Voilà: tutti artisti. Ecco come la Rai svia il tetto sui maxi compensi
06/07/2017 di Redazione
Magia. La Rai riesce a rispondere ai dubbi del ministero dello Sviluppo economico: distinguere da chi offre una prestazione artistica (e quindi può ricevere uno compenso alto) e chi è un dipendente della tv di Stato (a cui applicare il tetto di legge a 240mila euro).
Praticamente tutti, eccettuati forse gli uscieri e gli addetti alle macchinette del caffè di Saxa Rubra, ma non è detto. Anche loro, infatti, potrebbero rientrare nella vaghissima categoria di «attrazioni», che secondo il codice appena stilato dalla Rai, permette di meritare il titolo di artisti e di essere quindi pagati senza badare ai limiti di legge per le aziende pubbliche. E, per sovrapprezzo, aprire le porte delle assunzioni: tanto sono artisti, mica impiegati.
Il documento riservato che Viale Mazzini ha inviato alla Commissione di Vigilanza per chiudere la vicenda dei tetti agli stipendi Rai, si potrebbe riassumere così: paghiamo chi ci pare quanto ci pare. Il tutto, però, sotto forma di «Piano organico di criteri e parametri per l’individuazione e remunerazione dei contratti con prestazione artistica», con tanto di paragrafi e allegati A e B. Ma alla fine, quali contratti potranno essere remunerati a colpi di milioni di euro, in quanto artistici?
Ecco la risposta della Rai, stile supercazzola di Tognazzi: «Possono considerarsi di natura artistica le prestazioni in grado di offrire intrattenimento generalista ovvero dì creare/aggiungere valore editoriale in termini di elaborazione del racconto nelle sue multiformi declinazioni (intrattenimento, sport, musica, scienza, sapere, spettacolo, ecc.) coerentemente all’obiettivo generale di servizio pubblico».
(in copertina foto ANSA/GIORGIO ONORATI)