Tutti i soldi che gli italiani rischiano nella guerra di Crimea

Sandro Iacometti su Libero di oggi ci racconta quali sono gli interessi più grandi delle imprese italiane in Ucraina, ovvero quelli a rischio dopo la tensione tra Russia e Kiev:

In effetti, nel 2013 la pipeline che, passando per l’Ucraina, porta il combustibile dalla Russia fino al rubinetto del Tarvisio ha trasportato il 43% dei consumi di gas del nostro Paese, pari a 29,5 miliardi di metri cubi. Malgrado i numeri imponenti, però, la minaccia che potrebbe arrivare dai tubi sembra allo stato assai modesta. Per ora i flussi sono regolari, ma anche nel caso dello scenario peggiore, un blocco totale delle forniture, l’ad dell’Eni, Paolo Scaroni ha spiegato che almeno fino all’estate non ci sarà alcun problema. Anche perché gli stoccaggi, causa crisi, sono ancora pieni al 45%.

Poi ci sono l’import-export e le infrastrutture, in cui Buzzi-Unicem la fa da padrona. Ma il problema, come sempre, sono le banche:

In prima fila c’è Unicredit, ieri crollata in Borsa del 6,16%, che, attraverso le due controllate riunite in Pjsc Unicredit Bank (435 sportelli, 1 milione di clienti retail e 6.300 corporate), gestisce asset per circa 3,84 miliardi. L’isti – tuto di credito ha chiuso le filiali aSinferopoli e ha limitato i prelievi bancomat in tutto il paese a 1.500 grivnie (112 euro). Meno delicata la posizione di Intesa (scesa comunque del 4,01%), che a gennaio ha ceduto il 100% della banca Pravex Bank all’oligarca Dmytro Firtash, tra i principali finanziatori di Yanukovich

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