I peccati notturni di Roma
13/04/2011 di Dario Ferri
Dall’Impero ad oggi l’Urbe conferma la sua passione per il proibito
Ai tempi dell’Impero romano l’Urbe era la capitale del peccato. Orazio e Ovidio descrivevano le follie dei loro concittadini, che ben sapevano come la notte non servisse solo per dormire. “Dolce è fare follie”, l’antico motto dei romani. La città dei Papi offre ancora questo tipo di divertimento, come racconta un reportage di Der Spiegel, che tra suggestioni dell’antichità e frammenti del presente prova a ritrovare il filo del peccato nella Roma odierna.
ALLA RICERCA DELL’ANTICO PECCATO – Paolo non indossa nulla, solo un paio di calzini. Si stiracchia nella nebbia artificiale, trema sopra il piccolo palco. Sopra di lui una bionda oleosa volteggia i suoi fianchi, rotea sempre di più in profondità nella nebbiolina illuminata al neon, sorride al pubblico prima di appoggiarsi sulle parti intime di Paolo. Partono gli applausi, cortesi. Per 70 euro di entrata– i condom si pagano a parte –si riceve quasi tutto nel noto club per scambisti “Why Not”. La danzatrice sul palco invita altri due uomini a salire sopra, poi le coppie eccitate si affrettano nel privè, dove li aspettano cinque stanze scure, con letti grandi come materassi per il salto in alto. “Lei detiene il record”, dice il proprietario del club, un uomo coi capelli grigi e la pelle vissuta, e indica una donna appoggiata al bancone del bar. “Quindici uomini in tre ore scarse. Il suo compagno la guardava”. Il “Why Not“ si trova in via dei Quattro Cantoni, è l’unico Sexclub ampio e spazioso, nel Rione Monti, distante poche vie dal Colosseo. Proprio in questi luoghi si trovava l’antica Subura, il famoso quartiere del divertimento dell’Antica Roma. Là uscivano dalle bettole i canti degli ubriachi, dove venivano consumate le paghe giornaliere in vino di bassa qualità, mentre per il sesso a pagamento c’erano stanze piccole e sporche. Una prestazione sessuale costava come due forme di pane. Per quasi tutto a Roma c’è un testimone di pietra. Il Pantheon racconta del regno degli dei, il Foro di Traiano della brama di fama dell’Imperatore, Castel Sant’Angelo la potenza dei Papi. Ma oggi se si percorrono le viuzze dell’antica Subura si sentono i roller delle valigie dei turisti. I bordelli sono vietati dal 1958, i club privati vengono scrutati con sfiducia, alle due della notte il Centro chiude. Che cosa ne è stato dei rozzi istinti degli antichi Romani? Quanto decadenti sono i loro discendenti?
MULTE PER GONNE TROPPE CORTE – Chi cerca l’eredità della Subura, nella direzione del peccato, deve andare verso le terme di Caracalla, lungo la via Cristoforo Colombo, fino a dove i cartelloni della pubblicità e gli uffici fiancheggiano la strada. Lì si possono incontrare persone come Samantha. Lei, in realtà un lui, si mostra nei suoi lunghissimi tacchi, passando avanti e indietro un benzinaio, con un completo ultracorto che mostra i seni enormi. Samantha è arrivata dal Venenzuela nel 1999, e da allora vende il suo corpo sulla via delle trans. “Va tutto bene, ma lo puoi fare solo fino a quando ti senti libero”. Lei indica il suo pezzetto di libertà, una BMW argento metallizzato, parcheggiata a pochi metri di distanza. Circa 60 mila donne attendono i loro clienti lungo le strade di Roma, vengono dalla Romania, Nigeria, Brasile, molte sono in mano a dei magnaccia che le sfruttano. Togliere la prostituzione dalle strade ponendo fine al divieto legislativo però non è fattibile in questo momento. Impensabile poi nella città del Papa. Il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha scelto invece di multare le donne che indossano gonne troppo corte. Un modo per far sì che chi guida guardi la strada, e non le cosce nude delle prostitute. Le meretrici dell’antichità indossavano invece abiti trasparenti, aspettavano la clientela nel centro di Roma. Tutti potevano vedere chi entrava in un bordello. I potenti ordinavano le prostitute e le facevano entrare nei loro palazzi privati, proprio come accade oggi. All’Esquilino i Patrizi invitavano a feste, che potevano durare molte notti. Incontri dove veniva soddisfatto a lungo il palato, e anche l’appetito sessuale. Il poeta Marziale annotava come le danzatrici spagnole si muovevano in modo lascivo per eccitare i loro ospiti il più a lungo possibile.
