Vuoi rifarti il seno? Ecco cosa devi sapere
23/12/2011 di Dario Ferri
I rischi, la durata, la sostituzione e le alternative alle protesi mammarie
C’è paura nel mondo per le protesi al seno francesi di marca Pip, che vengono esportate in tutto il mondo, ad esempio in Gran Bretagna, Spagna, Brasile, Argentina, Cile, Colombia, Venezuela, e che in Italia sarebbero state impiantate su 5mila persone. Molte di esse si sono rivelate difettose. Il Corriere della Sera spiega perché non si deve temere del rischio di tumore. Fornisce informazioni sulla durate delle protesi, su come sostituirle, sulle alternative, e lascia intendere che si può pensare di cambiarle senza fretta.
I RISCHI – Le donne con le protesi Pip corrono rischi? La risposta del Corriere:
La protesi al silicone è a tutt’oggi il metodo più semplice per ricostruire la mammella senza rischi cancro. Peraltro, anche per le protesi Pip non è stato dimostrato un legame causa-effetto con l’insorgenza di tumori del seno. Su circa 10 milioni di protesi (di marche diverse) impiantate nel mondo, sia per estetica sia per ricostruire un intervento demolitivo, sono stati descritti solo 75 casi di linfoma (con quattro morti) originato dalla capsula formatasi intorno alla protesi (sia di silicone sia salina). «Il rischio reale, in particolare con le protesi Pip, sono le infiammazioni e le complicanze per la loro rottura. Tutto correggibile in sala operatoria senza danni irreparabili», spiega Maurizio Bruno Nava, primario della Chirurgia plastica e ricostruttiva dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. Che aggiunge per tranquillizzare le pazienti: «Da noi non sono mai state utilizzate protesi Pip. E comunque occorrerebbe sempre una corretta informazione prima dell’intervento e la creazione di un registro nazionale, come esiste in molti altri Paesi, delle protesi impiantate. Già con Veronesi ministro era pronta una legge mai approvata». Il rischio infiammazione attorno alla protesi, e quindi anche il tempo di usura, dipende soprattutto dal sistema immunitario della donna. Più alta è la risposta immunitaria più c’è usura. Gli impianti di quinta generazione, approvati dall’americana Fda, hanno una durata superiore ai 10-15 anni. Sono costituiti da un gel coesivo che, in caso di rottura del rivestimento, non si diffonde.
LA SOSTITUZIONE – Che cosa accade nel caso debbano essere sostituite?
Chirurgicamente si accede dalla stessa incisione, nel 99% dei casi non vi sono nuove cicatrici. Va ripulita bene la capsula fibrosa che si è creata prima di reinserire la protesi. Se è in atto un processo infiammatorio, occorre aspettare da sei mesi a un anno prima del nuovo impianto. Senza processo infiammatorio, invece, si cambia subito. Raramente, e solo con le vecchie protesi, si possono trovare capsule fibrose calcificate. Anche a questa situazione c’è rimedio. «Evento raro, a volte causato da errore chirurgico», sottolinea Nava.
LA DURATA – Quanto tempo dura una protesi prima di doverla cambiare?
E’ importante sapere che tutte sono a rischio rottura (le Pip con frequenza più elevata) perché con il tempo vanno incontro a usura e per questo vanno sostituite dopo 10-15 anni. Una giovane ventenne chemette oggi una protesi, visto anche l’allungamento della vita media, dovrà «cambiarla» 3-4 volte minimo nel corso della sua esistenza. «Non solo per l’usura dell’impianto — aggiunge Nava —, ma anche per i cambiamenti fisici che intervengono nel tempo». Un consiglio alle portatrici di protesi: controllarsi ogni anno con ecografia mammaria e visita specialistica. In ogni caso, in presenza di sintomi sospetti (come indurimento, arrossamento o dolore) rivolgersi subito al chirurgo estetico o al senologo.
LE ALTERNATIVE – Esistono alternative alle protesi al silicone?
Oggi si trapiantano le cellule adipose, del grasso, che contengono dall’1 al 3 per cento di cellule staminali. Si tratta di interventi comunque da ripetere periodicamente. L’iniezione diretta di acido ialuronico, che non dura nel tempo, deve prevedere sempre in precedenza esami accurati della ghiandola mammaria. Questo perché l’acido ialuronico crea poi problemi con gli esami
Edit: riceviamo e pubblichiamo
Milano, 27 dicembre 2011 – Abbiamo letto con sconcerto la grave affermazione di Codacons secondo cui “in base ad indiscrezioni… fino al 2007 l’Istituto Tumori di Milano avrebbe utilizzato unicamente tali protesi per le operazioni al seno”, riferendosi alle protesi prodotte dalla ditta francese PIP. A tutela della tranquillità delle migliaia di pazienti seguite dall’Istituto Nazionale dei Tumori, che ha sempre salvaguardato la massima sicurezza delle pazienti, si sottolinea che le protesi della ditta francese PIP non sono mai state utilizzate dall’Istituto dal 1997 ad oggi.
Non risulta inoltre, dalle verifiche ad oggi condotte, che siano state utilizzate prima di tale anno.
E’ importate in ogni caso sottolineare che, secondo le indagini condotte dal Consiglio Superiore della Sanità, i problemi alle protesi PIP si sono verificati a partire dal 2001.
L’Istituto Nazionale dei Tumori si riserva di adire le vie legali nei confronti di Codacons per aver suscitato con tali affermazioni panico tra le pazienti e grave danno d’immagine.
Il Direttore generale
Gerolamo Corno