“Il Trio delle cicciotelle sfiora il miracolo olimpico”. Il titolo del Resto del Carlino, de La Nazione e de Il Giorno che indigna tutti

08/08/2016 di Boris Sollazzo

IL TRIO DELLE CICCIOTELLE, IL RESTO DEL CARLINO –

C’è da sperare in uno scherzo trasformato in un’assurda distrazione, sul modello di quel celebre epic fail di “Leggo” sul “Pezzone sulla Rubentus” mitico titolo entrato nella storia del giornalismo. Il problema è che qui, a quanto pare, l’hanno pensato il titolo e si sono sentiti anche ironici e brillanti. Aprendo “Il Resto del Carlino” e probabilmente le altre testate del Quotidiano Nazionale (stiamo verificando, ma il servizio che si occupa delle Olimpiadi è lo stesso), oggi molti lettori si sono trovati davanti a una brutta sorpresa. A un titolo assurdo, dedicato a nostre atlete di grande valore – le ragazze del tiro con l’arco Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia sconfitte 5-3 da Taipei nella finalina per il bronzo – che vengono definite “tre cicciotelle”. Non campionesse, tiratrici, appunto atlete o olimpioniche. Non eroine sportive che sfiorano un’impresa. No, vengono giudicate per il loro aspetto fisico, con offensiva e maschilista superficialità.

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Ne è uscito questo obbrobrio:

Nessuna scusa ufficiale, anzi. E dire che se ne sono accorti, se è vero che nelle edizioni digitali ora c’è un pezzo sul ciclismo al posto dell’articolo incriminato. O forse è una casualità. Fatto sta che de Il Giorno e Il Resto del Carlino abbiamo la prova cartacea dell’errore, sparita per miracolo su quella digitale, appunto.

Andando a cercare nel sito di QS (Quotidiano Sporivo), la testata sportiva del gruppo QN (Quotidiano Nazionale) capiamo che deve essere proprio uno stile se è vero che nell’editoriale del direttore Giuspeppe Tassi il finale è questa pennellata qui:

Per finire con la medaglia di cartone delle ragazze dell’arco. Non hanno il fisico da indossatrici, portano goffi occhiali ma da 70 metri centrano il bersaglio. E il cuore degli italiani

Più sfumato, certo, di quel vergognoso “cicciottelle”, che non a caso è sparito dalle edizioni digitali, ma altrettanto fastidioso. Definire dei talenti straordinari ma soprattutto degli esseri umani da rispettare, con il loro aspetto fisico, è ripugnante. Non solo professionalmente, ma proprio come base dell’educazione basilare dei singoli. E che siano donne a subire questo trattamento, è ancora più fastidioso: ovviamente a Galiazzo, non certo snello (a quello sport serve precisione, concentrazione e freddezza, tutte doti che certo mancano ai titolisti di QN), non è stato riservato, per dire, lo stesso trattamento.

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In un momento come questo, in cui la figura femminile è sotto attacco fisico e sociale, in cui la ferocia dei femminicidi, le discriminazioni lavorative, la disparità tra i sessi subisce una nuova e pesante divaricazione, è vergognoso, deontologicamente e umanamente, cadere in questi incidenti. Anzi, non vanno definiti “incidenti” perché in questo titolo c’è un grado di consapevolezza e di convinzione (dimostrato appunto dall’editoriale citato) che è ancora più preoccupante.

Cosa direbbero i giornalisti di QN, che per ora non prendono posizioni ufficiali, se le loro figlie, mogli, nipoti o sorelle fossero definite cicciottelle nel giudizio dell’esercizio del loro lavoro? Cosa direbbero le giornaliste di QN se una caporedattrice fosse definita in riunione di redazione sovrappeso, magari avvicinando questa definizione ai complimenti per un buon risultato? Anzi, niente paternalismi, per non ricadere nello stesso comportamento sbagliato: cosa direbbe chiunque se fosse aggettivato in questa maniera da chi invece dovrebbe valutarne risultati e comportamento con competenza, professionalità e obiettività, indipendentemente dal sesso e dal genere?

Ci sono giorni in cui ci si vergogna di far parte di una categoria lavorativa. Ecco, oggi è uno di questi. Perché troviamo un titolo così ma anche perché, corporativamente, nessuno si indigna, nessuno attacca i colleghi. Se non il web e i social.

Tutti pronti a sottolineare la gaffe del Gasparri di turno, magari, dell’assessore o del politico, nessuno che attacca uno che fa il suo stesso lavoro.

E’ un errore. Per continuare a essere credibili, per fare meglio questo lavoro così importante e sempre più screditato proprio da questi comportamenti, il livello di critica e autocritica deve essere superiore a quelli di altri mestieri.

