Tutte le nomine del governo Renzi nei colossi di Stato

Una rivoluzione a metà. Dopo giorni di trattativa, il governo Renzi ha rinnovato le cariche di quasi tutti i colossi di Stato. La discontinuità è rappresentata dalla fine dell’era di Paolo Scaroni e Fulvio Conti, alla guida di Eni e Enel dal 2005. Il presidente del Consiglio ha evitato conferme nelle nomine per le società controllate dal Tesoro, se si esclude la presidenza di Finmeccanica affidata nuovamente a Gianni De Gennaro, affiancato in qualità di amministratore delegato dall’ex ad di Fs Mauro Moretti. Ma la carta mediatica utilizzata dall’esecutivo è la presenza massiccia delle donne. Per la prima volta quattro presidenze femminili: da Emma Marcegaglia all’Eni, a Luisa Todini alle Poste, passando per Patrizia Grieco all’Enel e Catia Bastioli diretta verso Terna, cambierà il volto delle ex partecipazioni statali. Non pochi quotidiani sottolineano però come non avranno però potere effettivo: come amministratori delegati l’esecutivo ha scelto invece Paolo Descaldi all’Eni, Francesco Starace all’Enel, Francesco Caio alle Poste.

Nomine aziende pubbliche Renzi 2

Il governo ha riciclato Mauro Moretti – dopo le polemiche sugli stipendi – e l’ex di Confindustria Emma Marcegaglia. Il rischio è che la scelta rappresenti un’ombra pesante sulla svolta tentata con il siluramento degli ex top manager. Tanto che il Fatto ha ribattezzato le due nomine come «i peccati del renzismo». Ma non solo: per il quotidiano diretto da Antonio Padellaro l’operazione nomine è stata fatta seguendo il solito meccanismo del manuale Cencelli. Mentre è Libero a criticare il premier per aver inserito dirigenti considerati a lui vicini nei consigli d’amministrazione:  «Da Alberto Bianchi in Enel, amico del premier e avvocato di Carrai, a Diva Morani (Eni), da Fabrizio Landi (Finmeccanica) fino ad Antonio Campo dall’Orto (Poste) i renziani occupano pure i colossi di Stato», ha attaccato il quotidiano.

FINITA L’ERA DI SCARONI, CONTI E SARMI –  Gli addii più rilevanti dai vertici delle aziende di Stato sono quelli di Conti e Scaroni, da nove anni alla guida di Enel ed Eni. Così come quello di Massimo Sarmi dalle Poste. Scelte che hanno infastidito Silvio Berlusconi, che ha poi incontrato lo stesso presidente del Consiglio, subito dopo le nomine: «Come vi è venuto in mente di rimuovere Scaroni dall’Eni e Sarmi dalle Poste?», avrebbe replicato il leader di Forza Italia. Ma l’esecutivo ha voluto lanciare un segno di discontinuità, soprattutto per la forte presenza femminile. Così come per l’indicazione sul tetto agli stipendi:  «I presidenti non guadagneranno più di 238mila euro, spero che possa diventare la regola», ha spiegato il sottosegretario Graziano Delrio. Eppure non mancano le critiche, soprattutto per quanto riguarda il “recupero” di Moretti e Marcegaglia. Ma non solo: se il premier, nonostante le resistenze, non ha confermato Scaroni, la promozione di Claudio Descalzi – collaborato fedele dell’amministratore delegato uscente – viene considerata dai maggiori quotidiani in perfetta continuità. La carta Marcegaglia, invece, sembra rispondere all’esigenza di non infastidire il settore imprenditoriale, considerate le diverse critiche e “punzecchiature” arrivate all’esecutivo dagli industriali. Con Giorgio Squinzi in testa. Non proprio nuovo nemmeno il nome di Francesco Starace. La Stampa ha poi esaminato le altre nomine, tra ad e presidenti:

