Uscire dall’euro, tutte le bufale: la benzina e le materie prime
21/01/2014 di Alessandro Guerani
Ogni discussione seria sull’euro e sulle prospettive di tornare a valute nazionali è quasi sempre sabotata da un personaggio che possiede la sua triste comicità: il materiaprimista. Costui parte affermando che la benzina costerà 7 volte tanto che come faremo a comprare le materie prime con la nostra liretta svalutata che poi l’inflazione e quindi il caos, l’alluvione, le pestilenze, le cavallette e via in uno scenario che al confronto l’Apocalisse di San Giovanni sembra una commedia hollywoodiana con happy ending.
USCIRE DALL’EURO, TUTTE LE BUFALE – Partiamo da un fatto di base: l’Italia, come ricorda pure Carlo M. Cipolla, è un paese con scarsissime materie prime, tranne che il marmo, ed è quindi OBBLIGATO da una parte a importarle dall’altra a produrre con esse beni di maggiore valore che è OBBLIGATO ad esportare almeno per pagare le importazioni. È sempre stato così e sempre sarà così. Logica vorrebbe quindi che la nostra principale preoccupazione dovrebbe essere per prima cosa VENDERE all’estero i nostri prodotti perché comunque, a meno di non voler vivere all’agghiaccio e con poca elettricità, una parte di importazioni le dovremmo sempre fare. Ma invece no, quando si parla di eventuali futuri rapporti di cambio, il materiaprimista vede solo la svalutazione della moneta come la calamità che farà fallire l’industria e ci farà andare a piedi, come se l’Italia facesse da semplice broker di commodities o che nel prezzo di un auto o di un qualsiasi altro bene italiano il costo delle materie prime fosse prossimo al 100% del suo valore.
LA BENZINA E LE MATERIE PRIME – La realtà è ovviamente ben diversa, ed in buona parte verificabile senza danno alcuno anche osservando la situazione odierna con l’euro. Infatti il buon euro non è mai stata una valuta particolarmente stabile rispetto al dollaro USA e, come sapete e se non lo sapete ve lo dico io, le materie prime sono quotate e si comprano principalmente in dollari USA. Qua ad esempio vediamo il valore dell’euro rispetto al dollaro USA dal momento della sua introduzione sui mercati finanziari (1 gennaio 1999)
Come vedete appena introdotto aveva un cambio di 1,2 contro il $ ma ben presto scese fino a quasi toccare 0,8 nel gennaio 2001. Da lì partì una ascesa fino ai massimi di 1,6 nel 2008, momento in cui, se i materiaprimisti avessero ragione, avremmo dovuto avere la benzina scorrere nei rubinetti di casa da quanto costava poco, rubinetti a loro volta placcati in oro stante il basso costo pure di quest’altra commodity. Dite la verità, non siete diventati tutti ricchi del doppio dal 2001 al 2008? Come no? Eppure i magnifici difensori del proletariato e del consumatore ogni volta ci dicono che se svalutiamo diventiamo tutti poveri, l’operaio si immiserisce, la vedova si dispera e l’orfano digiuna, quindi se al contrario rivalutiamo del 100% rispetto alla valuta con cui compriamo le materie prime saremmo dovuto essere più ricchi del Sultano del Brunei.
USCIRE DALL’EURO: YOUR ARGUMENT IS INVALID – Giustamente qualcuno un po’ più raziocinante di questi ridicoli cantori di sciagura potrebbe far notare che anche le materie prime hanno dei prezzi che oscillano e che quindi quanto magari “risparmiato” sul cambio lo paghiamo in più perché è il prezzo delle commodities che sale. E qui in parte ci azzeccherebbero perché è vero che molte commodities durante gli anni 2000 hanno avuto una rapida crescita dei prezzi, vediamo gli esempi del petrolio grezzo, dell’alluminio del rame e del cotone. Ma notate pure un’altra cosa? Vedete come i prezzi siano molto più volatili e oscillino per percentuali molto maggiori che la pur notevole escursione di cambio fra l’euro ed il dollaro? E non esattamente tutti con gli stessi andamenti, anche se in gran parte legati al ciclo economico (cioè più si produce, più c’è domanda e più costano)?
Questo in poche parole vuol dire che una svalutazione di un 20-30% su mercati abituati a variazioni di prezzo del 100-200% non produrrebbe nessun cataclisma. Se un’azienda fosse così folle da affidarsi alla stabilità del prezzo delle materie prime, che hanno oscillazioni di tale portata sui mercati, sarebbe già fallita e morta da tempo immemore. E che nel prezzo della benzina al distributore, quindi non certo un bene ad alto valore aggiunto, la componente legata al costo della materia prima è di circa il 30%, quindi se svalutassimo del 20% contro il dollaro la variazione di prezzo sarebbe il 20% del 30% cioè il 6% non 7 volte, cioè il 600% come dicono certi materiaprimisti del Sole 24Ore. Purtroppo a ben altre variazioni ci siamo dovuti abituare negli anni.
(1 – continua)