Non è vietato sbagliare, come dimostra la coraggiosa e intelligente direttrice di Donna Moderna Annalisa Monfreda che dopo un sondaggio social decisamente indelicato su vacanze e terrorismo scrisse un editoriale in cui riconosceva lo sbaglio e vi rifletteva su.

È vietato far finta di nulla. Una società migliore nasce anche da un giornalismo migliore, non dimentichiamolo mai. Non siamo solo i cani da guardia del potere, siamo anche i custodi delle parole – che Nanni Moretti ci ha ricordato in Palombella Rossa quanto siano importanti – e spesso anche della costruzione di una coscienza critica, civica e di una visione del mondo di molti lettori.

P.S.: Alle 17, con uno status su Facebook firmato da Giuseppe Tassi, direttore di QS, dall’account de Il Resto del Carlino ha spiegato la sua posizione. Senza di fatto scusarsi e anzi dicendo che “l’intento di partenza non era né derisorio né discriminante”. Ma a giudicare dall’inequivocabilità e dell’impossibilità di interpretazione del titolo stesso (è chiarissimo quanto sia derisorio e offensivo, non c’è possibilità di fraintendimenti), chiediamo al direttore quale fosse “l’intento di partenza” di quel titolo. Perché è evidente che se c’è (e non c’è), è noto soltanto a lui.

Trio cicciottelle titolo

 

Al Direttore del Resto del Carlino ha scritto il presidente della Federazione tiro con l’arco. Una lettera molto dura, nella quale si chiedono le scuse per le nostre atlete. La lettera è stata pubblicata sul sito della federazione con questa premessa

Per opportuna conoscenza, pubblichiamo la lettera del Presidente FITARCO Mario Scarzella indirizzata al Direttore de Il Resto del Carlino Giuseppe Tassi in seguito al titolo apparso oggi sul quotidiano (“Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”) rivolto alle arciere azzurre Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia, che nella giornata di ieri hanno concluso la gara a squadre ai Giochi Olimpici di Rio con il 4° posto.

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Caro Direttore,
questa mattina da Rio de Janeiro siamo rimasti basiti nel leggere su Il Resto del Carlino il titolo che recitava “Il trio delle ciocciottelle…” – a nostro avviso a dir poco irriguardoso – rivolto alle nostre atlete Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia.

Se Il Resto del Carlino fosse una rivista scandalistica non avremmo nulla da dire, ma focalizzare l’attenzione sull’aspetto fisico di queste ragazze su un quotidiano, che scandalistico non dovrebbe essere considerata la sua lunga e prestigiosa storia, è stato davvero di cattivo gusto.

Ci chiediamo in effetti se si possa definire giornalismo serio un titolo come questo, soprattutto in un giorno difficilissimo per delle giovani ragazze all’esordio Olimpico, che hanno lavorato per quattro anni nel silenzio dei media per vivere una delle delusioni più cocenti della loro vita, sia personale che sportiva.

Una sconfitta – che tale non è, perché il 4° posto a squadre nel femminile resta il miglior risultato del tiro con l’arco italiano nella storia dei Giochi Olimpici – che purtroppo le segnerà per tutta la vita, ben sapendo che non c’è nessuna certezza per loro di poter godere di una seconda opportunità per riscattarsi.

Eppure Guendalina, Lucilla e Claudia, nella quasi totale indifferenza dei media italiani – e tra questi c’è anche il Suo quotidiano che non ci sembra abbia mai approfondito la conoscenza del tiro con l’arco e del ruolo che l’Italia ricopre in seno al panorama internazionale – si sono guadagnate con la forza del lavoro giornaliero l’opportunità di scrivere il loro nome nella storia dello sport italiano.

Per poterlo fare hanno fatto dei sacrifici che probabilmente nemmeno immagina, rinunciando a gran parte delle cose che le loro coetanee considerano normalità.

Per 4 anni hanno lavorato sodo per tenere alto l’onore italiano in occasione dei Giochi Olimpici. Quella di ieri è stata per l’Italia femminile una vera impresa e ridurre il tutto con un titolo che le definisce delle semplici “cicciottelle” lo consideriamo davvero di cattivo gusto.

Dopo le lacrime che queste ragazze hanno versato per tutta la notte, questa mattina, invece di trovare il sostengo della stampa italiana per un’impresa sfiorata, hanno dovuto subire anche questa umiliazione.

Gli arcieri italiani sono in rivolta e noi ci sentiamo di giustificare la loro rabbia.

A nostro avviso sarebbe giusto ripensare a quel titolo e, forse, rivolgere delle scuse alle nostre ragazze.

MARIO SCARZELLA
Presidente Federazione Italiana Tiro con l’Arco

—Update—

Con una nota Andrea Riffeser Monti si scusa con le atlete olimpiche del tiro con l’arco e con i lettori rimuovendo dall’incarico di direttore del QS Giuseppe Tassi

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