«Anche Mauro Moretti, indicato come nuovo ad di Finmeccanica, insieme con tutte le attività nell’aerospazio e nel settore militare, continuerà a lavorare sul trasporto ferroviario: questa volta sul fronte dei mezzi e della rete. Sembrava marchiato dalle polemiche sul suo stipendio (non accettava ribassi), nel nuovo ruolo sarà libero dal tetto: per l’ad delle quotate la regola dei 238 mila euro annui non vale. Più nuovo rispetto all’ambiente in cui dovrà muoversi il tandem chiamato a guidare le Poste: il nuovo ad Francesco Caio (l’ha spuntata su Monica Mondardini, numero uno dell’Espresso) ha dalla sua l’esperienza della stesura dell’Agenda digitale. La presidente Luisa Todini non mancherà di suscitare polemiche per il suo passato politico: imprenditrice di capacità indubbie, nel 1994 è stata eletta parlamentare europeo nelle liste di Forza Italia»

Se Mauro Moretti aveva polemizzato con Renzi per la questione degli stipendi, adesso, dopo il trasloco a Finmeccanica, non dovrà litigare per quanto riguarda gli introiti percepiti, né sopportare tetti sgraditi.

DONNE E CENCELLI – Le donne nominate dall’esecutivo Renzi non avranno però incarichi operativi. Una rappresentanza senza potere. E non mancano le critiche per aver utilizzato il vecchio meccanismo democristiano del Cencelli. Sul Fatto è Salvatore Cannavò ad attaccare: «Le quattro donne non sfuggono a questo criterio. Emma Marcegaglia , con la presidenza dell’Eni ritorna in auge dopo la parentesi confindustriale in cui alternò una prima fase in sintonia con il governo Berlusconi per poi mettersi alla testa dell’operazione Monti. La sua permanenza sulla scena pubblica dura da così tanto tempo che non sfigura al confronto dei grandi burocrati della politica». E c’è poi Luisa Todini, considerata in quota berlusconiana nel Cda Rai. Patrizia Grieco presiederà invece l’Enel dopo aver amministrato l’Olivetti, dopo essere stata presenti in molti board di società e istituzioni benefiche, come “Save the Children”. Diretta verso Terna è poi Carla Bastioli, già amministratore delegato di Novamont, «azienda novarese leader nella produzione di chimica e plastica “verde” che ha portato a traguardi rilevanti», ha ricordato il Fatto.

I CDA CONTROVERSI – Ma sono anche le secondo linee a far discutere, dopo l’analisi dei consigli d’amministrazione. “Sbarcano” diversi nomi considerati vicini al segretario del Partito democratico. Qualche esempio? Da Alberto Bianchi all’Enel, presidente della fondazione Big Bang, simbolo dell’ascesa renziana, passando per la nomina di Fabrizio Pagani – vicino a Letta e Padoan – all’Eni, tra i diversi citati dal quotidiano diretto da Antonio Padellaro. C’è anche Luigi Zingales, economista di Chicago, tra gli ospiti della prima Leopolda renziana. Anche Libero ha attaccato il presidente del Consiglio, con altri “renziani” o personaggi vicini al presidente del Consiglio svelati da Franco Bechis:

«Nel cda di Finmeccanica figura pure Fabrizio Landi. Lui è un manager che per lunghi anni è stato amministratore delegato del gruppo Esaote. Poco più di un anno fa decise di darsi alla politica, e affiancò proprio Renzi nella sua prima corsa alle primarie. Disse di Matteo: «Mi ha insegnato che si può sempre rimettersi in gioco ».E in effetti Renzi ora l’ha rimesso nel gioco di Finmeccanica. Quarta grande società di Stato rinnovata ieri, quarto renzino entrato in consiglio di amministrazione: Antonio Campo dall’ Orto, manager televisivo che approdò alla Leopolda fin dai primi passi dell’avventura politica dell’allora sindaco di Firenze. Nel cda delle Poste c’è anche un’ altra conoscenza del premier, che è riuscita ad arrivare lì pur senza finanziare la sua fondazione o partecipare alle varie primarie. Si tratta di Elisabetta Fabbri, che ha conosciuto Renzi e lavorato a lungo con lui dopo che fu nominata da Sandro Bondi commissario degli Uffizi. Alla presidenza di Terna arriva Catia Bastioli, già manager di Novamont, ma anche assidua frequentatrice (ed oratrice nel 2011) delle convention alla Leopolda»

Per la serie, un mix di rinnovamento, ripescati e fedelissimi tra le nomine decise dall’esecutivo. Senza contare le polemiche per le liquidazioni: come ha spiegato l’Espresso, sommando tutte le buonuscite spettanti ai manager silurati (con anni di carriera alle spalle) si arriva alla cifra di 25 milioni di euro.

 

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