire che chi lavora per evitare quell’incuria e quel degrado fa sempre più fatica a svolgere il proprio lavoro anche quando ci sono tutti presupposti per riuscirci: quando ci sono, cioè, le buone intenzioni e perfino i soldi.
I 105 MILIONI MAI SPESI – La storia degli scavi di Pompei oggi è anche questo, è la storia di ponteggi, lucchetti, reti metalliche e transenne che segnano il perimetro di piccole e grandi aree invalicabili. Di case, strade e intere regioni che diventano inaccessibili a causa di lavori in corso, ma più spesso, e più semplicemente, restano in attesa di lavori pianificati e mai appaltati o mai cominciati, o restano in attesa di qualcuno che da qualche parte decida per la loro messa in sicurezza. Basta una camminata di pochi minuti per capire. Ci si può accorgere, per fare un esempio, che lungo la via di Mercurio un cantiere è aperto alla casa dell’Ancora, ma sulla tabella dei lavori in corso alla voce ‘fine lavori’ viene indicata una data del 2012. Così come ci si può accorgere che, pochi metri più in là, due colonne sono avvolte in un’impalcatura. E che la casa della Fontana Piccola, anch’essa poco distante, è chiusa e accoglie i turisti all’ingresso con un cartello che (senza fornire particolari dettagli) annuncia lavori da realizzare nell’ambito del Grande Progetto Pompei. Già, il Grande Progetto Pompei, l’ambizioso piano annunciato nel 2011 che, grazie ad uno stanziamento di 105 milioni di euro di fondi europei e nazionali, avrebbe dovuto mettere in sicurezza, consolidare e restaurare buona parte del sito archeologico entro la fine del 2015 e che in realtà si avvia verso un sostanziale fallimento. A 21 mesi dalla scadenza inizialmente fissata un solo cantiere è stato consegnato, quello alla Casa del Criptoportico, lungo via dell’Abbondanza. Altri lavori si presume termineranno in tempo, come alla casa dei Dioscuri e alla casa di Sirico. Altri, chissà.
LA CAMMINATA TRA TRANSENNE E LUCCHETTI – La visita, dicevamo. La via di Mercurio regala altre case inaccessibili e prive dell’indicazione di cantiere aperto. Della casa di Apollo, della casa di Meleagro e della casa del Centauro è infatti possibile notare i resti solo dall’esterno di un cancello chiuso con un lucchetto. Non sono gli unici casi. Lo scenario non cambia, per fare un altro esempio, percorrendo il vicolo di Mercurio, dove si scoprono diverse transenne di legno che indicano ancora divieti d’accesso. All’inizio della via Consolare, ancora più in là, un altro ponteggio sorregge una porzione di muro. Qualcosa di simile si nota anche più avanti, in prossimità della villa detta di Cicerone, che si trova vicino alla villa di Diomede, altro luogo inaccessibile, dall’esterno del quale è possibile notare una copertura metallica. Luoghi inaccessibili, dunque, esattamente come la casa dei Vettii chiusa da oltre un decennio e che secondo i piani sarebbe dovuta essere aperta almeno 6 anni fa, e inaccessibile come molte strade che incrociano via Stabiana. Inaccessibili come la casa di Lucrezio e le Terme in via di Nola. Ma non solo. S’interrompe pure via dell’Abbondanza, e i lucchetti impediscono ancora l’ingresso ai giardini del vicolo della Nave Europa.
LA VECCHIA PROMESSA – Mezza Pompei sembra ferma, come nove mesi fa, ai tempi della precedente camminata. Incontriamo oggi gli stessi ponteggi di allora, gli stessi lucchetti, le stesse reti metalliche e le stesse transenne. Ma c’è una differenza sostanziale, stavolta. Manca anche la speranza. O almeno, a voler essere ottimisti, la speranza è fortemente diminuita rispetto ad allora. Lo scorso mese di giugno la dottoressa Grete Stefani, direttrice degli Scavi, ci spiegava: il Grande Progetto Pompei porterà la situazione «sotto controllo», «i ritardi sono falsi ritardi», «sono stati programmati tutti i lavori», sono stati aperti «anche altri cantieri con fondi ordinari della Soprintendenza». C’erano le buone prospettive e i soldi, insomma. Probabilmente ci sono e ci saranno ancora per un po’. Ma nel frattempo i crolli delle mura sono continuati inesorabili come il tempo. Se ne contano circa 30 negli ultimi 5 anni e rappresentano il miglior segnale dell’emergenza. Un segnale che certamente non può essere sminuito obiettando che a volte i crolli si sono verificati in zone già inaccessibili o in aree nelle quali non erano programmati interventi, né ordinari né straordinari.
Pompei vista da vicino: la fotogallery
L’ENNESIMO RINVIO – La camminata agli scavi di Pompei conferma quella emergenza e conferma tutto quanto già tristemente emerso sulle pagine di cronaca delle ultime settimane. Dei 105 milioni del Grande Progetto meno di 10 sono stati investiti nei 5 cantieri aperti. E circa 20 saranno investiti invece per 7 lavori per i quali le gare sono concluse. Una decina di bandi infine risultano giacenti. La differenza tra il potenziale investimento e le risorse realmente utilizzate è quindi abissale e rappresenta un vero e proprio paradosso nell’Italia che piange la crisi e prega per mantenere in ordine il bilancio pubblico senza tagliare i servizi essenziali o compromettere i suoi tesori. Ai primi di marzo l’ennesimo tavolo di confronto al Ministero della Cultura ha garantito per l’uscita dall’emergenza di Pompei un nuovo piano, da mettere a punto entro l’estate. La politica fa sapere che nel caso di mancato utilizzo di tutti i fondi del Grande Progetto (la cui quota di finanziamento con fondi regionali Ue è salita nel frattempo da 42 a 74 milioni), si farebbe spazio l’ipotesi di ricorso ai fondi europei della programmazione 2014-2020. È previsto, insomma, dal 2014 un nuovo inizio. Proprio come quello annunciato in seguito ai crolli di fine 2010, quando il ministro Sandro Bondi fu travolto dalle polemiche e costretto alle dimissioni. Come quello annunciato con l’avvio del Grande Progetto. E come quello dell’agosto scorso, quando è stato approvato il decreto legge Valore Cultura voluto dal ministro Massimo Bray. La roulette si fermerà?