Uscire dall’euro, tutte le bufale: la moneta complementare
17/03/2014 di Alessandro Guerani
Nella discussione oramai diffusa sugli aspetti negativi causati dall’Euro, e dalla sua gestione economica e politica, uno degli argomenti che spesso salta fuori fra quanti cercano di “aggiustare” le cose è il ricorso temporaneo alla moneta complementare, vista come soluzione tampone alla mancanza di liquidità del sistema economico italiano ed al conseguente calo della domanda.
USCIRE DALL’EURO: LA MONETA COMPLEMENTARE – Ma cosa è la moneta complementare? Non è altro che un mezzo di pagamento che circola affiancando la moneta legale e, a differenza di quest’ultima, non viene accettata in quanto capace di solvere legalmente le obbligazioni, ma bensì liberamente accettabile fra le parti, e quindi anche passibile di essere rifiutata. Un esempio pratico di “moneta complementare” la hanno in tasca tantissime persone: il classico buono pasto: un pezzo di carta che alcuni accettano per il valore che c’è stampato sopra ed in cambio danno beni e servizi corrispondenti, poi quelli che lo hanno accettato o lo scambieranno a loro volta o ne chiederanno la conversione in moneta legale.
Uscire dall’euro, tutte le bufale: la moneta complementare fonte foto
LA CONVERSIONE IN MONETA LEGALE – E qui come capite inizia il primo problema, chi garantisce la conversione in moneta legale della moneta complementare? In teoria finché c’è qualcuno che la accetta in cambio uno potrebbe anche non chiederne la conversione e usarla come “riserva di valore”, uno dei tre usi della moneta (come abbiamo già detto altrove sono: mezzo di pagamento, riserva di valore e unità di conto). Ma se solo pochi la accettano e non c’è un “garante finale”, alla fine sicuramente si comporterebbe come qualsiasi bene sottoposto alle leggi della domanda e dell’offerta e quindi se tanti ne offrono e pochi la chiedono, ben presto si svaluterebbe rispetto alla moneta legale.
ASSEGNO E MONETA – Fino a qui spero sia tutto chiaro, in fondo pure un nostro assegno è “moneta”, finché troviamo qualcuno che lo accetta fidandosi di noi, ed emettere un assegno era talmente considerato un atto importante che il fatto che fosse “carente di provvista” (cioè, detto brutalmente, che non ci fossero i soldi sul nostro conto per pagarlo) fino a poco tempo fa era un reato, ma anche adesso è comunque un illecito amministrativo con sanzioni non indifferenti e che comunque rende passibili di una eventuale esecuzione forzosa del patrimonio dell’emittente. Quindi vediamo che alla fine, per garantire la “stabilità” di una moneta complementare ci vuole o una domanda di questa moneta sempre stabile o addirittura crescente, o qualcuno che garantisca col proprio patrimonio la conversione finale, o la forza della legge statale che ne imponga l’uso facendola diventare in pratica una seconda moneta legale a corso forzoso (cioè imposta dallo Stato con la forza della legge). Altrimenti basta vedere l’andamento di Bitcoin, con le sue oscillazioni fortissime, che lo hanno fatto diventare ben presto uno strumento speculativo più che una moneta complementare, nonostante tutte le garanzie presenti sulla quantità emesse.
Uscire dall’euro, tutte le bufale: la moneta complementare (foto)
CREDITI FISCALI E VALUTE NAZIONALE – Alcune proposte di moneta complementare cercano quindi di ovviare a queste problematiche inserendo lo Stato, con la forza della sua legge, a supportarne la circolazione. E via di proposte di “crediti fiscali”, o di “valute nazionali” agganciate all’euro come moneta di conto per le transazioni fra stati e via di invenzioni le più fantasiose. E qui devo aprire una lunga parentesi per spiegare che la presenza di sistemi monetari “concorrenti” non è una invenzione moderna, è anzi praticamente come è stata “gestita” la moneta per tutta l’età medievale e buona parte di quella moderna. Infatti nel passato esisteva un sistema di “moneta grossa” legata all’oro che serviva per gli scambi commerciali fra gli stati e per gli acquisti di beni di particolare pregio e rarità, e la “moneta piccola”, non “garantita” dal metallo prezioso se non in parte, spesso pure minima (ed era l’argento in quel caso), il cui valore era determinato dalle leggi dei vari Stati e che serviva per acquistare all’interno dello stesso beni di largo consumo e di basso valore.
Uscire dall’euro, tutte le bufale: la moneta complementare (fonte foto)
MONETA PICCOLA E MONETA GROSSA – Indovinate con quale moneta venivano pagati le classi basse, i braccianti, i lavoranti, i salariati, gli artigiani? Con la moneta “piccola”. Nel mentre chi esportava in altri paesi incassava in “moneta grossa” legata all’oro. Tutto il medioevo e la storia moderna vede la lotta politica fra le classi più elevate, alle quali conveniva che la “moneta piccola” svalutasse nei confronti della “moneta grossa”, perché pagavano con la prima ed incassavano la seconda, e le classi più basse che volevano ovviamente il contrario. Questo semplice meccanismo era quindi una potente arma di lotta di classe che impediva l’ascesa sociale di nuovi ceti ed individui. Uno dei provvedimenti più importanti di giustizia sociale, non a caso nato con la Rivoluzione Francese, fu la creazione del Franco Germinale con il quale vennero ridenominati tutti i prezzi precedentemente espressi in lire tornesi ed i suoi sottomultipli in “moneta piccola”, e la creazione della Banque du France per supportarne l’emissione e farne da garante. Una sola moneta da usare per tutte le transazioni interne in forza di legge era l’applicazione in campo monetario dell’uguaglianza dei cittadini. La creazione di sistemi paralleli con il rischio di svalutazione di alcuni di essi rispetto ad una moneta “grossa” sarebbe il ritorno ad odiosi privilegi e con effetti simili alla “dollarizzazione” presente nel recente passato in tanti stati sudamericani, dove i ricchi avevano i dollari ed i poveri i pesos. Vi sembra una cosa tanto di sinistra?