Veronica Panarello, avvocati contro magistrati: “Negato il diritto di difesa”
11/12/2014 di Tommaso Caldarelli
Veronica Panarello, è scontro fra gli avvocati delle Camere Penali e l’Associazione Nazionale Magistrati: quest’ultima accusata di non aver mosso un dito o denunciato l’utilizzo, secondo gli avvocati, strumentale, degli interrogatori come persona informata dei fatti della madre di Loris Stival. Recentemente accusata di omicidio di primo grado aggravato dal vincolo di parentela, la madre è stata stata più volte ascoltata dal Pubblico Ministero di Ragusa durante le indagini preliminari come persona informata dei fatti.
VERONICA PANARELLO, PRIVATA DELL’ASSISTENZA LEGALE? – Una dinamica di per sé completamente legittima. Ma per la camera Penale di Milano Veronica Panarello sarebbe così diventata “una persona accusata di un gravissimo crimine e prima posta alla berlina mediatica e poi privata del proprio diritto costituzionale all’assistenza difensiva e della possibilità di esercitare il proprio diritto al silenzio in un clima quasi da auto da fe’ “. Spiega GiustiziaMi, blog che diffonde cronache dal Tribunale di Milano, che, come la procura di Ragusa ha iscritto il cacciatore Orazio Fidone nel registro delle indagini come “atto dovuto”, sarebbe stato altrettanto dovuto “iscrivere Veronica Panarello che avrebbe goduto così della possibilità di concordare una linea difensiva con un legale, riconoscendole il diritto alla difesa garantito dalla Costituzione”.
TESTIMONIANZA E IMPUTAZIONE – L’assunzione di sommarie informazioni da parte del Pubblico Ministero non è accompagnata dall’obbligo di assistenza legale per il teste, e chi viene chiamato a testimoniare in qualsiasi sede non gode delle garanzie accordate all’imputato. Ricorda un vademecum di uno studio legale che durante il dibattimento “la falsa testimonianza, come quella reticente, viene severamente punita”; secondo il codice, poi, il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono poste, ma “non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale”. In sede di indagini preliminari, se una persona informata dei fatti rende “dichiarazioni autoindizianti”, l’articolo 63 del Codice di Procedura Penale stabilisce che tali dichiarazioni sono inutilizzabili contro l’indagato, o, nei casi più gravi, vengono del tutto escluse dal processo (si tratta infatti di un “comportamento sleale delle autorità procedenti”) e la Pubblica Accusa potrà contare solo su altre fonti di prova che, eventualmente, avrà trovato.
LO SGAMBETTO? – Dunque, sostiene la Camera Penale di Milano, Veronica Panarello avrebbe subito una sorta di “sgambetto” da parte dei Pubblici Ministeri, venendo sentita come persona informata dei fatti in modo da carpirle informazioni utili ad indagarla, senza l’assistenza dei difensori che per l’imputato invece sono obbligatori. Salvatore Scuto, alla guida della Camera Penale di Milano, commenta: “Nell’Anm ormai ha preso il sopravvento l’ala più dura dei magistrati guidati da Piercamillo Davigo e Nicola Gratteri che puntano a indebolire i diritti delle difese. Si vuole per esempio accorciare la prescrizione dimenticando che essa matura al sessanta per cento nell’udienza preliminare. E si perdono di vista problemi ben più seri, come la scandalosa negazione di un legale a Ragusa”.