SESSO COME DONO DEGLI DEI – Nei primi secoli dopo la fondazione dell’Impero i costumi erano rigidi anche nell’antica Roma. I matrimoni dei figli erano combinati dai genitori, un uomo poteva uccidere la moglie infedele e il suo amante. Ma nel secondo secolo prima di Cristo i Romani conquistarono l’Ellade, e si rilassarono. L’omosessualità e l’attenzione per i ragazzini divennero di moda, così come il matrimonio per amore. Si poteva ottenere la separazione con più facilità. Secondo Alberto Angela anche le donne conquistarono una loro autonomia e libertà simile a quella poi conquistata nell’epoca attuale a partire dagli anni settanta. Il sesso diventa così un dono degli dei, un regalo di Venere, la protettrice dell’amore e della bellezza. Era giusto e bello fare sesso, in modo lussurioso, anche perché solo così si potevano fare figli sani e potenti. Gli eccessi extra matrimoniali erano molto diffusi, ma solo con schiavi o stranieri. Nessun problema a divertirsi con le prostitute, ma niente incontri con la vicina patrizia. E valeva un’altra regola. Gli uomini potevano ricevere il sesso orale, ma mai praticarlo. La bocca valeva come un organo speciale, la possibilità per i liberi cittadini di parlare, di impegnarsi in uno scambio sociale e fare un grande discorso. Un Senatore non poteva certo macchiarsi di cunnilingus o fellatio, secondo gli antichi costumi.
SIAMO I PIU’ BELLI DEL MONDO – Nell’aria vola un boa di struzzo. Uomini con parrucche e vestiti ultrastretti schiacciano le loro bocche uno con l’altro, fino a che il rossetto non si cancella. Le persone danzano sempre più strette sotto le luci stroboscopiche, e affondano in un mare di sudore e sensualità. Su tre piani si espande un labirinto di scale e porte di sicurezza, pareti con gli specchi e corridoi oscuri, che portano al dance floor o alle darkroom , dove tutto è permesso. Il “Muccassassina”è la più eccitante festa gay della città, da ormai due decenni. Sul palco al pianterreno cinque ballerini si inginocchiano di fronte ad una Dragqueen. Saltano insieme, guardano il pubblico e si tolgono il sudore dal petto. Il ritmo della musica si ferma, nella sala cade il silenzio, la folla sotto al palco attende il ritornello, il loro inno: “Siamo i più belli del mondo”. Nelle sale della discoteca “Qube“ ogni venerdì sera si ritrova l’ebbrezza delle orge e dei banchetti lussuriosi dell’antica Roma. Come diceva Orazio, mi è dolce fare follie. A lungo gli omosessuali a Roma si sono dovuti nascondere. Nel 1989 hanno formato una loro associazione in modo ufficiale, e l’ufficio si trovava proprio davanti a Piazza San Pietro. Diego Longobardi una volta era un attivista, ora invece organizza il “Muccaassassina”. Il fatto che la sua città ospiti un anziano signore tedesco che tuona contro i matrimoni gay lo fa solo ridere. “ Come se non ci fosse nessun prete gay in Vaticano, alcuni vengono pure alle nostre feste”. Ovviamente in incongnito e senza l’abito talare. Nessuno si può far scoprire in nessuno modo, a differenza di un vescovo, che pochi anni fu visto da tutti mentre mangiava in un ristorante gay. “Ai due Papi”, così si chiamava il locale.
BERE FINO ALLO STORDIMENTO – Una volta nell’Antica Roma c’era chi beveva fino a nove litri di vino. Oggi invece i romani sono meno dediti all’alcol, lo bevono in fretta nelle vinerie, osterie o pizzeria, non in modo sistematico. Chi vuole sbronzarsi va nei bar per turisti, per esempio il “Drunken Ship” a Campo dei Fiori, dove nell’ebbrezza alcolica si uniscono gli studenti Erasmus, i giovani romani e i turisti. Fuori ci sono tre studentesse del Wisconsin, che hanno in mano bicchieri pieni di birra, e urlano che trovano fantastico il Colosseo. Dentro la birra scorre a fiumi, e nello stretto bar dove è persino difficile stare in piedi le mani dei ragazzi viaggiano sopra i sederi delle giovani. I camerieri corrono come macchine, e ogni sera vengono spinati quasi 500 litri di birra. Una biondina inglese implora “Blow Job”, il barista risponde di sì, spalma la panna spray sul bancone disegnando un fallo, mettendoci sopra un bicchiere di liquore alla crema. La biondina stringe le labbra e succhia la panna dal legno. La folla schiamazza, come una volta a Subura.