Vatileaks: tangenti anche per le beatificazioni
05/11/2015 di Redazione
Vatileaks, spunta nuovamente il nome di Francesca Chaouqui, questa volta insieme al marito, l’informatico Corrado Lanino. Sarebbero entrambi indagati, a Terni, con ipotesi di reato di estorsione e intrusione in archivi informatici: grazie all’attività del marito di Chaouqui, a conoscenza di parecchie informazioni riservate in Vaticano essendo lui il gestore della rete informatica di sicurezza di terzo livello del Vaticano, la più profonda e la più riservata. Grazie a questi accessi, Chaouqui e Lanino sarebbero stati in grado di ottenere benefici ed utilità, su cui ora i magistrati stanno cercando di fare luce. Ne parlano oggi i giornali
VATILEAKS, NUOVE INDAGINI SU FRANCESCA CHAOUQUI: TANGENTI ANCHE PER LE BEATIFICAZIONI
“Il fascicolo di Terni nasce nell’ambito degli accertamenti sul dissesto della Curia locale che avevano coinvolto monsignor Vincenzo Paglia. La posizione del prelato è stata archiviata, ma i controlli disposti dal pubblico ministero Elisabetta Massini hanno fatto emergere gli affari e la rete di relazioni di Chaouqui e di suo marito, esperto informatico, fino a qualche tempo fa webmaster del circuito informatico di terzo livello della Santa Sede, poi trasferito nella clinica Santa Lucia con lo stesso incarico”, scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera. L’attività di pressione, di informazione, illecita secondo i magistrati, della Chaouqui e del marito, riguardava incredibilmente le cause di postulazione dei santi. Grazie all’accesso ai documenti delle attività, non certo chiare e limpide, dei postulatori, i soggetti che promuovono le cause di beatificazione, la Chaouqui e il marito avevano la possibilità di inserirsi nelle dinamiche come cunei.
Una vera e propria «rete» che potrebbe aver agito in diverse situazioni e per raggiungere svariati obiettivi. Uno riguarda certamente i conti dello Ior. Le verifiche effettuate negli ultimi tre anni accreditano l’ipotesi che siano oltre cento i depositi intestati ai «laici» la cui identità è celata con intestazioni cifrate. Tra loro ci sono alcuni che più di altri potrebbero aver attirato l’attenzione di chi voleva creare un nuovo scandalo nella Chiesa. Appartengono infatti ad avvocati «postulatori», cioè coloro che istruiscono le cause di canonizzazione e beatificazione. Un lavoro che può durare anni, ed è inevitabilmente segnato dalla capacità di rendere più celere la procedura. Tra i documenti trafugati ci sarebbero proprio quelli che parlano di soldi versati per «pilotare» i fascicoli. Vere e proprie tangenti transitate su quei conti finiti adesso al centro dell’attenzione. Non solo. Le carte ricostruiscono anche i rapporti con i religiosi che hanno il compito di gestire le pratiche, quelle con gli esperti medici chiamati a fornire il loro parere — talvolta decisivo — sui casi esaminati. E adesso si sta cercando di scoprire come siano state utilizzate, quale percorso abbiano fatto in un quadro illecito che non appare ancora ben delineato. Perché sono centinaia i documenti trafugati ma soltanto una minima parte è stata resa pubblica.
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Intanto, continua l’indagine dei promotori di Giustizia vaticani sul caso del monsignor Vallejo Balda, l’unico rimasto agli arresti nella prima ondata del nuovo Vatileaks dopo la collaborazione garantita dalla Chaouqui, che per questo è stata scarcerata.
Ci sono i conti Ior, ma ci sono anche le lettere personali custodite nella cassaforte della prefettura violata un anno e mezzo fa, le fotografie che Vallejo Balda avrebbe scattato o recuperato e non sarebbe riuscito a «vendere». Materiale che in molti casi riguarda la vita privata dei religiosi e per questo fa paura. L’analisi del telefonino e del computer dell’alto prelato — sequestrati una decina di giorni fa — ha consentito di tracciare i suoi contatti facendo emergere i nomi delle persone con cui aveva rapporti. E su questo si lavora per ricostruire cosa sia avvenuto negli ultimi mesi, soprattutto da quando il monsignor aveva manifestato la delusione per non aver ricevuto da papa Francesco l’incarico che si aspettava al vertice della Segreteria oppure del Consiglio per l’Economia e, anche pubblicamente, avrebbe promesso di vendicarsi. La convinzione del promotore di giustizia Gian Piero Milano e dal suo aggiunto Roberto Zannotti è che il movente possa essere questo ma l’indagine non è ancora conclusa, nessuno può escludere che dietro questa nuova vicenda ci siano anche altri interessi.